Nel mirinoCon i Google Glasses ci attendono strange days

dal video di presentazione dei Google Glasses   Che significato avrà l'immagine nel momento in cui fosse possibile registrare e fotografare ogni attimo della propria vita? È una delle domande che ...

dal video di presentazione dei Google Glasses

Che significato avrà l’immagine nel momento in cui fosse possibile registrare e fotografare ogni attimo della propria vita?

È una delle domande che mi sono posta guardando il video che pubblicizza i Google Glasses, ancora in fase di sperimentazione ma pronti a invadere il mercato dal 2014.

Questi occhiali avveniristici potranno registrare conversazioni, fare video, scattare fotografie, condividere tutto in tempo reale, cercare informazioni sul web, insomma molte funzioni già possibili oggi con gli smartphones ma ma attivabili semplicemente con la voce e direttamente proiettate sulla nostra retina.

Screenshot dalla presentazione dei Google Glasses

L’essere umano è nato per costruire protesi che possano facilitarne l’esistenza, Galileo parlava del cannocchiale come un estensione del proprio occhio, i nostri antenati fabbricavano martelli, noi siamo arrivati a quanto fino a qualche anno fa era materia da film di fantascienza.

Screenshot dalla presentazione dei Google Glasses

Ricordo come mi aveva affascinato “Strange Days”, un film di Kathryn Bigelow del ’95 in cui indossando un casco e collegandolo a un dischetto su cui era registrata un’esperienza altrui era possibile riviverla pienamente attraverso tutti i sensi: la vista, il tatto e l’olfatto.

dal film “Strange Days” – 1995

I Google Glasses, al tempo stesso geniali e satanici, mi ricordano “Strange Days”.

Se come sostiene anche il filosofo Pierre Lévy siamo entrati nella virtualizzazione già con l’invenzione del linguaggio, con i Glasses il salto antropologico diventa quantico.

Se la telefonia mobile ha abbattuto la coordinata dello spazio, facendo saltare il concetto dell’unicità del luogo, gli occhiali moltiplicano esponenzialmente l’effetto di deterritorializzazione.

Screenshot dalla presentazione dei Google Glasses

Le protesi funzionali quando sono permanenti o semi permanenti vengono monitorizzate dallo schema corporeo all’interno del cervello, i Glasses essendo direttamente associati al sistema visivo saranno una protesi molto potente che avrà effetti profondi sul sistema neuronale.

dal film “Minority Report” – 2002

La riflessione sull’umano ha portato a teorie per cui il corpo non è un gruppo di molecole e basta ma un sistema di azione: un essere vivente non sarebbe pertanto confinato alla propria fisicità ma arriverebbe fin dove arrivano gli effetti delle proprie azioni. Quando ad esempio pensiamo di andare da qualche parte stiamo già proiettando parte di noi lì. Il corpo dell’uomo con i Google Glasses sarà quindi un iper-corpo che vede cose che gli occhi fisici non potrebbero vedere, che non ha vincoli spazio temporali, né confini.

dal video di presentazione dei Google Glasses

Il mio corpo fisico camminerà per strada a Milano, mentre il mio corpo sdoppiato potrà simultaneamente vedere e parlare con un amico che cammina per le strade di New York, siamo ubiqui, siamo cyborg.

Esiste un senso di onnipotenza e totale libertà in un mondo, quello virtualizzato che possiamo costruire esattamente come desideriamo, un mondo dove anche la nostra immaginazione diventa oggettiva e può essere condivisa, e sopratutto dove se qualcosa non dovesse più piacerci basta un clic, niente di paragonabile alle limitazioni e frustrazioni cui si rischia di andare incontro nel mondo tridimensionale.

Resta inteso che il virtuale non è – ancora – in grado di emozionarci come un’altro essere umano in carne e ossa vicino a noi che ci tocca e che possiamo toccare e di cui sentiamo il respiro, l’odore. Stiamo diventando sempre meno attrezzati a gestire le emozioni che la fisicità è in grado di suscitare.

Screenshot dalla presentazione dei Google Glasses

Per Pierre Lévy Il virtuale non è il contrario del reale “Il virtuale è per me una modalità d’essere. Non è il falso o l’illusorio”. Il virtuale coesisterebbe quindi con il reale, due mondi paralleli altrettanto reali, collegati tra loro attraverso i dispositivi digitali. Il virtuale diventa il luogo che supera gli spazi percettivi della realtà tangibile dove gli esseri umani possono esistere oltre la corporeità.

Sono combattuta tra la fascinazione e la paura se penso alla direzione che abbiamo imboccato, ma… “there is no turning back”.

Le critiche alla tecnica sono antiche quanto la nascita della stessa, Platone critica la scrittura e con essa la techné in generale, convinto che indebolisca la mente e distrugga la memoria, chissà cosa penserebbe dei Glasses.

dal film “Matrix” – 1999

I Glasses avranno ripercussioni molto forti non solo nel mondo virtuale ma anche nel mondo fisico: come ci comporteremo quando incontreremo qualcuno che indossa i Glasses, consapevoli che potrebbe farci una fotografia, registrare un video, o “googlarci” in diretta? Saremmo più capaci di naturalezza? Vivremo forse costantemente in posa?

Se due amici interagiscono nel mondo fisico sarà lecito mandare contemporaneamente parti di sé in giro per la rete?

Ci sono esperienze per cui varrà sempre la pena essere ‘prigionieri’ del qui e ora, esperienze che per essere vissute intensamente hanno bisogno della nostra totalità, della concentrazione di tutti i nostri sensi: in questi casi dovremmo avere il coraggio di toglierci i Glasses, anche se togliendoli il rischio potrebbe essere quello di afflosciarsi a terra come grossi baccelli antropomorfi.

dal film “Matrix” – 1999

Il problema si porrà fra qualche anno quando saranno pronte le lenti a contatto che incorporano la tecnologia dei Glasses a cui stanno già lavorando.

dal film “Minority Report” – 2002

Con i Google Glasses andrà completamente rivisto il concetto di privacy: saremo tutti potenzialmente filmanti e filmati 24 ore su 24, il che implica anche che Big Brother Google conoscerà qualsiasi cosa di noi e cosa dovrebbe allora impedirgli di stamparci qua e là direttamente sulla retina qualche bel mirato consiglio per gli acquisti?

La loro estrema facilità d’uso – fanno qualsiasi cosa su comando vocale – potrebbe rivelarsi molto utile per chi è paralizzato o anche per chi è costretto in un letto di ospedale.

Con i Glasses non possiamo più dimenticarci niente del nostro passato, loro possono registrare ogni momento della nostra vita.

Immagino già il desktop del mio computer che conterrà tutta la mia vita divisa in file di anni/mesi/giorni, un enorme archivio di momenti non più fuggenti. Ma se l’attimo non è più fuggente avrà ancora senso volerlo cogliere?

Sarà forse la realizzazione dell’eterno ritorno? Mi viene in mente Bill Murray in Groundhog Day che si sveglia sempre nel Giorno della Marmotta e rivive di continuo le stesse 24 ore.

dal film “Groundhog Day” – 2005

In che modo saremo abituati a percepire le immagini a 1 – 2 – 3 – 5 anni dall’utilizzo degli occhiali?

Screenshot dalla presentazione dei Google Glasses

È davvero difficile fare previsioni, anche con gli smartphones c’è stato il timore di un livellamento dell’estetica fotografica e invece abbiamo riscontrato che chi ha una visione riesce a distinguersi anche con gli smartphones.

Con i Glasses si annulla quasi completamente la distanza fra apparecchio fotografico e occhio… cosa accadrà? Saremo forse in grado, guardando le fotografie scattate dai grandi maestri con i Glasses di vedere come vedono loro, o verrà eliminata la singolarità?

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