Alitalia si prepara alla riorganizzazione del funzionamento del suo hub di Roma Fiumicino che partirà alla fine di ottobre, quando insieme all’ora solare tornerà la stagione invernale dell’aviazione.
Saranno fortemente ridotti, pare da 25 a solo 6, i cosiddetti night stop e di conseguenza verranno posticipati i voli intercontinentali del mattino. Attualmente 25 aerei “dormono” in aeroporti diversi da Fiumicino, pronti per tornare a Roma al mattino il più presto possibile, sia per servire la domanda locale verso la capitale, sia per consentire il transito sui voli diretti in USA, Canada, Venezuela e qualche capitale del sud del Mediterraneo, nonché per i sempre più rari passeggeri che volano tra un aeroporto d’Italia e l’altro cambiando aereo a Roma.
Pare che rimarranno night stop e dunque voli al mattino presto verso Roma e la sera tardi da Roma soltanto da Torino, Milano, Venezia, Napoli e Catania, dove cioè Alitalia ha delle basi secondarie ed equipaggi che vivono lì, insomma dove non deve pagare onerose spese di trasferta, alberghi e ristoranti.
Difficilmente questi passeggeri potrebbero servirsi delle linee aeree low cost, per cui il night stop è una costosa eccezione alla regola, salvo che il loro aeroporto di casa non sia appunto base di una low cost, che senza dubbio si avvantaggerebbe della piccola ritirata di Alitalia.
Il sistema di hub & spoke in Europa è messo in crisi dal cattivo andamento dell’economia e dall’inarrestabile espansione delle low cost, regge bene dove la loro concorrenza è meno forte, dove l’hub ha una dimensione rilevante e c’è un’alta percentuale di traffico pregiato, attento non solo al risparmio.
In Italia la penetrazione delle low cost è alta e crescente, il traffico pregiato soffre del desiderio delle aziende di risparmiare anche sui voli e soprattutto l’hub di Alitalia a Roma è piccolo, con un numero di aerei per i voli intercontinentali inferiore a quello con cui Swiss a Zurigo serve un Paese che ha meno abitanti della sola Lombardia. Il sistema funzionerebbe bene se orde di passeggeri si riversassero quotidianamente su Roma dagli aeroporti europei e da lì ripartissero per una miriade di destinazioni del mondo, come accade invece nell’hub di Turkish a Istanbul, cresciuto quasi dal nulla negli ultimi anni, in cui invece Alitalia pare essersi rassegnata al nanismo.
Il passeggero che arriva a Roma trova pochi voli intercontinentali di Alitalia ad attenderlo e per molte destinazioni fondamentali, da Pechino a Johannesburg, da Bombay a Singapore, da Bangkok a Lima, dovrà rivolgersi altrove, con Alitalia stessa che lo indirizza a Parigi per volare con Air France e ad Amsterdam per volare con KLM.
Va da sé che a controbilanciare il costo del night stop possa essere più che altro la clientela che a Roma troverebbe i voli che desidera e quei voli purtroppo sono pochi, interessano perciò a pochi e i conti non tornano. Meglio dunque ridurre al minimo i night stop e ritardare d’un paio d’ore quei pochi voli intercontinentali. Si partirà più tardi da Palermo per Roma, ma anche da Roma per Toronto, c’è però il rischio di perdere il passeggero che a Toronto vuole arrivare presto, magari perché da là deve ulteriormente volare per Calgary o Ottawa. Soprattutto si rischia di mettere una pietra tombale sull’ipotesi di una crescita futura, perché tornare al sistema di night stop che hanno tutti i grandi vettori tradizionali, scombussolando una seconda volta il proprio mercato, è impensabile.
Condizionata da una dimensione troppo piccola a cui l’hanno inchiodata la storia passata, una discutibile privatizzazione di Berlusconi, soci non disposti a versare un euro un per la crescita (del resto hanno perso quasi tutto quello che avevano investito) ed Air France che preferisce naturalmente gestirsi i passeggeri in proprio, la riorganizzazione che Alitalia indica curiosamente come rehubbing a me pare piuttosto un moderato dehubbing, che prosaicamente prende atto della realtà e cerca di salvare il salvabile, mettendo Alitalia alla cappa nella tempesta con l’obiettivo di ridurre i costi e prolungare così la vita di quello che le è rimasto in cassa e viene eroso dalle perdite giorno per giorno.
Sia chiaro, con l’eccezione forse di British Airways non se la passa bene nessuna delle linee aeree tradizionali europee, strette fra le low cost che offrono voli partendo da costi non paragonabili, i vettori mediorientali in piena crescita e quelli nordamericani che hanno ritrovato forza dopo che in pratica la concentrazione ha portato a tre quelli presenti sul mercato intercontinentale nordatlantico, vastissimo ma condannato ai bassi margini che impone la più che libera concorrenza.
Alitalia è un piccolo vaso di coccio mal sopravvissuto a decenni di gestione pubblica incosciente, troppo piccola per giocare al gioco del piantare le proprie bandierine nel mondo. Questa riorganizzazione fa di necessità virtù, ma sarebbe illusorio credere che il risparmio di costi previsto, indicato in 30 milioni annui da Milano Finanza, non comporti anche una riduzione dei ricavi.
Alitalia crede che, rinunciando in pratica all’ambizione di attirare passeggeri in transito dalla UE e limitandosi a quelli italiani, tunisini, albanesi e poco più, peggiorando l’offerta per chi dall’Italia va a Roma per lavoro in giornata, riuscirà però a servire meglio chi invece da Roma vola per affari in giornata a Genova, Trieste, Bari, Palermo etc.
Molti ritengono al contrario che chi da Roma vola di primo mattino non arrivi nemmeno alla metà di chi invece a Roma viene per sbrigare i propri affari tra Enti e Ministeri, dunque che i primi voli da Fiumicino saranno semivuoti e che la perdita di ricavi vanificherà il risparmio nei costi.
A Milano non cambierà nulla, pare, ma allora si verificherà il paradosso per cui da Palermo e Bari Alitalia continuerà sì a decollare al mattino presto, ma non verso il suo hub intercontinentale di Roma Fiumicino, bensì verso Linate.
Alitalia, una volta definita come troppo piccola per essere grande e troppo grande per essere una piccola linea aerea, pare incamminarsi verso un ibrido per cui sarà anche troppo low cost per essere un vettore tradizionale e troppo vettore tradizionale per essere una low cost, in un contesto economico che sembra invece premiare chi nei due campi ha fatto una scelta netta e puntato sulle economie di scala.
Non so che cos’altro potrebbe inventarsi il management di Alitalia, la palla è ora allo Stato, che pigramente e colpevolmente lascia l’aviazione italiana allo sbando, rifuggendo dalle misure necessarie, ma dolorose. Si sappia che il tempo utile, se ne è rimasto, è poco.
CETERVM CENSEO LINATE ESSE DELENDAM
Twitter: @marcogiovMG