SkypeEuropaIl Pd dei troppi funzionari

Da lunedì 26 febbraio 2013 la parola smacchiare ricorderà qualcosa di non proprio bello agli italiani di centro-sinistra. Non solo “il giaguaro” non è stato smacchiato e le bottiglie di spumante s...

Da lunedì 26 febbraio 2013 la parola smacchiare ricorderà qualcosa di non proprio bello agli italiani di centro-sinistra. Non solo “il giaguaro” non è stato smacchiato e le bottiglie di spumante sono rimaste, come nel 2006, in frigo. Dopo 20 anni il Caimano è ancora ben voluto da una parte degli italiani.

I numeri parlano chiaro. Pd e Sel hanno la maggioranza alla Camera e non al Senato, Grillo ottiene un risultato sensazionale, tanto da far parlare di sé le prime pagine dei principali quotidiani mondiali e B. non subisce il tracollo annunciato. Anzi, pur perdendo milioni di voti rispetto al 2008 racimola quasi il 30% dei voti.
La situazione politica è tanto delicata da lasciare il leader del Pd Bersani con poche idee, ma confuse. Per la verità anche con poche chance. La prima strategia immaginata, quella che sembrava anche la più logica, cioè aprire ad un governo sorretto dal Movimento 5 Stelle, dall’interno o dall’esterno, è stata cestinata e derisa dal suo leader.

Ora dunque il pallino non può più essere lanciato verso una metà del campo. Bersani si ritrova già con alle spalle un burrone profondo, scavato da Grillo, mentre davanti a sé il leader Pd si ritrova un terreno ben annaffiato, inzuppato, da un colpo di coda del vecchio piazzista di Arcore.
Ed è lui la vera sorpresa di queste elezioni. Più ancora del M5S. Grazie ad una geniale, quanto scandalosa legge elettorale, scritta in base ai propri punti di forza e mai voluta modificare, a costo di gettare il paese nell’anarchia, oggi B. può giocare la carta del responsabile e proporre a Bersani un “governissimo” per approvare alcuni importanti punti: riforma istituzionale, riforma fiscale… Credibile? Accettare la proposta del Cavaliere significa rischiare molto. Rischiare che il 25% del M5S si trasformi in molto di più tra un anno o due, quando si andrà di nuovo alle elezioni. E questo perché la crisi incalza, la rabbia monta e monterà ancora nei prossimi mesi, quando ancora più famiglie ed imprese potrebbero alzare bandiera bianca.

Salvo sorprese dunque si tornerà a votare prima di quanto si immagini. A quel punto però il M5S e il vecchio piazzista potrebbero trovarsi davanti il nuovo che avanza: Matteo Renzi.
Tuttavia, se il sindaco di Firenze potrebbe portare fuori dalla palude il PD e ergersi a nuovo Toni Blair, l’autocritica e la presa di coscienza della classe dirigente Pd meriterebbe di trasformarsi finalmente in fatti concreti. Non c’è più tempo di semplici autocritiche o di dimissioni. C’è bisogno di un cambiamento etico e morale, o per dirla alla Beppe Grillo “fatti non pugnette!”.
Innanzitutto stracciare l’immagine del partito di funzionari. Di funzionari che lavorano solo nella pubblica amministrazione, nelle cooperative o peggio ancora che dipendono dal partito. Il danno provocato è incolmabile. Non c’è campagna elettorale che tenga, voglia di giustizia o manica di camicia arrotolata da esibire che compensi l’effetto di questo privilegiato arroccamento.
Un dato di fatto che negli ultimi trent’anni ha trasformato la sinistra italiana (ed europea), di qualsiasi sfumatura essa fosse, in una casta di politici professionisti, lontani dalla realtà, dipendenti dalla politica ed intenzionati a far perennemente parte della classe dirigente politica.
Se non si rimedia a questo, con una crisi tutta da decifrare e lungi da finire, Beppe Grillo rischia di essere un modello vincente di politica-nonpolitica, per l’Italia e per l’Europa. E che l’Italia, nei momenti di crisi economica continentale, sia partoriente di nuove vie politiche ce lo ricorda la storia.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter