Usi sempre il termine “lavoro sessuale”. Trovi I termini “prostituzione” e “prostituta” offensivi? Quanto è importante il linguaggio in questo caso?
“Lavoro sessuale” è una frase di significato politico ed è usata per affermare che il lavoro sessuale è di fatto un lavoro. Non trovo le parole “prostituta” o “prostituzione” offensivi. Oltretutto, sono termini utilizzati in un contesto legale per cui è importante usarli in certa misura. Comunque sia, “lavoro sessuale” è un termine generico e comprende molti tipi diversi di attività, per esempio prostituzione, danze erotiche, attuazione sado-maso, prestazioni porno e il sesso telefonico. Tutti questi lavori consistono in uno scambio di denaro per un’esperienza erotica, ma non comportano necessariamente un rapporto o neanche un contatto fisico. Queste attività sono altamente stigmatizzate, e alcune di esse sono illegali, ma chi lavora in queste situazioni merita di essere rispettato/a e di avere la propria sicurezza e i propri diritti protetti, a prescindere dal contesto legale e dalle credenze morali di altre persone.
C’è una best practice o una politica modello sul lavoro sessuale? Come ne pensi dell’esperienza olandese?
La maggior parte degli attivisti per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici del sesso chiede che la criminalizzazione del lavoro sessuale sia eliminata, ma le opinioni sulle pratiche da seguire sono davvero varie. Credo che le politiche dipendano sempre da fattori locali, ma la cosa più importante è che le persone che lavorano nell’industria del sesso siano protette e che i loro diritti siano rispettati. Questo non vuol dire portare via le persone dai bordelli o da dove esercitano; significa fare in modo che il loro ambiente di lavoro sia sicuro e che la situazione giuridica ed economica sia tale che queste persone possano fare un altro lavoro, se lo desiderano.
Nei tuoi spettacoli, metti insieme lavoratrici e lavoratori del sesso, attivisti, artisti, scrittori, persone qualsiasi che sono al bar per prendersi un drink, o, come nel tuo caso, persone che hanno vissuto ognuna queste esperienze ad un certo punto nella loro vita. Cosa succede quando queste persone si incontrano e si parlano?
Al Red Umbrella Diaries, l’evento mensile che sto producendo a New York da quasi quattro anni, le persone involucrate nell’industria del sesso salgono sul palco e raccontano le loro storie di vita vissuta. Penso che quando le persone condividono queste storie si comprendono a livello umano in un modo che non è assolutamente possibile con le cronache giornalistiche o nei dibattiti politici. Se siete curiosi di ascoltare queste storie, potete sentire il podcast (in Inglese) su redumbrelladiaries.com e su iTunes.
Da femminista, ho sempre avuto la tendenza a credere che il lavoro sessuale è un prodotto dell’ oggettivazione delle donne e mi piacerebbe pensare di poter vivere in un mondo dove gli uomini non sentono il bisogno di pagare per il sesso. Cosa c’è di sbagliato in questa idea?
Penso ci sia troppa enfasi sulla parte “SESSUALE” della frase “lavoro sessuale”. La maggior parte delle persone, in particolare le donne (incluse le transgender), praticano il lavoro sessuale perché hanno bisogno di un LAVORO e per varie ragioni non riescono a trovare altre occupazioni che paghino abbastanza per sostenere loro e le loro famiglie o i cui orari siano sufficientemente flessibili. Il lavoro sessuale continuerà ad esistere fino a quando altri lavori non offriranno una migliore retribuzione e migliori orari. Pensare alle lavoratrici (e ai lavoratori) del sesso e al lavoro sessuale come la radice di ogni male e l’origine dell’oggettivazione e della disuguaglianza non è giusto. L’industria del sesso è un sintomo della disuguaglianza, non la sua causa principale – anche se, naturalmente, il mercato del sesso replica e alle volte peggiora disuguaglianze preesistenti. Detto questo, credo che anche qualora non esistessero più disuguaglianze economiche di base, probabilmente ci sarebbe sempre qualcuno che vuole comprare sesso e qualcuno disposto a venderlo.