di Barbara Bernardi
Su questa parola, lo dico subito, ho la mia posizione. Forse non definitiva, ma chiara.
E da parecchio tempo. Non so se questo mi fa sentire controcorrente o idealista. Come persona e insegnante me ne voglio però occupare.
La parola utile deriva dal latino utilem e si riferisce a ciò di cui può farsi uso, un sapere o uno strumento che esprime fattivamente le sue potenzialità positive.
Nella lettura dei numerosi sinonimi trovo proprio ciò che sto cercando, l’inizio di un contesto di grande ricchezza semantica e di una certa ambiguità, che mi preme dire.
Utile può essere inteso come benefico, efficace, fruttuoso, salutare, favorevole, propizio, idoneo, adatto, soddisfacente, benemerito, valevole.
Utile può però anche riferirsi a comodo, conveniente, opportuno, proficuo, vantaggioso, redditizio, profittevole, remunerativo.
La stessa parola, e la sensazione che, però, il secondo gruppo di significati abbia spodestato il primo, in molte cose del sentire comune.
Me ne sono accorta rapidamente.
All’università, ad esempio, dopo aver dovuto spiegare, per l’ennesima volta, la sigla del mio corso di laurea in DAMS, sentivo inevitabilmente domande che, all’incirca, suonavano così: Ma a cosa serve?
Rimanevo colpita, lo confesso. Tutto di me – il mio corpo, la mia voce, i miei passi, il modo di parlare e di pensare, le strategie progettuali che impiegavo nelle scelte minime come nelle decisioni fondamentali – era la testimonianza che studiavo per diventare una persona, un individuo che sa di sé e del mondo che abita.
In genere rispondevo: Serve a me, faccio ciò che amo.
Controcorrente, idealista?
Come insegnante in una scuola che trasforma ventenni in professionisti del design, ho dovuto spesso fronteggiare l’opposizione (molte volte muta, ma tangibile nell’aria) alle materie teoriche che ho la fortuna di insegnare: Perché si studiano queste cose? A cosa servono? A cosa mi saranno utili?
Non so se so rispondere adeguatamente, ma so che queste reazioni sono per me l’inizio di un confronto e di una relazione che segna, inevitabilmente, i toni dei miei interventi in aula e il tono di questo post.
Controcorrente, idealista?
Cos’è utile?
Di sicuro siamo convinti sia utile – conveniente, opportuno, vantaggioso, comodo – intraprendere certi studi. Ci dicono sia altrettanto utile – redditizio, proficuo, remunerativo, conveniente – inseguire certi mestieri. Poi, diamoci tono, è utile – benemerito, salutare – avere certi comportamenti.
È utile andare veloci verso le mete inseguite, approdare rapidamente là dove si vuole arrivare, per ricavarne i vantaggi e le opportunità migliori. E spesso si vuole giungere là per la strada più lineare, più veloce, più diretta e chiara: la strada più utile, quella più comoda e conveniente.
Perché la cosa mi puzza parecchio?
Controcorrente, idealista?
Al cuore della mia posizione c’è un’idea, quella per cui è utile – benefico, fruttuoso, efficace, favorevole, propizio, idoneo, adatto, soddisfacente – lungo la strada della formazione personale e professionale, saper perdere tempo, sapersi perdere, saper divagare, incuriosirsi, fare pause e poi andare, desiderare conoscere, saper trovare e imparare a trasformarsi come persone, prima ancora che come professionisti.
È utile diventare resilienti in un mondo che ci vuole flessibili, saper cambiare idea anche su di sé, appassionarsi e fare ciò che ci piace perché è infinitamente utile al buon umore, alla soddisfazione personale e alla stima di sè.
È utile battersi per un paese che non scambi l’utile conveniente con l’utile benefico o soddisfacente, credendo di aver davanti un furbo da imitare nel primo caso e un idealista da svegliare nel secondo. È utile battersi per una formazione che continui a dare valore al tempo lento del cercare in tutte le direzioni, allo sviluppo di tutte le nostre intelligenze e alla creatività con cui guardiamo e trasformiamo mestieri, pensieri e relazioni.
E, infine, è utile leggere, perché vagando tra le pagine capita di trovare cose così:
La creatività esige una intelligenza pronta ed elastica, una mente libera da preconcetti, pronta a imparare e a modificare le proprie opinioni. L’individuo creativo è quindi in continua evoluzione e le sue possibilità creative nascono dal continuo aggiornamento e dall’allargamento della conoscenza in ogni campo. (…) Le tecniche della sperimentazione e della ricerca non finalizzate, aiutano lo sviluppo della creatività. (…) Una persona creativa prende e dà continuamente cultura alla comunità, cresce con la comunità. (…) Una persona non creativa è una persona incompleta, un individualista ostinato.
Sono parole di Bruno Munari nel suo libro Fantasia: Munari era un designer, faceva cose e con grande successo, ma sapeva perdersi e divagare. Ha trovato molto, così.