Coloro che si gettano nel fuocoProblemi relazionali vegani

Ho saputo da una mia amica che una nostra amica in comune si sposa. Perché non l'ho saputo direttamente da lei? Perché è vegana. Ovviamente il veganesimo non giustifica il tutto. C'è anche il fatt...

Ho saputo da una mia amica che una nostra amica in comune si sposa. Perché non l’ho saputo direttamente da lei? Perché è vegana.

Ovviamente il veganesimo non giustifica il tutto. C’è anche il fatto che cambiando città molti rapporti di amicizia si sono allentati. Succede: ci si vede salturiamente, all’inizio certo ci si scrive, ci si telefona, ma poi la vita insomma ti fagocita e qualcuno te lo perdi per strada.

Poi l’ultimo incontro che ho avuto con questa mia amica è stato difficile e da quel giorno non siamo più sentiti. Era la prima volta che la incontravo “da vegana”, ed io contro i vegani non avevo niente, anzi. Sono stato vegetariano per un anno e mezzo e stavo pure benissimo, mi sentivo apposto fisicamente, in pace con me stesso. Ho amato molto gli hamburger di soia. Poi però non ho saputo resistere ed ho mollato. Ci penso spesso però a tornare vegetariano, la trovo veramente una scelta consapevole e lungimirante per il presente del pianeta. Ma poi mettici il tempo per impegnarti seriamente in questa scelta e mettici anche che un giorno che avevo deciso di tornare erbivoro, la notte stessa (manco 24 ore erano passate) mi sono sognato un piatto di salsiccie e broccoli in piena notte svegliandomi di soprassalto.

Non ho niente contro i vegani lo giuro, poi non solo il tipo che non frequenta le persone per le loro scelte alimentari o ideologiche. Nella vita posso giurare di essere stato molto aperto nelle amicizie avendo frequentato crudisti, fascisti, ultras, ravers, mods, transumanisti, elettori del PD, laziali, borgatari, centrosocialari, rastafariani, gente di nobili origini, writers, b-boy, herbert, gabber, molisani e molto altro ancora. Non sono snob da questo punto di vista. E poi io stesso non sono esente da passioni limitanti per gli altri. Ad esempio sono malato di calcio: con i miei amici potrei parlarne per ore e nell’ultimo anno ho buttato molti pomeriggi domenicali sorbendomi l’inconcludente cammino della Roma in campionato. Per vedere la Roma infatti sarei disposto a rinunciare a qualunque invito e se proprio non posso vederla controllo ogni cinque minuti l’applicazione Voce Giallorossa per rassicurarmi sul fatto che Zeman non comprenderà mai l’importanza della fase difensiva. Neanche io sono perfetto ecco e magari c’è la possibilità che la mia amica vegana non voglia invitarmi, non voglia farmelo sapere.

Comunque un vegano non è di certo il male assoluto, devo chiarirlo. Ci sono i buddisti ad esempio! Un buddista serio infatti, impegnato nella salvezza del genere umano, potrebbe essere occupato anche ogni sera della settimana in questa attività (salvare il mondo non è una cosa semplice, diciamocelo). Non è facile essere amico di un buddista, ma molti hanno amici/fidanzati buddisti e vivono comunque bene. Poi ci sono quelli che fanno teatro. Ah, il teatro è veramente uno spartiacque nella sfera delle relazioni umane. Tutti dovrebbero preoccuparsi se un amico di colpo ti dice “Oh, ho deciso di fare teatro!“. Ho conosciuto gente che cominciata la vita di palcoscenico anche nel sociale ti parla con quello sguardo sofferente, quella voce flebile e raccolta tipo Margherita Buy. Aspettate, non ho niente contro chi fa teatro: io anche una volta ho cominciato a seguire un workshop del genere in un centro sociale, ma poi ho smesso dopo tre lezioni trovandomi ridicolo. Se fossi stato bravo però avrei sicuramente continuato, è ovvio. E’ difficile frequentare chi fa teatro perché rischi di vedere in un anno qualche decina di spettacoli, rischi di passare serate ad ascoltare gente che ti parla della sua carriera artistica o dei testi di Pinter e poi personalmente mi sento sempre a disagio circondato da attori: vorrei essere estroso come loro, muovermi come loro, avere una dizione come loro. Comunque anche qui: è difficile ma non impossibile avere relazioni con gente che fa teatro.

Quindi, cos’ho contro i vegani? Niente, cavolo, niente. E’ solo che ora ho difficoltà con questa mia amica. Mi annunciò infatti la sua nuova scelta di vita per e-mail. Una mail lunghissima che ho letto in venti minuti. Mi raccontava dei motivi, della nobiltà della sua scelta, delle campagne contro il bracconaggio, dei nuovi giri che frequentava. La sentivo felice ed io ero felice per lei. Mi diceva poi che forse ci saremmo incontrati, che sarebbe venuta qui al nord che c’era tipo un salone dei vegani qui vicino e se volevo andare. E lì mi sono chiesto “Ma perché? Cioè vieni dalle mie parti e dobbiamo andare al salone dei vegani? Ma andiamo a vedere il Duomo, i Navigli, Brera, il museo del Novecento! Aoh guarda che Milano è una città bellissima, nun è vero che è brutta Milano!“. A me di andare a questo salone non mi andava e per fortuna comunque non ci è andata neanche lei.

Mesi dopo scendo io a Roma e lei mi viene a trovare, che io ero molto impegnato.
Ci incontriamo e mi racconta tutta entusiasta di questa sua nuova vita, perché lei adesso oltre che vegana (che già non sarebbe poco) è anche diventata anti-sessista ed anti-specista, poi lavora anche in un posto solo per vegani, poi continua nelle battaglie contro il bracconaggio e si prende anche cura di animali feriti. Adesso io sono una persona molto empatica e vi giuro che faccio moltissimo per il genere umano, quasi ogni giorno. Però sentendo tutti questi discorsi provavo due sensazioni: da una parte mi sentivo un infame che continuava a mangiare carne, che non era anti-specista, che non era così tanto anti-sessista, che non faceva il dovuto e sopratutto non mi rendevo conto di quanto il mio comportamento stesse rovinando il pianeta e facendo soffrire altri esseri viventi. Oltre questo però provavo anche un certo fastidio: per prima cosa magari a me non me ne sbatte proprio di tutta ‘sta roba qua, cioè ma chi te l’ha chiesto; secondo: ad un certo punto mi accenna al fatto di aver salvato un gabbiano ferito, che ‘sto gabbiano aveva vissuto in casa sua fino a piena guarigione (encomiabile ovviamente!) ma che gli era comunque dispiaciuto di nutrirlo con del pesce crudo e che se avesse potuto avrebbe evitato di comparglielo. Beh, al quel punto io mi sono innervosito. Volevo urlargli contro e dirgli “Ma come pensi di farlo mangiare un gabbiano? Col tofu, col seitan, con l’insalata? Cioè come ti puoi dispiacere di una cosa del genere?“. Ma non l’ho fatto perché gli amici sono amici. Allora siamo andati al bar e ho detto “Perché non ci prendiamo un succo di frutta?” dal momento che pensavo che un succo di frutta si abbinasse bene alla sua nuova scelta di vita. “Due succhi di frutta ACE” dico alla barista. Ma la mia amica è inquieta, vedo che mentre la barista ci versa il succo lei controlla la bottiglietta, vorrebbe vedere, vorrebe chiedere. “Che hai fatto, che succede?” gli dico e mi risponde preoccupata che forse questo succo è di una marca che loro boicottano per qualche motivo. Alla fine però se lo beve e la scampa. Poi camminiano, e per inciso eravamo all’università, e si ferma a leggere un volantino contro le tasse troppo alte. Guardandolo però bofonchia scocciata e gli dico “Che hai fatto, che succede?” e mi fa notare che sul volantino c’è una vignetta con una zanzara che viene schiacciata (metafora dello schiacciare coloro che succhiano i soldi con le tasse universitarie, immagino) e capisco che non è d’accordo e sopratutto che non uccide le zanzare (“Cristo però, è solo un volantino!” vorrei dirgli, ma evito, immaginando che un vegano stia attento anche alla costruzione dell’immaginario collettivo). Poi dovevo aspettare un professore e ci sediamo in corridoio, per terra. Parliamo del più e del meno e gli dico “Sai conosco un ristorante vegetariano, ci sono andato una volta, su richiesta fanno anche cosa vegane. Possiamo andare quando torno…“. Cioè non sono una brutta persona capite, volevo andargli incontro, non far precipitare questa amicizia a causa delle nostre scelte alimentari differenti. Mi risponde che lo conosce, che c’è andata una volta con un suo amico ma che sono quasi venuti alle mani con il cuoco del ristorante perché secondo loro faceva finta di cucinare cose vegane, che vegane in realtà non erano. Mentre mi immaginavo questo scontro tra puristi dell’erba mi fa con disprezzo “Te la faccio io una cena vegana, anzi ti cucino l’amatriciana con il seitan, non puoi capire quanto è bbona, altro che l’amatriciana che ve magnate voi!“. L’amatriciana con il seitan? L’amatriciana che se magnamo noi? E La Cucina Romana di sua eminenza Ada Boni del 1930, libro che ha salvato una cucina che si stava imbastardendo? E la foto di Alberto Sordi che magna i maccheroni? “No, io la uccido” ho pensato “vuole addirittura convincermi e criticare la nostra ‘matriciana! Ma io te rompo pe’ quello che te magni? Dico qualcosa? No, magnate quello che te pare! Ma non poi stressamme la vita!“.

Poi l’apice, il culmine. Mi sto per alzare, metto una mano per terra e mi fa “Fermati, fermati!”, “Che hai fatto, che succede?” gli dico, “Attento con quella mano, stai schiacciando una formica!” mi risponde…

Lo giuro è una storia vera, una storia drammaticamente vera, non ho inventato niente.
Dopo quel giorno io non l’ho più cercata, neanche con una mail o con un sms.

Sono diviso. Diviso tra la voglia di continuare questa amicizia e la difficoltà di continuarla. Potremmo ancora vederci al bar senza che io sbagli succo di frutta? E se mangiando fuori mi prendo una bistecca? E se sbaglio ristorante vegano perché non è troppo vegano? E se voglio l’ amatriciana con il guanciale? E se per sbaglio schiaccio una formica? E se provo godimento nell’uccidere una bastarda zanzara che succhia il mio sangue?

E’ difficile, ma questa mia amica si sposa, ed io non so proprio cosa fare.

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