Nel mirinoThe talented Mister Brodie

From A Period of Juvenile Prosperity © Mike Brodie, Courtesy Yossi Milo Gallery, New York Quando ho visto le immagini di Mike Brodie che compongono oggi il libro A Period of Juvenile Prosperity so...

From A Period of Juvenile Prosperity © Mike Brodie, Courtesy Yossi Milo Gallery, New York

Quando ho visto le immagini di Mike Brodie che compongono oggi il libro A Period of Juvenile Prosperity sono rimasta stupefatta dalla loro forza, crudezza, sincerità.

A Period of Juvenile Prosperity è il frutto di un viaggio durato oltre 4 anni e 80.000 km saltando sui treni attraverso l’America con un gruppo di amici outsiders, rigorosamente e ossessivamente documentato.

Penso a quanto disse Edward Steichen prima di morire “La missione della fotografia è quella di spiegare l’uomo all’uomo e ogni uomo a se stesso. E non è una missione da niente”.

From A Period of Juvenile Prosperity © Mike Brodie, Courtesy Yossi Milo Gallery, New York

Ecco, lo sguardo di Brodie ci accompagna nella sua realtà quotidiana eliminando grazie alla sua schiettezza ogni distanza tra noi e il suo mondo, catapultandoci con forza in una subcultura fatta di piercing, tatuaggi, macchie di mestruazioni sulle mutande, capelli sporchi ma anche idealismo, senso di libertà, impudenza.

Osservandole si crea un cortocircuito temporale fra i toni di una certa fotografia anni ’70 e la modernità dei soggetti ritratti, la sua è una post Beat Generation dove ritroviamo un po’ di Ryan McGinley ma anche – appunto – di Jack Kerouac, e credo che se A Period of Juvenile Prosperity fosse un film sarebbe Stand by me meets Into the wild.

From A Period of Juvenile Prosperity © Mike Brodie, Courtesy Yossi Milo Gallery, New York

Ho fatto qualche domanda a Mike per Vogue.it, il cui lavoro è in mostra alla galleria Yossi Milo di New York fino al 6 aprile.

Come mai hai deciso di dare così ampio spazio a fotografare i viaggi intrapresi con amici?

“Non saprei, a volte mi vengono in mente certe idee che inizio a realizzare in maniera ossessiva finché diventano quasi una tortura, poi passo a qualcosa altro. Al momento l’obiettivo è dare più coerenza e uniformità alla mia vita”.

From A Period of Juvenile Prosperity © Mike Brodie, Courtesy Yossi Milo Gallery, New York

Cosa vuol dire per te dare più coerenza alla tua vita?

“Vivere nello stesso posto, vedere le stesse persone e fare lo stesso lavoro, giorno dopo giorno, per almeno 5 anni”.

Continuerai a fotografare?

“Si, mi piacerebbe. Ho almeno 500$ di rullini che stanno marcendo nel frigo. Vorrei fotografare i macchinari”.

From A Period of Juvenile Prosperity © Mike Brodie, Courtesy Yossi Milo Gallery, New York

Cosa ti spinge a viaggiare? Eri forse alla ricerca di qualcosa?

“No, mi piaceva viaggiare in treno. Avevo una mappa che utilizzavo per documentare ogni singolo viaggio. Amo le mappe ferroviarie e studiare il sistema ferroviario; era semplicemente un hobby da “sfigato” invece la gente a cui ne parlavo pensava fosse davvero “cool”. Forse ero semplicemente alla ricerca di un modo per passare il tempo, o forse di una ragazza o di un posto per sistemarmi…”.

From A Period of Juvenile Prosperity © Mike Brodie, Courtesy Yossi Milo Gallery, New York

C’è un fotografo che ammiri in particolare?

“Non direi uno in particolare ma, ovviamente, sono sicuro di essermi ispirato a tanti artisti. D’altronde, se non avessi mai osservato foto, come potrei essere in grado di capire se una foto è venuta bene o no? Penso di esser stato maggiormente ossessionato dalle composizioni fotografiche di Mary Ellen Marks”.

From A Period of Juvenile Prosperity © Mike Brodie, Courtesy Yossi Milo Gallery, New York

Quando, secondo te, una foto diventa arte?

“Beh, una foto incorniciata in una bella cornice in una galleria d’arte con un pubblico di circa 200 persone che la osserva con sguardo fisso è piuttosto artistica! Ah, ah. In realtà, secondo me è già arte quando osservo i negativi contro la luce del sole per controllare alcune foto che ho appena sviluppato. Mi sembra arte già in quel momento”.

From A Period of Juvenile Prosperity © Mike Brodie, Courtesy Yossi Milo Gallery, New York

A cosa pensi mentre trovi l’inquadratura giusta per scattare una foto?

“A niente, non appena inizio a pensare cerco immediatamente di distrarre la mente”.

Cosa cerchi in un’immagine?

“Ad essere sincero non sono mai riuscito a darmi una risposta; c’è semplicemente qualcosa dentro di te che ti spinge a scattare proprio quella foto, proprio in quel momento. Assecondo semplicemente quella sensazione. Detto questo sono sempre alla ricerca di zone di luce all’interno dell’oscurità, come nella copertina del mio libro: eravamo all’ombra, eppure la luce del sole rimbalzava dappertutto in quanto i muri erano di alluminio”.

From A Period of Juvenile Prosperity © Mike Brodie, Courtesy Yossi Milo Gallery, New York

Cosa pensi della singola immagine che diventa iconica rispetto ad una serie di immagini?

“Mi piace la singola immagine iconica in quanto, se è un bel lavoro, si possono rintracciare tante altre foto all’interno di una singola immagine, quindi la si può guardare a lungo e scoprirne tutti gli elementi tra il primo piano e lo sfondo”.

Che macchina fotografica usi?

“Una Nikon F3

”.

From A Period of Juvenile Prosperity © Mike Brodie, Courtesy Yossi Milo Gallery, New York

Lavori all’editing da solo? Parlaci di cosa accade nella fase di editing.

“Si, inizio lavorandoci da solo poi prendo in considerazione l’opinione di amici e a volte anche di persone estranee ai personaggi dell’immagine e non particolarmente specializzate. La fase di editing consiste nel fare una scansione digitale di OGNUNA delle immagini, quindi le riesamino e scelgo quelle venute bene. Poi le ri-osservo ad un anno o più di distanza; questo è, per me, l’aspetto più appagante della fotografia”.

From A Period of Juvenile Prosperity © Mike Brodie, Courtesy Yossi Milo Gallery, New York

Nelle tue foto mi pare di vedere film americani, quali Stand by Me – Ricordo di un’estate o di leggere le parole di Jack Kerouac, è corretta questa mia sensazione?

“Certamente corretta, che complimento! La materializzazione dell’americanità. Sarebbe un onore essere associato ai nomi che hai citato”.

From A Period of Juvenile Prosperity © Mike Brodie, Courtesy Yossi Milo Gallery, New York

Come mai hai deciso di condividere le foto dei tuoi viaggi online? Quale reazione ti auguravi di suscitare in chi le guarda?

“So come creare un sito web quindi mi sono detto, perché no, proviamo a pubblicare qui le foto. È diventato uno sfogo per la mia creatività ed è stato fantastico attirare interesse e ricevere commenti positivi da persone di tutto il mondo. Non avevo alcuno scopo in particolare, volevo poter condividere la mia arte e pubblicare le foto online era un modo – anche per me – di poterle guardare. C’è stato un momento in cui avevo un sito ma nessuno poteva vedere le foto oltre a me, si è trattato solo di trovare un modo di riorganizzare le foto e i miei pensieri”.

From A Period of Juvenile Prosperity © Mike Brodie, Courtesy Yossi Milo Gallery, New York

Sei stato scoperto online. Cosa pensi dell’impatto dei social media sulle fotografia?

“Suppongo che abbia avuto un impatto devastante sulla fotografia in quanto forma d’arte ma, allo stesso tempo, non posso negare il fatto che piattaforme quali Instagram siano fantastiche e rendono la gente contenta, quindi chi se ne importa!”.

From A Period of Juvenile Prosperity © Mike Brodie, Courtesy Yossi Milo Gallery, New York

ENGLISH TEXT

When I first saw Mike Brodie’s images from the book A Period of Juvenile Prosperity I was startled by how powerful, blunt and frank they are.

“A Period of Juvenile Prosperity” is the result of a journey covering a span of 4 years and a distance of 80.000 km jumping on trains across the US with a group of “outsider” friends, all rigorously and obsessively recorded.

I think about what Edward Steichen said before passing away: “The mission of photography is to explain man to man and each to himself. And that is the most complicated thing on earth”.

Precisely so. Brodie’s insight takes us into his day-to-day eliminating, by way of his straightforwardness, the distance between ourselves and his world propelling us with vigour into the universe of a sub-culture typified by piercing, tattoos, period blood stains on panties and greasy hair but also idealism, freedom and boldness.

While observing the images, a mental connection is triggered which links the undertone of some photography from the 70’s to the modernity of the subjects portrayed; Mike Brodie’s works are post Beat Generation, they cite a little Ryan McGinley as well as – clearly – Jack Kerouac and I believe that, if A Period of Juvenile Prosperity were a movie, it would be Stand by me meets Into the wild.

I asked a few questions to Mike whose works will be on display at Yossi Milo gallery in New York until April 6th.

Why did you decide to photograph your trips with your friends so extensively?

“I don’t know, I just get these ideas in my head and I have to do them to the point it almost kills me, then I move on to the next thing, currently, I’m looking for a little more consistency in life.”

What is a consistent life for you?

“Living in the same place, seeing the same people, and doing the same job, day in, day out, for at least 5 years.”

Are you going to continue photographing?

“Yes I would love to continue photographing. I have $500 in Kodak film rotting in my fridge. I want to photograph machines.”

What is the main reason behind this trips? Were you in search for something?

“I just loved riding trains. I had a map that I used to record every single ride, I love rail maps and studying the rail system, it was just a dorky hobby but everyone thought I was so “COOL”. I think I was just searching for a good time? Maybe a girl? A place to settle down?”

Do you admire any photographer in particular?

“Not really, but naturally I’m sure I drew tons of inspiration from other artists, I mean if I never looked at a photo how would I know what a “good photo” was? I think I obsessed over the composition of Mary Ellen Marks photos the most.”

When does a picture become art to you?

“It looks pretty artistic in a nice frame in an art gallery with 200 people staring at! Haha, but really I think it’s art when I shine the sunlight through the negative to check out some photos I just developed, I think it feels like art right then.”

What goes through your mind when you are framing a shot?

“Nothing really, once I start thinking then I talk myself out of it.”

What do you look for in an image?

“Could never figure that out really, something inside would just say, get a photo of this! So I would just go for it. I was always searching for really bright areas within darkness, like the cover photo of my book, we were in the shade but the sun was bouncing all around because the walls were aluminum.”

What do you think of single iconic pictures vs a series?

“I like the single iconic picture, in a good photo, you can find a lot of photos within it, so you can look at it for longer, a lot of elements between the foreground and background.”

Which camera do you use?

“A Nikon F3.”

Do you edit alone? Can you talk me through your editing process?

“Yes initially I edit alone then I get input from friends, and sometimes outsiders who don’t know anyone in the photos and aren’t too familiar with the lifestyle. The editing process involves digitally scanning EVERY image than going back and picking out the good ones, then looking at them a year or so later, this is the most satisfying part of photography for me.”

In your pictures I see american movies like Stand By Me and I feel like reading Jack Kerouac, do you think is the case?

“Definately, what a compliment, that’s classic Americana right there! I would be honored to join the ranks.”Why did you decide to share your travel picture online? What kind of reaction were you hoping to trigger in the viewers?

“Well I knew how to make a website so I thought, what the hell, I should post these photos. It became my creative outlet, it was great to get a little attention and some positive feedback from people all over the world. I had no intention I just want to share my art, putting them online was a way for me to look at them too. There was one point where I had a website but nobody could look at it except me, I just needed a way to organize my photos and thoughts.”

You were discovered online. What do you think is the impact of social media on photography?

“I suppose it’s had a very terrible impact on it as an art form, but there’s no denying, things like Instagram are awesome and make people happy so who cares!”

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