BelfagorLa parola nel tempo della chiacchiera

In una situazione così ingarbugliata la parola restituita al suo significato più forte di enunciazione significativa sarebbe una risorsa. In quanti la sprecano! Chi con il turpiloquio, chi con il r...

In una situazione così ingarbugliata la parola restituita al suo significato più forte di enunciazione significativa sarebbe una risorsa. In quanti la sprecano! Chi con il turpiloquio, chi con il ricorso al politichese o sindacalese che sia. E’ un peccato, un vero peccato. Come scriveva nel suo blog Emilia de Rienzo, “mai come oggi il linguaggio è stato così importante e, nello stesso tempo, mai come oggi le parole sembrano lontane dalla loro antica funzione: quella di designare, di descrivere in maniera attendibile uno stato di cose effettivo, reale. Oggi la falsificazione attraverso la parola è diventata pratica comune nel dibattito e nell’azione politica. Le parole fabbricano mondi, fabbricano storie senza che mai possano essere veramente verificate e oggetto di vero dialogo”.

Chiuderei con una citazione che si trovava sempre nel post appena richiamato e che è http://pensareinunaltraluce.blogspot.it/2009/12/parole-che-fanno-cose.html Scrive Salvatore Natoli in Parole della filosofia o dell’arte di meditare (Feltrinelli, Milano 2004, p. 6):

“Le parole, come è noto, sono sapienti di per sé e per questo, ogni volta, prima ancora di pronunciarle bisognerebbe ascoltarle come all’inizio. Infatti, non sono nostre, ma ci sono state donate le abbiamo apprese. Perché non suonino vane è necessario che non se ne perda l’eco profonda, che nel dirle si sia ancora capaci di risentirle quasi a trattenerle per evitare che con il suono ne svanisca anche il senso”.

Più oltre, a pagina 8, lo stesso autore aggiunge:

“Eppure le parole, per contare, dovrebbero avere peso. Ma come, quando, quanto pesano? E perché? Non si può rispondere a queste domande se non ci si mette nelle condizioni di ponderare le parole, di accertare quali significati intenzionano, come si formano i giudizi. Il linguaggio si ammala – Wittgenstein lo aveva perfettamente compreso -; la filosofia dovrebbe esserne la terapia. […] Nel tempo della chiacchiera, in un tempo mai come questo lontano dal silenzio, il lavoro sulle parole è esercizio teoretico ma anche azione morale”.

Si sente tante volte ripetere “fatti, non parole”. Eppure anche le parole contano. E di parole giuste, ben dette, appropriate negli ultimi tempi non ne sono state dette tante. Non rimane che un auspicio: forse l’assordante chiacchiericcio corrisponde a quel rumore che precede la presa della parola. Fosse vero, dormiremmo sonni più tranquilli.

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