L’economia non è la fisica. La fisica è determinata dalle leggi naturali e noi possiamo solo cercare di scoprirla e, al massimo, riprodurla. L’economia è determinata dal comportamento delle persone. Quindi se si vuole cambiare, bisogna partire da lì. Il concetto mi sembra banale e complesso.
La complessità delle scelte che i cittadini devono fronteggiare nel mondo economico-finanziario e del rischio ad esse connesso è aumentata rapidamente, molto più rapidamente di quanto siano aumentate le conoscenze e le competenze dei cittadini stessi. Tale asimmetria produce un effetto sull’intero sistema economico che è motivo di preoccupazione e si riflette perfettamente nell’attuale crisi economica.
Basti pensare ad esempio ad una delle cause scatenanti della crisi: l’eccessivo indebitamento negli Stati Uniti sui cosiddetti mutui SubPrime. L’esplosione di questa bolla (ed è solo un esempio) ha reso evidente che gli investitori mancavano totalmente della consapevolezza dei costi e dei rischi assunti.
Il problema della financial illiteracy è un fenomeno globale. Negli Stati Uniti, uno studio della Princeton Survey Research Associates International sottolinea che solo il 39% dei cittadini tiene traccia delle spese effettuate, nonostante più del 66% abbia due o più carte di credito; il 40% non ripaga mensilmente l’intero ammontare delle spese effettuate con carta di credito, incorrendo in onerosi interessi. Inoltre, si assiste a livello globale ad un forte fenomeno di overconfidence: i consumatori non hanno mediamente consapevolezza della propria carenza di competenze. In Australia, una recente indagine evidenzia che i consumatori si ritengono in possesso di un adeguato livello di cultura finanziaria; tuttavia, se il 67% dichiara di conoscere e comprendere la nozione di interesse composto, solo il 28% sa rispondere correttamente a domande riferite a tale concetto.
La mancanza di educazione finanziaria comporta conseguenze non solo sui piani individuali, ma si ripercuote anche a livello macroeconomico, sotto forma di veri costi sociali. Un comportamento economico irrazionale porta, ad esempio, a contrarre prestiti troppo onerosi, a non pianificare la propria pensione, a non risparmiare in vista di un obiettivo.
Come ha detto Roger W. Babson “More people should learn to tell their dollars where to go, instead of asking them where they went“.
Con la Fondazione Rosselli da anni ci occupiamo di questa materia, proponendo sul tema dell’educazione finanziaria studi e analisi, riflessioni e proposte, sperimentazioni sul campo.
Uno dei principali partner con cui da anni collaboriamo è il Consorzio Patti Chiari, per il quale la Fondazione cura un rapporto annuale che ha l’obiettivo di monitorare le esperienze di educazione finanziaria in Italia e nel mondo, al fine di valorizzare quanto ad oggi sviluppato e ragionare sulle possibili strategie di sviluppo della formazione in questo ambito.
Domani (ore 10 presso Palazzo Altieri a Roma e in streaming sul sito del Sole 24 Ore) presentiamo la Terza edizione del Rapporto, con i risultati di un’indagine sulle strategie nazionali in Europa e nel Mondo, un aggiornamento dei dati dei principali programmi nazionali e un approfondimento specifico sui giovani.