Nel bel mezzo della campagna elettorale che purtroppo si concentra più sulla caccia alle streghe che su temi concreti, sembra che tutti si siano dimenticati, per lo meno durante i dibattiti, di un importante problema che coinvolge gran parte dello Stivale e che però rimane per lo più dormiente ed indisturbato dal 1942, data dell’ultima ed attuale legge urbanistica nazionale.
Il 6 e 7 febbraio a Roma si sono tenuti due convegni, il primo promosso dall’Ispra, dal CRA e dall’Università la Sapienza, il secondo da Legambiente, Coldiretti e Anci mirati a dare seguito a quanto iniziato a luglio 2012 con il DDL presentato dal Ministro Catania “salva suolo”.
In Italia dagli anni ’70 ad oggi abbiamo perso, secondo i dati forniti a luglio dal Mpaaf 5 mln di ettari di suolo agricolo. Le aree agricole hanno lasciato il posto alla cementificazione con la più alta percentuale (16,4% di cementificazione) nella Pianura Padana ossia la parte più redditizia e fertile (dati Istat 2012). Oggi in Italia si perdono 100 Ha di terreno agricolo al giorno (dati ISPRA).
Le ripercussioni sono sostanzialmente di due tipi, da una parte l’Italia ha una dipendenza alimentare crescente, dall’altra la forte cementificazione porta all’impermeabilizzazione dei terreni, le opere edili trasformano in terreni edificabili terreni che prima erano agricoli perché in posizioni di rischio idrogeologico o sismico.
La perdita di terreno agricolo è quindi il frutto della scarsa regolamentazione urbanistica, molto frammentata e lasciata alla libera volontà di comuni e regioni che molte volte speculano sulla forte discrepanza tra redditività dei terreni edificabili rispetto quelli agricoli. A questo si aggiunge anche il nuovo fenomeno di decentralizzazione delle famiglie rispetto il centro urbano che tende a spopolarsi a fronte di periferie sempre crescenti. Questo fenomeno è strettamente legato alla bassa vivibilità dei centri, alla mancanza di verde e di servizi alle famiglie, all’alto costo degli immobili del centro rispetto alla periferia.
La poca attenzione dedicata all’ambiente ed alla preservazione del territorio si sta facendo sentire in maniera sempre più forte e ravvicinata come tristemente testimoniano le alluvioni che si sono verificate nella nostra penisola negli ultimi anni.
In Italia il 10% del territorio è ad elevato rischio idrogeologico coinvolgendo l’89% dei comuni ed esponendo ad un elevato rischio 6 milioni di persone (dati Consiglio Nazionale dei Geologi). Dai dati presentati da Legambiente solo nel triennio 2009-2012 sono stati stanziati 1 miliardo di euro per far fronte ai danni idrogeologici mentre negli ultimi 10 anni sono stati spesi per la prevenzione del rischio solo 2 mld di euro.
Sembra quindi che ci ricordiamo della necessità della messa in sicurezza del nostro territorio solo di fronte alle travolgenti calamità e non vi sia invece in agenda la necessità di una profonda revisione urbanistica, la riqualificazione dei città, la rivalutazione dei terreni agricoli. Vedere il nostro territorio come la principale tra le infrastrutture significa incentivare le opere che migliorano e valorizzano l’esistente penalizzando nuove cementificazioni .