Se ve lo siete perso, tra due giorni, sabato, negli States ci sarà il primo Gun Appreciation Day. No, non scherzo. Primo giorno nazionale per dimostrare il proprio apprezzamento alle armi, un evento organizzato, in accordo con gunappreciationday.com dall’azienda di consulenza Political Media.
L’invito è di fare incetta di armi da fuoco (e accrescere un po’ quello che è già boom delle vendite in vista del giro di vite che Obama ha in programma sul settore) e andare nei poligoni da tiro, per dimostrare la propria contrarietà ai tagli che l’amministrazione Obama intende portare avanti. Che poi, diciamolo, sarebbe una svolta epocale per l’America, ma si tratta pur sempre di piccole leggi che limiterebbero solo in parte il problema delle armi negli Stati Uniti. Perché vuoi che se ne dica il problema è culturale, che si insidia nel DNA americano: quella sadica passione che coinvolge un americano su due, o due su tre (i dati della Pubblic Religion Research Institute di Washington stimano un 48% di americani che possiede almeno un arma da fuoco e un 68% che lo considera un diritto inalienabile, come quello di stampa). Insomma, tanti. Troppi.
I sondaggi dicono che le cose stanno cambiando: CBS News parla ora di 57% di americani convinti che un maggior controllo sia necessario: lo scorso aprile lo stesso sondaggio era fermo a quota 39%. Ma i sondaggi, si sa, lasciano il tempo che trovano. E qui a essere chiamati in causa non saranno tanto gli americani, quanto il Congresso: toccherà a lui dare il via libera ad alcuni dei 23 decreti che Obama ha già firmato per arginare i crimini da armi da fuoco. E in ballo ci sono interessi, soldi, politica e anche un fattore culturale.
Per me, che vivo di immaginario televisivo, gli States e le armi sono una cosa sola. E’ difficile immaginare l’uno senza l’altro. Le prime volte che guardavo le serie TV mi stupivo di come fosse semplice, per gli americani, amare pistole, fucili, caccia. Moltissime sono le serie che fotografano questa realtà, dove le armi sono concepite come una cosa naturale, quasi a dirci, “suvvia, chi non ne ha almeno una in casa”? Dalla casalinga disperata per eccellenza Bree Van De Kamp alla Robin di How I Met Your Mother (anche se lei è canadese), dalla investigatrice Kalinda di The Good Wife alla attempata Gigi Stopper di GCB.
Senza contare che le armi non fanno nemmeno stupore quando sono in mano ai bambini, come in Falling Skies o in The Walking Dead. Okay si tratta di scenari apocalittici in cui il mondo va alla rovescia. Eppure quelle immagini di ragazzini di otto, dieci, dodici anni con in mano pistole e fucili dovrebbero per lo meno sembrarci disturbanti. E invece no, completamente offuscati da quel binomio armi-americani che ci appare indissolubile.
Gli States sapranno mai voltare pagina? Le armi sono sempre e state e continuano a essere la risposta americana alle paure. Tanto da far sì che sia uno dei punti base della Costituzione. Lo stabilisce il secondo emendamento del 1791:
Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una milizia regolamentata, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto.
Nel 1994 Bill Clinton provò a sfidarlo, mettendo il sigillo su una legge che vietava la vendita di armi semiautomatiche. La legge aveva una durata limitata: 10 anni. Nessuno ha poi più avuto coraggio o desiderio di riaprire la ferita. Fino ad ora. La Nra, National Rifle Association, minaccia: “Sarà la battaglia del secolo” (e il video rilasciato in questi giorni lo dimostra, guardatelo sul blog del collega Angelo Paura). Il contraddittorio lo lasciamo stavolta a Olivia Wilde, eterna 13 di Dr. House, che su Twitter ha detto, senza mezzi termini, la sua.