Da un archivio fotografico di provincia vanno in mostra le immagini di cantiere di un’opera pubblica emblematica dei tempi, quelli di quando venne costruita e quelli di oggi: chiusa dall’1985, l’opera di Piero Portaluppi, il grande architetto milanese, è in attesa di un destino proporzionato al suo fascino e alla sua bellezza, alla sua posizione strategica, quasi affacciata sul grande fiume che bagna Piacenza.
La prova evidente di un paesaggio forse perduto per sempre, tagliato da un’infrastruttura costruita successivamente alla centrale, e ampliata – per assurdo – di recente, da una politica che da anni dichiara di voler recuperare il rapporto tra la città storica, a due passi, e il Po.
Questo si può vedere nelle grandi stampe: un paesaggio fluviale che non esiste più e un’architettura oggi prossima all’abbandono, benchè le amministrazioni di anno in anno dichiarino di voler recuperare il lungofiume; sarà vero che mancano le risorse, ma probabilmente anche le idee, e una visione d’insieme che tenga insieme architettura, paesaggio e città.
Inquadrature di scavi, palificazioni, ponteggi, camminamenti, sopralluoghi dei responsabili, fasi della costruzione degli edifici, tettoie, fondazioni, facciate, macchinari e i dettagli raffinatissimi dell’architettura di Piero Portaluppi.
Nel Fondo Manzotti dei fratelli fotografi, incaricati dallo stesso Portaluppi di documenare il cantiere, proprietà del Museo della fotografia e della comunicazione visiva di Piacenza, sono state ritrovate oltre 150 tra lastre emulsionate e negativi su celluloide dedicati alla costruzione della Centrale Elettrica Emilia, “magnifica prova della capacità di Portaluppi di coniugare utilità e bellezza.” A 125 anni dalla nascita di Piero Portaluppi la galleria privata Biffi Arte mette in mostra, ancora per pochi giorni, documenti straordinari.
Prendete un treno al volo, che a Piacenza si mangia bene, per esempio qui e qui.