Bersani, nonostante il risultato catastrofico di queste elezioni (in cui dovevano smacchiare il giaguaro…) ha tutto il diritto di tentare di formare un governo.
Ma, sapendo che il Movimento 5 Stelle non ha alcuna intenzione di appoggiare o di votare la fiducia a un governo con esponenti di partito, il segretario del Pd avrebbe dovuto comprendere che la via d’uscita doveva essere quella di fare un passo indietro.
Studiare nomi, a partire dal presidente del Consiglio incaricato, che fossero di svolta e in grado di aprire una nuova fase politica. Nomi credibili, indipendenti e spendibili anche agli occhi dei 5 Stelle e di Beppe Grillo per cui votare una fiducia e dare un appoggio esterno sui provvedimenti con cui si è d’accordo sarebbe stato possibile.
Il Movimento 5 Stelle ha comunque un atteggiamento contraddittorio. Loro affermano che l’unico governo possibile è un governo a 5Stelle. Un governo che avrebbe bisogno del sostegno dei partiti in Parlamento, quelli di cui non si fidano e quelli che non appoggerebbero mai perché alla fine non realizzerebbero nulla dei punti dei pentastellati.
Un governo affidato a una forza politica minoritaria. Gli unici che potrebbero ambire a formare un governo sono gli uomini e le donne della coalizione del Pd.
Il rischio è che caduta l’ipotesi Bersani si passi a un governo bipartisan. Un governo che se non elimina lo scontro a prescindere e la difesa di Berlusconi dai suoi problemi per risolvere quelli gravi dell’Italia oppure avvantaggerebbe ancor di più i 5Stelle. Che urlebbero dall’opposizione con soddisfazione di chi poi potrebbe arrivare ad avere la maggioranza alla Camera e al Senato.
Che accadrebbe soprattutto se dovesse (sciaguratamente) rimanere ancora questa porcata di legge elettorale, voluta da Berlusconi, Fini, Casini e la Lega di Calderoli. Ma siamo sicuri che riuscirebbero a rivoltare l’Italia come un pedalino?