Ho visto miei simili interrogarsi per minuti davanti allo scaffale degli omogeneizzati in offerta – «Ne prendo anche dieci alla prugna?» – e poi cercare nel mio sguardo attonito una sponda che non è arrivata (ero a caccia di 4 frutti ma erano già tutti finiti…). Ho visto coppie della upper-class attendere l’apertura del discount come i cancelli del concerto rock della vita, per poi perdere l’aplomb e avventarsi sui pacchi di pannolini (una ressa più agguerrita di quando da giovani sgomitavamo senza vergogna e freni inibitori al free-bar e, qualche anno dopo, al buffet del matrimonio del nostro migliore amico); ho visto insospettabili madri e padri ubriachi di gioia per averne riempito un carrello a testa, e qualche minuto dopo li ho visti precipitare nello sconforto totale dopo che la cassiera li ha redarguiti – vendetta di classe – umiliandoli e brandendo il depliant con aria da maestrina: «Di questi qui, massimo 10 pacchi!!!».
Mamme invasate impilare con cura pacchetti di salviettine, creando nel carrello torri alte quanto il World Trade Center – manco dovessero pulire culi per i prossimi 10 anni.
Ho visto genitori timidi avvicinarsi al temutissimo «formaggino fuso con parmigiano reggiano», notoriamente l’omogeneizzato più costoso in commercio (praticamente costa più di un piatto di ostriche al tartufo e foie gras): farne una scorta – tranne che in regime di offerte speciali, appunto – equivale, in euro, a una cena firmata Heinz Beck alla Pergola. Ebbene, ho visto l’estasi del riscatto negli occhi di chi poteva esporre con malcelato orgoglio, una volta arrivato alla cassa, i prestigiosi vasetti gialli come indice di ricchezza e benessere. (E ho pensato che, comunque, comprare i formaggini e il parmigiano costa infinitamente meno e dura infinitamente di più… Però non volevo rovinargli la festa)
Ho visto altre madri sospese tra il senso di colpa e il senso degli affari per aver ceduto al fascino (e alla convenienza, una volta l’anno) di quelle sbobbe già preparate alle quali una mente perversa diede l’ingannevole nome di «Bontà della mamma» – quasi a voler esorcizzare l’inadeguatezza della “generazione 4-salti-in-padella”, che non ha il tempo di cucinare neanche una pappina al figlio.
I depliant dei supermercati, più che studiati vengono vivisezionati, attesi come l’ultimo romanzo di Thomas Pynchon da una comunità trasversale che poi – come accade in ogni gruppo antropico che si rispetti – con gergo iniziatico si passa informazioni in codice («Huggies a 2,69 ma solo se fai 200 euro di spesa», «Montefiore ha fatto i biscotti confezione esercito» e via dicendo). Giovani coppie si scambiano gli inviti a cena e gettano l’amo – un tempo si faceva con le farfalle o i quadri – ricorrendo a formule del tipo «venite, così vedete la nostra collezione di omogeneizzati». Mamme compulsano l’iPhone ma non è colpa di facebook o di Ruzzle, o dell’amante: pare ci sia una App da cui scaricare le offerte e consultare i cataloghi senza neppure la seccatura della carta (e invece è così bello sfogliarli nei momenti di relax, altro che quotidiani e riviste: alcuni, peraltro, hanno una grafica da paura).
La sfida è il massimo risultato con il minimo sforzo economico, quando è possibile. Alla lunga ti appassiona come un gioco di ruolo; ci accontentiamo di poco – che poi è molto. Con l’età – e con i figli – diventiamo più materialisti, però questo è un materialismo buono, diciamo poetico perché finalizzato alla salvaguardia della specie (prima i bisogni dei piccoli, poi i nostri svaghi): più di una volta mi sono sorpreso a chiedermi «stasera due Tennent’s e pizza da asporto, o risparmio e domani compro 10 pacchi di pannolini, visto che c’è l’offerta?».
PS – «Lentamente diventiamo come i nostri genitori», dice a un certo punto Joe Strummer in versione papà (il documentario “Il futuro non è scritto” sarà replicato stasera alle 22,20 su Rai5). Assolutamente inedito nella sua intimità, il compianto leader dei Clash ci mette di fronte a un’autocritica comune a molti genitori: com’è possibile negare ai propri figli le gioie e i “rischi” che a noi furono concessi, nascondendosi dietro la comoda maschera dell’apprensività? La risposta non è affatto facile. Intanto, la visione del docu-film su Zio Joe è altamente consigliata, e non soltanto per capire come anche l’uomo più punk (o hippy o rastafariano…) del pianeta possa essere un ottimo padre. Un papà che probabilmente non si fa infinocchiare dal catalogo delle offerte.