L’informatica migranteLa Legge Bacchelli per Pierluigi Cappello e l’effetto che (oggi) fa

“Sono nato al di qua di questi fogli lungo un fiume, porto nelle narici il cuore di resina degli abeti, negli occhi il silenzio di quando nevica, la memoria lunga di chi ha poco da raccontare. [.....

“Sono nato al di qua di questi fogli
lungo un fiume, porto nelle narici
il cuore di resina degli abeti, negli occhi il silenzio
di quando nevica, la memoria lunga
di chi ha poco da raccontare. […](*)”

Pierluigi Cappello è un poeta friulano di cui ho scoperto le opere e la storia poco più di un anno fa, seguendo il lavorio portato avanti da un gruppo ampio di suoi sostenitori e amici che chiedono gli siano concessi i benefici della legge Bacchelli.

Lo ammetto, non lo conoscevo. Però quanti poeti contemporanei conosco? (E voi, a conti fatti?) Per quanto l’ignoranza non contenga in sé nulla di cui vantarsi, lo dico: pochi. Così ho fatto quello che si dovrebbe sempre fare in questi casi: sono andata a sfogliare un paio di suoi libri in libreria e poi ho fatto quello che si può fare in questi casi, comprato, letto, cercato di capire. E poi ricomprato e regalato ad altri, perché se qualcosa ho imparato negli anni è che le cause o trovano sempre nuova linfa che le sostenga o con il tempo sono destinate a morire.

Anche la giuria del Premio Nonino l’anno scorso si è spesa a favore di Cappello e in occasione della premiazione di quest’anno lo ha fatto conoscere a Jorie Graham, già premio Pulitzer nel 1996, che, affascinata dai suoi versi, si è proposta di tradurlo in inglese.

Ebbene, in epoche “normali” queste sarebbero notizie che sfiorano di striscio l’opinione pubblica, se proprio non riescono a coinvolgerla emotivamente in senso positivo.
Ma a quanto pare non siamo in epoche “normali” se una lettrice del giornale locale, anziché dare spazio a un tifo da stadio, ha reagito così:

“Personalmente non conoscevo Cappello finché non ne ha scritto il Messaggero Veneto; io non conosco le poesie scritte dal “poeta” e ritengo che poche persone le conoscano e mi chiedo quanti dei firmatari dell’appello le hanno lette. E’ troppo facile per i firmatari dell’appello sottoscrivere questa richiesta; tanto si parla di soldi pubblici, non delle proprie tasche. Ma trovo indecente farsi mantenere dalla comunità.”

Ieri, in un bell’articolo, Tullio Avoledo ha cercato di spiegare perché certi benefici occorrono, tanto più quando parliamo di una persona che vive in condizioni di salute e alloggio precarie:

La letteratura, l’arte, la musica che produciamo oggi devono passare alle coscienze di un’altra generazione, per dare frutti. Pochi degli “alberi letterari” che abbelliscono di colori sgargianti le nostre librerie produrranno veri semi, destinati a fiorire nel futuro. Ma quei pochi semi che ce la faranno porteranno nel mondo a venire il ricordo del nostro tempo. Delle nostre vite, delle nostre voci. Per questo vanno accuditi e rispettati.”

L’articolo riassume in mondo delicato e attento la storia di Pierluigi Cappello, ma, se avrete cura di andare a leggere i commenti che ha ricevuto, vedrete che non sono ugualmente piaciute a tutti. Eppure l’iter dei benefici, che tra appelli, interventi, articoli, è da tempo trattato dai media ed è giunto ormai alla sua fase finale (ossia all’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri…). Cosa turba oggi che prima neppure sfiorava?

Quando qualche anno fa i benefici della legge Bacchelli furono concessi a Federico Tavan, poeta della provincia di Pordenone, non ricordo di aver letto le medesime critiche.
Era forse un nome più noto? Più letto? Più citato?
O forse ancora non si erano fatte le persone cattive, invidiose, arrabbiate, attente in maniera ossessiva al presente, disprezzanti del passato e del futuro?

Di Pierluigi Cappello pare uscirà prossimamente per Rizzoli un libro autobiografico in forma di racconti. Chissà che riesca a farsi fuoco a sciogliere il gelo dell’ignorare di taluni. O almeno diventi best seller, per quanto possibile. Che possano i diritti d’autore arrivare oltre la burocrazia italiana che s’inceppa, oltre la cecità culturale di taluni che nuoce.

Più della miseria non vedo l’ora passi la stagione dell’ignoranza pericolosamente troppo di moda.

P.S.: Segnalo la recensione di “Mandate a dire all’imperatore” di tempo postata un po’ di tempo fa qui su Linkiesta.

(*) Ombre – Mandate a dire all’Imperatore, Pierluigi Cappello, Crocetti Editore

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