The Brain that DrainedFishing for Compliments – discorso sull’arte di saper ricevere i complimenti

   Come andrebbero ricevuti i complimenti? È una cosa che mi sono sempre chiesta. Io sospetto che, semplicemente, al mondo ci sono questi due tipi di persone: quelli che sanno dire le cose giuste e...

Come andrebbero ricevuti i complimenti? È una cosa che mi sono sempre chiesta. Io sospetto che, semplicemente, al mondo ci sono questi due tipi di persone: quelli che sanno dire le cose giuste e quelli che non le sanno dire. Quelli che sanno rispondere con grazia e la giusta dose di umiltà a chi esprime loro apprezzamento, quelli che sanno rispondere con pacatezza o disarmante arguzia a coloro che li offendono, quelli che sanno parlare a chi sta male, ha perso qualcuno, è ferito. E poi, ci sono tutti quelli che non.

E non mi si dica che ci sentiamo tutti inadeguati, che tutti percepiamo di avere lo stesso problema, te lo puoi anche dire per farti stare meglio ma la verità è che ci sono persone bravissime a fare queste cose. La mia amica F, per esempio, è impareggiabile ai funerali. È una cosa che mi lascia a bocca aperta. Riesce a dire le cose senza che sembrino di circostanza ma anzi sagge, sentite, piene di calore. Io invece esito, mi impappino, sono talmente preoccupata di sbagliare registro che non mi viene niente da dire, o quello che dico suona affettato.

E per i complimenti valgono le stesse considerazioni. Si potrebbe, ed è forse la soluzione che presenta meno insidie per il principiante, semplicemente ringraziare – chiamiamola gratitude for beginners.

Ci si sente un po’ stupidi, però a dire solo “Grazie”, un po’ compunti e noiosi come i bambini che hanno appena recitato la poesia davanti ai nonni a Natale. Ma è bene fermarsi qui, non fare il passo più lungo della gamba se si sa di non essere bravi. Poi col tempo, quando abbiamo acquisito dimestichezza potremmo far seguire al “Grazie” qualcosa che lo faccia apparire più spontaneo e sentito, tipo “Grazie, mi fa davvero piacere che lo pensi”. Magari ponendosi questo obbiettivo minimo si potrà un giorno arrivare a pronunciare tali parole senza arrossire, balbettare, senza risatina nervosa. Purtroppo però chi è a disagio spesso sottovaluta le soluzioni semplici, abituato com’è a sentirsi inadeguato sogna di trovare quella formula che non solo lo caverà d’impaccio ma lo farà sembrare brillante, a suo agio…ed è lì che è destinato a cadere.

Gli inglesi hanno questa cosa che si chiama “self-deprecation”, essa può sembrare la soluzione ideale per chi si schermisce con facilità ed invece è una di quelle armi che data in mano a un dilettante finisce che si spara sui piedi. Non la puoi improvvisare. Consiste nel rispondere a chi ci fa i complimenti con una battuta di spirito sulla propria inadeguatezza. Pare semplice no? Chi è davvero modesto, o dubita delle proprie capacità facilmente può pensare che auto-denigrarsi sia la soluzione perché almeno, in tal modo, ha l’occasione di essere sincero. Ma la self-deprecation non è sincerità e tantomeno è modestia, anzi, è la performance ritualizzata del suo contrario. Se osservate l’uso sociale che viene fatto di questo dispositivo noterete che tanto più alto è il papavero, tanto più autorevole, geniale, acclamato e tanto più si prenderà ferocemente in giro. È un esercizio di stile ed è difficilissimo da eseguire bene – in questo sta l’affermazione del proprio merito: con la nostra brillante battuta confermiamo l’opinione di chi ci incensa anche se a parole li si è appena contraddetti e farlo bene è sublime sprezzatura.

La self-deprecation se la fai male non fa ridere (ricordiamoci che divertire è pur sempre il suo scopo manifesto) e quel che è peggio offende il giudizio di chi si complimenta con te. In sostanza stai dicendo a chi pensa che indossi un bel vestito che non ha gusto, a chi ha apprezzato il tuo lavoro che è un cretino.

E c’è un secondo pericolo: il vostro interlocutore, se è una persona a modo e sinceramente convinta dei vostri meriti a quel punto si convincerà che avete un colossale problema di autostima e vi loderà con rinnovato zelo, si metterà lì a spiegarvi nel dettaglio perché si complimenta con voi e vi ritroverete a prolungare oltremisura quel momento di imbarazzo che cercavate di scongiurare.

Peggio ancora, se come me siete portati a estenuarvi nell’analizzare le infinite implicazioni e i corollari di ogni azione, vi verrà presto il dubbio che, denigrandovi, state facendo la figura dei cripto-vanitosi, che avete fatto quella battuta PROPRIO per costringere il vostro interlocutore a continuare a complimentarsi e allora avrete schifo di voi stessi, ma proprio nausea sartreiana, la conversazione si farà d’improvviso insostenibile e dovrete riparare al bagno in fretta e furia.

Allora sì che smetteranno di complimentarsi con voi, allora sì.

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