Lo stallo politico dopo il voto sta dimostrando come in Italia sembri impossibile che le forze politiche ragionino insieme e seriamente per salvare il salvabile in questa Italia ormai allo sbando totale. I 3 grandi poli usciti dalle elezioni continuano a commettere errori politici e di comunicazione che rischia di non far avere un governo in grado di cambiare alcune cose fondamentali.
Vediamo quali sono i punti dolenti:
Movimento 5 stelle – un consenso così ampio deve far ragionare. La posizione attendista del tipo “attendo i cadaveri dei partiti che scenderanno dal fiume” può essere molto pericolosa. Invece di dire no a qualsiasi confronto con i partiti (ammesso che il Pdl lo sia) dovrebbero valutare chi sia il candidato presidente del consiglio, i possibili ministri ma soprattutto la qualità del programma, che deve essere superiore a quella proposta da Bersani.
Popolo della Libertà – un non partito che gestisce il potere in modo piramidale e eversivo. Irresponsabili politicamente fino al midollo, a cominciare da Alfano. Berlusconi incita all’accordo di governo con il Pd pochi giorni dopo aver detto che sono i soliti pericolosi comunisti e mentre continua ad attaccare i giudici che osano insinuare che lui abbia potuto commettere qualche reato, con tanto di “chiamata alle armi” del cosiddetto popolo della libertà (di chi?).
Se il Pdl vuole dimostrare serietà in un momento difficile per l’Italia come questo dovrebbero mettere da parte definitivamente l’era Berlusconi e strutturare seriamente un partito di stampo europeo, conservatore e moderato ma a matrice liberale e di metodo democratico.
Partito democratico – l’esito delle elezioni non sta insegnando molto al partito guidato da Bersani. Vogliono un dialogo con i 5 Stelle ma alle condizioni del Pd. Un bel modo di dirsi democratici insomma. Ora serve la capacità di trovare punti mediazione con le proposte del Movimento 5 Stelle. Su questo fronte ha perfettamente ragione Matteo Renzi quando dice che Bersani deve aggiungere agli 8 punti quello dell’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Proposta che troverebbe d’accordo i seguaci di Beppe Grillo e quelli di Berlusconi (visto che l’ex premier disse durante la campagna elettorale che come primo provvedimento in Consiglio dei ministri avrebbe tolto i contributi di Stato). D’altronde il 55 per cento degli elettori ha votato liste che hanno detto di volere abolire questi finanziamenti e circa un terzo di chi ha votato alle primarie ha scelto al primo turno un candidato, l’attuale sindaco di Firenze, anche lui dichiaratamente contrario. I dirigenti però sembrano non capire, dicendo a Renzi che in realtà la questione c’è già negli 8 punti. Peccato si parli genericamente di revisione…