Il cantiere in questione è quello della Salerno-Reggio Calabria, e a esprimere il concetto illustrato nel titolo è Antonio Ciappina, ritenuto dalla procura di Reggio Calabria uno degli estorsori di primo piano delle cosche calabresi.
Arrestato nel 2010 nel corso dell’operazione ‘Cosa Mia‘, Ciappina da dietro le sbarre, secondo gli inquirenti, coordinava comunque gli investimenti: la consorteria mafiosa, cioè la cosca Gallico di Palmi e altri familiari si erano trasferiti nella Bassa Bergamasca anche per investire i soldi guadagnati tramite il pizzo, che veniva imposto alle aziende impegnate sui cantieri dell’autostrada: circa il 3% degli incassi dovuti ad appalti e subappalti dovevano finire alla cosca di riferimento.
Nel giro di due giorni la polizia ha sequestrato prima l’azienda Diana Pallet, risultata di proprietà dello stesso Ciappina e operante nel commercio all’ingrosso di legname, e poi il negozio «Outlet della frutta» di Mozzanica, Bergamo, nella disponibilità della moglie di Ciappina.
La Diana Pallet sarebbe stata addirittura ‘ereditata‘ da quest’ultimo: la società, sospettano gli inquirenti, avrebbe raccolto il testimone dal lavoro di Matteo Gramuglia, anch’egli arrestato nel 2010. Gramuglia, scrivono gli investigatori, reinvestiva da almeno 20 anni nel trasporto e nel commercio di legname, modificando poi la ragione sociale di una serie di aziende per garantirsi gli affari sulla Salerno-Reggio Calabria.
«I bei soldi dei cantieri li portiamo su al Nord, puliti puliti. Io l’ho detto che la cosa migliore è far sparire il denaro. Su ci sono tanti negozi…», e a pensarla come Ciappina intercettato al telefono dagli investigatori dell’antimafia, tra le fila della criminalità organizzata, sempre più un giacca e cravatta, sono davvero in tanti.