Cambiare la legge elettorale: l’eterna urgenza italiana

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Scopriremo molto probabilmente a breve di vivere in un Paese incostituzionale. Il sistema elettorale che ha accompagnato le ultime tre legislature (compresa la presente) presenta profondi vizi di legittimità costituzionale: per l’alto premio di maggioranza e per le liste bloccate. Ok, lo sapevamo. Ma leggerlo in modo ufficiale nel rinvio della Cassazione alla Corte Costituzionale fa male.

Una situazione imbarazzante dalla quale emerge forte il rischio che un intero sistema politico e istituzionale viva fuori della legittimità costituzionale. Di più: un sistema politico che negli anni recenti ha più di una volta interdetto o intercettato il desiderio popolare di cambiare il sistema elettorale, anche quando i referendum per l’abrogazione del Porcellum sembravano ad un passo dal successo.

Proprio in questi giorni è stato depositato in Cassazione il testo di un nuovo disegno di legge di iniziativa popolare per l’introduzione dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica, il passaggio ad un sistema elettorale maggioritario a doppio turno, la riduzione del numero dei parlamentari.

Questa pare, oggi, la soluzione più sensata e adatta al momento storico. Capace di dare una risposta – insieme popolare ed istituzionale – ad una duplice deriva: quella oligarchica, da una parte, e quella populista dall’altra. Serve un’azione dal basso per aiutare una democrazia nuovamente bloccata ad evolvere verso la maturità. Servono istituzioni capaci di assumere decisioni, ma obbligate a renderne conto.

Anche per questi motivi, resta aperto il tema dei contrappesi costituzionali speculari al rafforzamento dei poteri dell’esecutivo. In parte, tali contrappesi sono costituiti dagli spazi aperti alla partecipazione civica dalla norma costituzionale sulla sussidiarietà e dalla nuova legislazione sulla trasparenza e gli open data. Ma sappiamo per esperienza diretta che potrebbero non bastare: il potere politico sa come adattarsi ai nuovi contenitori. E sa come sfuggire alle tenaglie della responsabilità.

@vittorioferla

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