Guardando all’evoluzione della società dagli anni ’50 ad oggi si può evidenziare un minimo comune denominatore che ha caratterizzato tutti i settori e sul quale si è basata la crescita del Paese: la spinta all’ acquisto.
L’acquisto di beni e servizi è stato considerato il motore per sostenere la produzione. Le ricadute di questa politica, comune a tutti i Paesi industrializzati, si sono tradotte in un approccio consumistico. Questo è vero per tutti i beni, appunto chiamati beni di consumo: vestiti, scarpe, macchine, elettronica. Purtroppo nemmeno il cibo, fonte primaria del nostro sostentamento, è stato considerato meritevole di rispetto e risparmiato da questa logica.
Come conseguenza, la visione del cibo tradotto in merce, ha portato l’industria alimentare a rispondere ai bisogni di una società in forte cambiamento con prodotti alimentari con due caratteristiche essenziali: alta reperibilità e bassa deperibilità.
Il cibo industriale lavorato, confezionato e pronto per essere acquistato, si è arricchito nel packaging e impoverito nella qualità:
• Dal punto di vista nutrizionale: il cibo è stato privato di nutrienti, addizionato di conservanti, edulcoranti e grassi idrogenati per garantire lunghe conservazioni. Il consumo di alimenti raffinati crea il fenomeno delle “calorie vuote”, la mancanza infatti di vitamine e sali minerali negli alimenti può portare a gravi carenze vitaminiche anche in casi di sovrappeso.
• Dal punto di vista della sostenibilità: i cibi fanno viaggi lunghissimi producendo un grande impatto ambientale e le coltivazioni intensive producono un grande dispendio di risorse primarie (acqua, energia e suolo).
• Dal punto di vista economico: il cibo visto come merce e non più come alimento necessario per il nostro sostentamento, porta ad uno spreco alimentare che oggi è quantificabile 150 Kg di cibo buttato ogni anno in Italia/pro capite con una perdita economica di 12 miliardi di Euro (fonte: Lastminute). Lo spreco alimentare è aumentato del 50% dagli anni ’70 ad oggi ed è impegno del Parlamento Europeo ridurlo del 50% entro il 2025.
• Dal punto di vista della salute: cibi industriali fanno male. Oggi, tutti i Paesi industrializzati stanno combattendo con le malattie cardiocircolatorie e con il diabete le cui cause sono da rintracciarsi proprio nell’alimentazione e nello stile di vita.
Lo stile di vita mediterraneo, patrimonio dell’Unesco, era caratterizzato dal consumo di cereali integrali, frutta, verdura, pesce, olio extravergine d’oliva. La riscoperta della terra, la volontà di scegliere prodotti locali, la valorizzazione dei prodotti agricoli versus i prodotti industriali, il rispetto della stagionalità, la difesa della biodiversità, sono valori che, come in un circolo virtuoso salvaguardano il nostro ambiente, la nostra cultura, i nostri prodotti, migliorano la nostra economia e la nostra salute.
L’educazione alimentare, è l’impegno a trasferire alle nuove generazioni cultura, patrimonio, valori responsabili e sostenibili che devono caratterizzare il nostro pensare ed il nostro agire.
8 Gennaio 2013