Little Light LabViva la Giornata della Donna Lavoratrice!

Sono terribile con tutte le date e ricorrenze: io oramai lo so e quelli che mi vogliono pure. Mi ricordo del Natale una settimana prima e dell’anniversario di matrimonio il giorno dopo. San Valenti...

Sono terribile con tutte le date e ricorrenze: io oramai lo so e quelli che mi vogliono pure. Mi ricordo del Natale una settimana prima e dell’anniversario di matrimonio il giorno dopo. San Valentino chiaramente non esiste e la festa della donna non mi piace. Il problema non è solo che non amo ricevere fiori e nessuna pianta è mai sopravvissuta con me oltre una settimana. C’è altro.

La festa della donna (inizialmente stabilita per il 28 febbraio e pensata come giornata della donna lavoratrice) ha le sue origini nel 1909, quando il Partito Socialista americano indice la prima e ufficiale giornata nazionale della donna per celebrare la forza ed il coraggio delle donne lavoratrici, appoggiare le loro battaglie e manifestare in favore del suffragio femminile. Si trattava, insomma, di una festa socialista, intendendo per socialismo quella dottrina politica ed economica che si proponeva di lottare per il miglioramento delle condizioni di vita delle masse, con un’attenzione speciale per le masse operaie. Nulla a che vedere, dunque, con la Milano da bere, gli inviti ai cittadini ad “andare al mare” e quello che Gaber definiva giustamente il peggior Partito Socialista d’Europa. Ma questa è un’altra storia.

Tornando a noi, le socialiste americane volevano celebrare le donne nella loro dimensione storica, sociale, economica e soprattutto politica. In realtà, poi, più che le donne, volevano ricordare i successi ed i fallimenti delle lotte femministe per la parità tra i sessi e costringere i loro compagni di partito prima e concittadini poi ad un confronto aperto su temi difficili. Non è difficile capire perché una giornata della donna così non facesse comodo a tutti.

Ecco dunque che negli anni la celebrazione si svuota dalla sua identità per edulcorarsi ed evolversi in una celebrazione degli stereotipi più tradizionali (e anti-femministi) della femminilità. Le donne di cui si parla l’8 Marzo sono esseri fragili (non sono le mimose le più effimere tra i fiori?), infinitamente dolci e altrettanto instabili emozionalmente (la dice lunga su questo l’accoppiata donna-cioccolatino). Donne che vogliono sentirsi coccolate, amate e “speciali” per gli uomini, almeno un giorno l’anno.

C’è un problema, però. Noi non siamo “speciali”: siamo anzi comunissime. Rappresentiamo il 50% della popolazione e le madri dell’altro 50%. Cari uomini, guardatevi intorno: ci sono donne dappertutto. Avete veramente bisogno dell’8 Marzo per ricordarvi che le donne esistono? Care donne, cosa c’entrano i fiori con il sentirsi speciali e perché riversarsi nei ristoranti tutte insieme proprio oggi, come carcerarti nell’unico giorno di libera uscita? In che modo una festa basata su cioccolatini, mimose e la rappresentazione della donna come essere debole e spesso vittimizzato dagli uomini può portarci più vicino al raggiungimento della parità?

Per tornare ad essere rilevante e persino rivoluzionaria, la festa della donna dovrebbe recuperare la sua dimensione femminista (definendo il femminismo per quello che è, cioè la dottrina dell’uguaglianza sociale, politica ed economica dei sessi). L’8 Marzo non si dovrebbero celebrare dunque le donne in quanto tali (perché non vuol dire nulla), ma le conquiste fatte e ricordare le lotte ancora da fare per le pari opportunità. Magari sarebbe un giorno un po’ più controverso, ma sicuramente avrebbe maggiori possibilità avere un reale impatto sociale e politico.

Nel frattempo, chiederò a mio marito di astenersi anche quest’anno dal comprarmi dei fiori o del cioccolato (nonostante le pressioni dei colleghi) e di portare a casa invece le brioche per la colazione del weekend, non perché è la festa della donna, ma perché glielo chiedo tutti i venerdì, e stavolta, vedendosi svergognato sul web, spero se ne ricordi.

(Immagine prodotta da: http://comunicazionedigenere.wordpress.com/2013/03/07/tenetevi-le-mimose-vogliamo/)