Negli Stati Uniti ieri si è svolta un’interrogazione del Senato al consulente della Casa Bianca per il piano anti-terrorismo John Brennan, cinquantasettenne, bianco, dalla stereotipata mascella yankee. Lo scopo è quello di confermarne l’integrità professionale in vista della sua nomina come nuovo direttore della CIA da parte del Presidente Barack Obama.
John Brennan non è immune dalle critiche dell’opinione pubblica statunitense, specie dal fronte dell’attivismo pacifista. Dopo aver militato anche sotto la scuderia di Bush, suscitò scalpore nell’aprile del 2012 per l’ammissione dell’utilizzo dei droni da guerra all’interno dei territori del Pakistan, Yemen, Somalia, Libia, Afghanistan (e non solo) e di essere il principale artefice di quella strategia.
Inoltre l’utilizzo, sotto il suo mandato durante l’amministrazione Bush, del “waterboarding”, una tecnica di interrogatorio poco “diplomatica” (ben visualizzabile grazie alla cinematografia americana) dove è contemplato l’utilizzo di secchiate d’acqua, schiaffi, sputi, e altre forme derubricabili a tortura grazie alle quali estorcere informazioni o confessioni, gli sta procurando non poche grane.
L’utilizzo dei droni e del waterboarding sono state infatti le due principali motivazioni per le quali Brennan è stato contestato in aula giovedì, da svariati manifestanti, durante la prima audizione. Uno dei contestatori mostrava ai fotografi un cartello con scritto “Brennan = Drone Killing” e la preoccupazione sulla moralità e l’etica professionale del superconsulente è condivisa anche da una parte dell’entourage di Obama.
Il principale punto dell’interrogatorio è stato proprio quello sul waterboarding: i rapimenti dei presunti terroristi e le tecniche violente usate per interrogarli hanno messo in difficoltà Brennan, il quale si è difeso dicendo che non ha preso provvedimenti per far cessare l’uso di quelle tecniche perché non era il suo lavoro: «non ero nella stanza dei bottoni di tale programma,” ha detto. “Ne ero a conoscenza ma non ne sono stato l’artefice».
L’utilizzo del waterboarding, che per tutto il tempo “l’accusato” ha rifiutato di chiamare con questo nome, è stato messo in discussione dallo stesso Brennan dopo la lettura di un dossier confidenziale del Senato sull’argomento: «Ci sono chiaramente tante cose che ho letto in quel rapporto che hanno destato la mia preoccupazione e che mi hanno addirittura inquietato. Cose che vorrei esaminare immediatamente se dovessi essere confermato come direttore della CIA».
Alle spinose questioni sui droni, Brennan ha risposto durante l’interrogatorio: «Non possiamo permettere che vaste aree rimangano scoperte, e lasciarle sfruttare da al-Qaeda: sarebbe un nostro rischio». L’impiego dell’omicidio mirato attraverso i droni e il monitoraggio costante del territorio servirebbero quindi a coprire zone che potrebbero essere sfruttate dal terrorismo internazionale. Una scusa debole che fa leva sul cuore americano ferito indelebilmente dall’undici settembre. Inoltre parla dei droni come l’avvento di «una guerra più umana» anche se «purtroppo, nonostante i nostri migliori sforzi, dei civili sono stati uccisi» ammette.
Il Senatore Repubblicano Susan Collins ha chiesto a Brennan se l’uso dei droni non possa inasprire ancora di più le ostilità generando un incentivo alla nascita di nuove cellule terroristiche. Brennan su questo punto ha ceduto affermando che è una preoccupazione concreta, quasi come se si trattasse di un effetto collaterale da tenere a mente.
Vorrei ricordare a questo proposito cosa scrisse sul Guardian Richard Norton-Taylor nel 2005, durante l’inasprimento delle misure del governo britannico per il controllo sui presunti terroristi annunciata da un roboante Tony Blair: «esiste davvero il pericolo che la sfuriata dei dodici punti del primo ministro sia controproducente, inimicandosi proprio coloro del cui appoggio il governo e le agenzie (di intelligence) hanno bisogno» (*). Difatti la retorica della guerra anti-al quaeda è ancora lì, invariata, e si sposta ancora da uno stato all’altro, senza aver risolto nulla nel corso di questi lunghi anni.
Brennan inoltre ha promesso, come se fosse impegnato in una campagna elettorale, di rivelare le zone dove i droni stanno compiendo atti di guerra: informazione che finora la CIA si è sempre rifiutata di rivelare per una questione di sicurezza interna.
Le promesse di trasparenza e di revisione delle pratiche da parte di Brennan sono difficilmente traducibili in atto e probabilmente servono solo a tenere buona una certa opinione pubblica, quella che ha votato Obama per la precisione: rimane però il fatto che sia una mossa quantomeno dubbia da parte del Presidente, che ha sempre lasciato intendere di essere volto alla risoluzione diplomatica, quella di nominare come nuovo direttore della CIA uno dei funzionari più contestati proprio per le tecniche di repressione.
Nei prossimi mesi vedremo di che pasta è fatto veramente Brennan, se ci sarà una reale trasparenza e un rinnovamento all’interno della CIA o se si tratta soltanto di chiacchiere rivolte ai media internazionali. Sui droni, però, rimane irremovibile.
(*) Richard Norton-Taylor, There’s no such thing as total security, in “The Guardian”, 19 agosto 2005
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/ SOUNDTRACK / Tori Amos: “Yo George”:
“I salute to you Commander
And I sneeze
‘Cause I have Now
An Allergy
To your policies it seems”