Quale filo lega Cia, Sismi, Digos e Ros nel caso Pollari? Abu Omar è davvero il “doppiogiochista” di cui parla anche Dagospia? Secondo Annalisa Chirico, si.
A dieci anni dalla cattura dell’imam egiziano a Milano, ecco la prima ricostruzione che fa luce sulle ombre di un gigantesco caso politico, giudiziario e diplomatico. “Segreto di Stato. Il caso Nicolò Pollari” è una lettura scorrevole quanto un romanzo e ben documentata quanto un’inchiesta. Una lettura che apre molti interrogativi su questioni cruciali per la sicurezza e la democrazia in Italia. Per raccontarvi il libro, con prefazione di Edward Luttwak, abbiamo intervistato l’autrice.
Perché hai scritto questo ebook?
Perché non mi accontento mai della prima risposta. Del caso Abu Omar è stata data in questi anni una lettura a senso unico, con poche ed isolate eccezioni. Io ho seguito la pista alternativa, ho raccolto carte seppellite nei faldoni giudiziari, interviste e documenti inediti. Forse, ma non posso asserirlo con certezza, la ricostruzione meno “scontata” è quella di cui sono ben al corrente i massimi vertici dell’esecutivo e dei servizi segreti non solo italiani.
Che idea ti sei fatta su Abu Omar?
E’ un uomo su cui si addensano più ombre che luci. Dalle mie carte risulta che è stato un informatore della Cia. Dai servizi segreti albanesi si apprende che Abu Omar ha lavorato anche per loro. I rapporti con il Mukhabarat (i servizi segreti egiziani, ndr) sono ugualmente opachi, Abu Omar entra ed esce dalle carceri egiziane con particolare disinvoltura, addirittura sulla promessa del silenzio. Il tutto dopo efferate torture, s’intende. Torture che egli descrive doviziosamente nella richiesta d’asilo all’Italia nel 1999, e che poi ritornano secondo le stesse modalità dopo il 2003. A un anno dalla cattura nel centro di Milano l’egiziano dichiara alla moglie che lo avrebbero dovuto trattenere soltanto un mese, ma poi è sorto un “piccolo problema”. In questi anni ci hanno fatto credere che si trattasse di una operazione di rendition, una delle tante messe a segno dalla Cia sul territorio europeo. Ma Abu Omar, a mio avviso, non rientra nell’identikit del terrorista puro e semplice.
E allora cosa si cela dietro il rapimento di quel 17 febbraio?
Dalla mia ricostruzione emerge che quella del 17 febbraio 2003 fu un’operazione volta al reinserimento di Abu Omar nella rete informativa egiziana (siamo ancora ai tempi di Mubarak alleato americano nel Medioriente). Un modo per mettere al sicuro quello che la Cia riteneva essere un prezioso informatore. Ci sono diversi elementi a suffragare tale ipotesi mai portata in un’aula di tribunale.
Che cosa pensi invece di Nicolò Pollari?
Penso che sia un servitore dello Stato, che lo Stato ha servito in un modo insolito. Sette anni di processi senza diritto di difesa, è una cosa che non capita neppure in Sudamerica. Di fatto il segreto di Stato, apposto e confermato da tre governi, gli ha impedito di difendersi. Del Sismi da lui diretto si è detto sin troppo. Resta però un fatto: mentre le bombe scoppiavano a Madrid e a Londra, in Italia non è avvenuto nulla di simile. Non perché non abbiano tentato.
Cos’è che Pollari non può dire, ma che lo scagionerebbe?
Pollari non può svelare la materia coperta dal segreto di Stato. Egli asserisce che così uscirebbe dal processo in tre minuti. Si tratta di aspetti riguardanti gli interna corporis dei servizi italiani e i rapporti tra Italia e Cia. E’ mia opinione che ci siano in ballo accordi intergovernativi tra Italia e Usa, che toccano anche la cooperazione tra i rispettivi servizi. Non dobbiamo dimenticare che il fatto che l’Italia non abbia collaborato con la Cia in quella operazione, non significa che non lo abbia mai fatto precedentemente o successivamente. Lo stesso Pollari precisa sempre di parlare per il Sismi da lui diretto. Qualcosa vorrà pur dire.
Parli di “sviste” della Procura di Milano. Come le spieghi?
Prima dell’arrivo di Spataro e Pomarici, ci sono “sviste” ed errori, come quello relativo alla data per l’acquisizione dei tabulati telefonici nella zona del prelevamento. Nella prima fase la Procura ha ritardato le indagini, è un dato di fatto.
Nel tuo ebook alludi ad una certa disinvoltura con cui la Cia agisce in Italia. Che idea ti sei fatta?
Il commando Cia, non essendo composto da dilettanti allo sbaraglio, sapeva di poter contare su una copertura italiana. Ma poi qualcosa è andato storto. Ricordo che la Digos sospende inspiegabilmente i pedinamenti dell’egiziano nel momento in cui comincia la fase preparatoria della cattura. Sarà un caso?
Nei rapporti con i servizi americani contano di più Digos e Ros o il Sismi?
Se prendiamo in considerazione le testimonianze nel processo e i tabulati telefonici, non c’è dubbio che Digos e Ros intrattengano una collaborazione strettissima, e alquanto irrituale, con l’intelligence americana. Un appartenente della Digos nel 2002 si reca a Guantanamo a intervistare alcuni detenuti in assenza dell’avvocato.
Che rischi derivano da simili rapporti?
I rapporti tra servizi di intelligence sono cosa diversa dai rapporti tra forze di polizia e intelligence straniera. Se ti fai prestare dagli 007 americani strumentazioni, microspie e interpreti, come emerge dalla mia inchiesta, il rischio di essere penetrato è oggettivo.
Pensi che l’azione della Procura abbia interferito con qualcosa di più grosso?
Chiamare alla sbarra appartenenti dei servizi segreti di due Paesi, squadernando nomi e numeri di telefono, ha smantellato un’intera rete informativa, con grave danno per la sicurezza dei cittadini italiani e americani. C’è poi la ferita nei rapporti bilaterali, cui Napolitano ha cercato sapientemente di rimediare con la grazia al colonnello Romano. Credo che la crociata per i diritti umani andrebbe condotta nelle piazze, non nei tribunali, dove invece i magistrati dovrebbero limitarsi ad applicare la legge, anche quando questa comporti, come nel caso del segreto di Stato, una limitazione oggettiva del loro perimetro d’azione.
A che cosa ti riferisci?
La Corte costituzionale ha chiarito che la materia coperta dal segreto di Stato non può essere soggetta ad attività giurisdizionale, ma esclusivamente al controllo parlamentare. A mio avviso, a un certo punto del processo si è innescato un braccio di ferro tra i magistrati e gli esecutivi in carica, a colpi di conflitti di attribuzione. Mentre alcuni funzionari pubblici, tra cui Pollari, erano alla sbarra per fatti rispetto ai quali lo stesso governo aveva ordinato di non parlare.
Ultima domanda. Credi sia giusto coprire col segreto materie riguardanti affari di stato?
Non esiste un diritto assoluto alla conoscenza. Ci sono ragioni di Stato e materie rese non conoscibili al fine di tutelare la sicurezza dei Paesi e delle persone che lavorano sul campo. La diplomazia non può essere per definizione “trasparente”. E la perfezione non è di questo mondo.
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