BelfagorSe non ora quando: intellettuali cortigiani e spiriti liberi

Quando il pdmenoelle chiama, l'intellettuale risponde. Sempre! In fila per sei con il resto di due”. Così si è espresso Grillo sul suo Blog, e ha aggiunto, citando una nota canzone di Giorgio Gabe...

Quando il pdmenoelle chiama, l’intellettuale risponde. Sempre! In fila per sei con il resto di due”. Così si è espresso Grillo sul suo Blog, e ha aggiunto, citando una nota canzone di Giorgio Gaber: “Gli intellettuali sono razionali, lucidi, imparziali”. Non ancora soddisfatto però, e volendo chiarire meglio di chi o cosa si sta parlando riporta una definizione di intellettuale: “Intellettuale: ‘Persona fornita di una buona cultura o cultore di studi per lo più riconducibili a un moderno valore umanistico’ (Devoto Oli). Come è noto, Grillo reagiva a un appello intitolato “Se non ora quando” e firmato da sei intellettuali (Remo Bodei, Roberta De Monticelli, Tomaso Montanari, Antonio Padoa-Schioppa, Salvatore Settis, Barbara Spinelli). Le parole conclusive del testo in questione erano: Avete detto: «Lo Stato siamo noi». Avete svegliato in Italia una cittadinanza che vuole essere attiva e contare, non più delegando ai partiti tradizionali le proprie aspirazioni. Vale per voi, per noi tutti, la parola con cui questa cittadinanza attiva si è alzata e ha cominciato a camminare, nell’era Berlusconi: «Se non ora, quando?»
Forse qualche anno fa una reazione così irridente non ci sarebbe stata. Forse. Ma è anche vero che gli autori dell’appello non si sono posti il problema di interrogarsi a fondo sulle ragioni di Grillo e dei suoi elettori. Hanno solo tentato di ricondurre la politica del movimento 5 stelle nel solco di una tradizione ideologica altra, e a loro più vicina. Grillo ha voluto sventare la manovra e bene ha fatto dal suo punto di vista.
Ma è proprio questa la funzione dell’intellettuale? Schierarsi con una delle forze in campo e fornirle armi ideologiche o argomenti atti a persuadere un concorrente o il pubblico? Più che Gramsci qui ci è di aiuto Sartre quando definisce l’intellettuale lo specialista dell’universale. Qualcuno che ragiona sul senso delle cose e del mondo, sul destino degli uomini e su temi tanto vasti quanto decisivi per ognuno di noi. Tutti o molti tentano di farlo, aveva ragione Gramsci nel sostenere che “tutti gli uomini sono intellettuali […]; ma non tutti gli uomini hanno nella società la funzione di intellettuali.” (Quaderni, Torino 1977, pag. 1516). Già, colui che pensa per mestiere è diverso da colui che occasionalmente sviluppa qualche riflessione. E poi l’intellettuale trae la sua autorevolezza dalla competenza acquisita in un campo del sapere o dall’abilità dimostrata sul terreno della creazione artistica. Questo lo rende capace e degno di agire per gli altri, di guidare gli altri? Non è detto. Se un intellettuale sia rappresentativo o no, se possa o no assumere il ruolo di un dirigente non sono punti sui quali ci si possa pronunciare una volta per tutte e in linea di principio. La rappresentatività va verificata, il peso nel rapporto con l’opinione pubblica ci può essere come non essere. O può essere scarso.
E allora a che servono gli intellettuali? Tutti insieme, è difficile dire. Perché ci sono intellettuali di vari tipi. L’intellettuale cortigiano serve a sostenere le ragioni per quanto deboli o cavillose di una parte. Non è molto diverso in questo dall’avvocato che è tenuto sempre a difendere il suo cliente. E’ pensabile un intellettuale libero? E’ pensabile uno spirito libero che non sia infeudato a una fazione o a una setta, e neppure alla dirigenza di un partito. Non per questo sarà libero da ogni riferimento a ideali o valori. Interpretare degnamente una visione del mondo senza ridurla a pretesto per il sostegno alle ambizioni di politici senza respiro e senza vera grandezza: a questo potrebbero servire ancora gli intellettuali nel senso più alto del termine. Se ne trovano tanti in giro? No, sono una categoria piuttosto rara. Storicamente non sono mai stati troppo numerosi, è vero.
Alla fine, però, i veri intellettuali sono come i veri poeti. Sono molto rari e perciò tanto più preziosi. Dicono parole che sono destinate a restare e che possono alimentare un dialogo a distanza con tante persone riflessive del loro tempo e spesso anche di epoche successive. Hanno un tratto distintivo inconfondibile nel rapporto con il potere. Una società quale che essa sia tende sempre a darsi un governo. E di questo gli spiriti liberi sono consapevoli, ma essi restano liberi ugualmente perché prefigurano con la loro opera un governo migliore e non si preoccupano tanto di identificarsi con il potere esistente, se si eccettua qualche momento di eventuale contiguità. E’ stato così per Platone, Spinoza, Rousseau, tra gli altri, e questo fa sperare che la serie non si sia esaurita con loro e con altri simili di epoche più recenti.