I sondaggi impubblicabili non segnalano finora nulla di diverso rispetto a quelli che si rendevano pubblici alcuni giorni fa. C’è ancora una alta percentuale di indecisi che può far saltare il tavolo. I pronostici su Grillo sono contraddittori fra chi pensa che farà il botto e chi crede a percentuali meno clamorose. Anche Berlusconi oscilla su dati che segnalano una rimonta, ma solo rispetto alle cifre bassissime di quando il candidato era il pallido Alfano, mentre sembra assai poco probabile immaginare che il Cavaliere stia ripetendo il miracolo del 2006. Ingroia si barcamena al limite della sopravvivenza. Giannino ha fatto Tafazzi e mi dispiace per lui che è simpatico e preparato.
Il tema che interroga molti è il risultato del Pd. Comunque vada a finire la classe dirigente di quel partito dovrà interrogarsi sul perché, in un quadro così dilaniato, un partito di opposizione democratica non abbia mostrato (personalmente spero di essere smentito lunedì sera) di poter fare il salto verso percentuali sicure e in grado di garantire al governo una maggioranza parlamentare stabile e autosufficiente.
Qui c’è il nodo della sinistra italiana e del suo rapporto con il paese. So che molti sono convinti che con Renzi candidato premier saremmo in tutt’altra situazione. Dicono e scrivono che Berlusconi non si sarebbe presentato, che Grillo sarebbe stato depotenziato, che il Pd da solo avrebbe avuto il 40%. Purtroppo è una tesi indimostrabile, almeno quest’anno. In ogni caso non riesco a capire come potesse fare questo miracolo un candidato che non è riuscito a prendere la maggioranza degli elettori della sua area.
Guardando al futuro non si può non essere interessati al destino del sindaco di Firenze. Fra quelli della sua generazione è quello che ha più numeri e più temperamento. Forse la sua vicenda politica avrebbe potuto avare altro destino, e potrà avere altro destino, se prenderà a modello non le frasi con cui sembrava considerare sua nemica la sinistra interna ma quelle che sta pronunciando in campagna elettorale. Credo che Renzi sia stato mal consigliato dal suo giro di ex dc, di pentiti del comunismo, di manager che non conoscono a fondo il popolo del centro-sinistra. Un Renzi più accogliente verso chi viene dalla sinistrav– in fondo non è una colpa esser nato prima di lui e aver militato a sinistra – forse avrebbe avuto più numeri. Questo vale per il futuro.
Oggi c’è Bersani e c’è la sua leadership seria e tranquilla che a molti fa temere un risultato buono ma non clamoroso. Se gli italiani in questa settimana avranno paura del ritorno di Berlusconi o del salto nel buio grillino Bersani potrebbe vedere aumentate le sue possibilità di vittoria netta. È il paradosso di una sinistra che può vincere non perché fa sognare ma perché rassicura dalla paura. Un po’ come è capitato alla destra in altre elezioni.
I sondaggi finora noti dicono che il Pd, letto come una variante del classico partito di sinistra, non va oltre un certo punteggio. Questo è lo stato del rapporto fra la sinistra e il paese. Da qui due temi. Il primo è che ogni nuovo tentativo di riverniciare la sinistra si scontra con antiche diffidenze. L’altro è che la sinistra, malgrado una straordinaria coalizione di contrari (da Grillo a Berlusconi a Maroni a Ingroia) è un pezzo inesauribile dell’elettorato italiano che sopravvive alle generazioni. Ne riparleremo.