Il ricorso alla “pillola del giorno dopo” è «giustificabile» se ha lo scopo di impedire la fecondazione dopo una violenza subita da una donna; continua a non esserlo se si utilizza un preparato che, invece, mira ad impedire l’annidamento di un ovulo già fecondato, perché a questo, «cui spetta la protezione dovuta alla dignità dell’essere umano», viene tolto «attivamente il fondamento vitale». Lo ha affermato l’arcivescovo di Colonia, card. Joachim Meisner, notoriamente ultraortodosso e molto amico di papa Benedetto XVI, alla luce di un caso che ha suscitato polemiche nella città tedesca.
Il 15 dicembre scorso, una donna si era rivolta a un ambulatorio affermando di avere subito violenza. La dottoressa di turno ha denunciato l’accaduto alla polizia e ha prescritto la pillola del giorno dopo, rimandando la donna all’ospedale di San Vincenzo, gestito dalle religiose cellitine (ramo femminile dei fratelli Celliti o Alessiani di Aquisgrana) per verificare lo stupro. L’ospedale religioso, tuttavia, ha rifiutato di accogliere la paziente, analogamente a quello del Santo Spirito, cui la donna si è rivolta in seconda istanza: «Le vittime di stupro vengono trasferite in altre strutture quando è chiara l’intenzione di assumere la pillola del giorno dopo», ha dichiarato il portavoce del vescovo, come a dire che le strutture religiose non intendono affrontare questo tipo di situazione.
La vicenda – più tardi definita dalla congregazione religiosa come un «triste malinteso» – è stata oggetto di gravi proteste in Germania. «Lo scandaloso incidente di Colonia – ha dichiarato Sylvia Löhrmann, deputata dei Verdi e ministro dell’istruzione della regione della Renania Settentrionale-Vestfalia ¬- contraddice la missione sociale cristiana». «Non prestare aiuto a una donna vittima di violenza sessuale è una violazione dei diritti umani. Così facendo, la Chiesa colpisce se stessa prima che tutti gli altri». «Il rifiuto di somministrare la pillola del giorno dopo alle donne stuprate rappresenta una mancanza di assistenza assolutamente ingiustificabile da parte di chi professa valori biblici e cristiani», le ha fatto eco Annegret Laakman, dell’associazione nazionale Frauenwürde. «Con questa posizione, la Chiesa ufficiale discrimina ancora una volta le donne vittime di stupro». «Una donna che subito una violenza sessuale ha bisogno di assistenza, non può essere rifiutata per motivi religiosi», ha detto Annette Diehl, del telefono di emergenze per le donne Frauennotruf.
La Chiesa cattolica, in Germania, è la seconda datrice di lavoro dopo il Governo. Conta circa 420 ospedali nel Paese, per un totale di 165mila dipendenti, ai quali, nel contratto di lavoro, viene posta la condizione di accettare le relative direttive comportamentali ed etiche, pena il licenziamento.
«I medici in istituti cattolici – ha confermato l’arcivescovo Meisner – sono invitati ad andare incontro senza riserve al bisogno di donne violentate e ad attenersi, nella loro condotta sanitaria, ai suddetti principi (quindi a rifiutarsi di somministrare un farmaco che impedisce l’annidamento dell’ovulo fecondato, ndr), tenendo conto del nuovo stato della scienza medica». Gli stessi medici, ha detto, possono informare le donne sulle pratiche non accettate dalla dottrina cattolica ma anche sulla loro “accessibilità”; «In ogni caso l’aiuto a donne violentate deve andare ben al di là della discussione su tali questioni».
In ogni caso, questo tema è destinato a non chiudersi rapidamente. La Conferenza episcopale tedesca (Dbk) lo ha infatti inserito nell’ordine del giorno della prossima assemblea plenaria, in programma a Treviri dal 18 al 21 febbraio prossimi. Lo ha anticipato all’agenzia di stampa tedesca Kna il 4 febbraio mons. Robert Zollitsch, presidente della conferenza episcopale e vescovo di Friburgo: l’argomento, ha detto, «è diventato di nuovo attuale nei giorni scorsi».