Parole con la punta
“Le parole sono importanti” diceva perentorio Nanni Moretti a una giovane giornalista troppo ansiosa di dimostrare il suo valore. Ultimamente però la sensazione diffusa è che si sia persa la capacità di usarle. Si dicono parole a vanvera, a voce troppo alta, ma soprattutto vengono facilmente sostituite con parolacce e insulti. Soprattutto in politica e in tv: pensiamo ai vaffanculo di Grillo, ai furiosi litigi nei talk show o in una qualunque puntata di “Uomini e donne”, ai giudizi scanditi dalle imprecazioni cariche di disprezzo che hanno fatto la fortuna degli chef in alcuni programmi di cucina.
Come se, invece di significare qualcosa, le parole fossero diventate solo un’arma per aggredire e annientare l’interlocutore. Ed ecco tutte quelle espressioni sprezzanti grevi e liberatorie usate come se potessero riassumere un po’ tutto, ma che in verità non riassumono un bel niente, se non l’avversione per chi la pensa diversamente.
Durante l’ultima puntata di Anno zero in un servizio sui disordini di Brescia il microfono del giornalista non ci restituiva un concetto né una frase che contenesse qualcosa. Solo volgarità urlate con rabbia, a muso duro da giovani e vecchi, da ragazzi e ragazze e da signori e signore, in un tutti contro tutti che, spingendosi ben oltre il prevedibile terreno del grottesco, è apparso vuoto e triste.
Però bisogna ammetterlo: nella medesima puntata del programma di Santoro c’era una Santanchè inedita, lontana anni luce da quella che sbraitava urlando un po’ come una gallina degli anni scorsi, niente a che fare con quella Santanchè che pur di non lasciare parlare l’avversario gli dava sulla voce, vociando più forte, stridula e scomposta. No, questa Santanchè era calma e si esprimeva con lucidità e pacatezza, forte della ricerca attenta di parole giuste, le più adatte a dire quello che aveva da dire. Il risultato era balsamico.
Potrebbe essere, questo, un indizio che forse anche la nostra classe politica si è accorta che le parole sono davvero importanti e che per essere piene non devono essere urlate, violente, non devono intimorire, magari facendo rumore, perché altrimenti ci arrivano bruciacchiate come petardi già scoppiati?
Potrebbe essere dato che Renzi intitola il suo ultimo libro “Oltre i rottamatori”, termine che pure gli ha regalato non poca popolarità, ma che lui stesso oggi ammette: “Ha impaurito, quindi ho sbagliato”.
Mio figlio quando aveva poco più di tre anni un giorno disse: “ ci sono parole con la punta che fanno male”. Se si ricominciassero a usare solo parole belle piene e tonde e dense di contenuti e, perché no, di un po’ di speranza, non staremmo tutti molto meglio?