E’ dura trovare le parole che non avresti voluto mai pensare, proprio quelle che non avresti voluto mai scrivere. Fino al momento in cui circostanze che non conosci, motivazioni che non comprendi e che nessuno, forse, verrà mai a spiegarti, ti spingono a fare ciò che è giusto. Quello che appare essere ora, tutti un po’ scossi e sicuramente emotivamente provati, la cosa giusta. L’unica da fare: ringraziare. Per rispetto, per riconoscenza, per immensa gratitudine nei confronti di Chi, senza alcuna raccomandazione o garanzia, ti ha donato una possibilità. La più bella, perché la prima conquistata. La più grande, perchè vissuta con l’entusiasmo e l’intraprendenza degli anni più belli, a contatto, seppur talvolta solo a distanza, con affermate e talentuose firme.
E’ inutile girarci intorno, perdere tempo a cercar parole che, oggi, no, oggi proprio non vengono, per ribadire un concetto che ai Soci de Linkiesta, a coloro che si assumeranno la responsabilità dell’infausta decisione, credo appaia chiarissimo. Lampante esito di una disfatta strategica.
Oggi Linkiesta muore. E con essa, oltre ai destini professionali di molti eccellenti autori, si infrangono le speranze di molti giovani, che dopo tanto peregrinar, avevano trovato approdo e spazio nel giornale diretto da Jacopo Tondelli. Unica vera cattedrale nel deserto dell’informazione ingessata e servile di un paese che sta avvizzendo. Unico quotidiano inclusivo e non esclusivo, che con la scaltrezza e una giusta dose di incoscienza voleva scommettere sul futuro dell’informazione. E di esso farne parte.
E’ stato un gesto eroico, quello di Jacopo, che molti non capiranno. Come eroica è stata l’impresa in cui si è imbarcato e che ha permesso di condividere con tutti noi: dal condirettore Gallo a me, che ero e sono l’ultima ruota del carro, ma di cui ero e sono orgoglioso di sentirmi parte.
La settimana scorsa ho festeggiato, con la gioia della prima ricorrenza di una conquista sudata e meritata, il primo anno dall’approdo a Linkiesta. Oggi, dopo 12 mesi da quel 9 febbraio in cui pubblicai il primo post, avvilito e sconcertato non so se continuerò o se chi verrà a sostituire l’insostituibile Jacopo mi permetterà di continuare questa esperienza eccezionale. Che, ne sono certo, non potrà avere eguali.
A Jacopo, come ho già scritto in privato, devo tutto. A lui devo questo blog, spazio aperto consegnato alle mani inesperte di un ventenne qualsiasi conosciuto da poco, a lui la collaborazione professionale, che ha voluto, sostenuto e sopportato. Il legame di fiducia, stima, affetto e gratitudine che mi lega al direttore è lo stesso che mi lega al giornale. Prendere una posizione pubblica nei Suoi confronti e nei confronti de Linkiesta non era solo scontato, ma doveroso.
A lui devo e dovrò sempre la cosa più grande che possa esser donata ad un uomo: una possibilità.
Senza il punto che io ho sempre ritenuto di riferimento, per me come per tutti, sarà più difficile continuare a scrivere qui. Senza la sapiente guida di Tondelli, Gallo e Fusco non so se ne valga ancora la pena.