Mi permetto di intervenire nella polemica tra il professor Giovanni Sartori e la Ministro Kyenge apparsa giorni fa sul Corriere della Sera sul tema dello “ius soli” dato che come emigrato da oltre 20 anni in Cina la cosa mi tocca molto da vicino.
Forse non tutti sanno che in molti paesi non è così facile ricevere la cittadinanza del luogo dove si vive o si lavora da anni, la normalità è molto diversa.
Premesso che non ho mai avuto intenzioni di diventare “cinese”, sarebbe peraltro una cosa molto dolorosa dato che dovrei rinunciare al mio passaporto italiano, se fosse permesso farlo (in Cina non vengono riconosciute le doppie cittadinanze e quindi chi diventa Italiano deve obbligatoriamente rinunciare alla cittadinanza cinese), anche risiedere in questo paese stabilmente è una cosa complicata.
Esistono diverse forme di visto che permettono di stare in Cina, ma tutte strettamente legate a specifiche esigenze: lavoro, studio, turismo. E se ci si sposa e vuole restare in Cina per motivi di famiglia, si è fatto il calcolo sbagliato: il rinnovo del visto per famiglia è addirittura trimestrale e non conta nulla che ci si è sposati qui in Cina. Il matrimoni conta molto meno di un rapporto lavorativo. Infatti chi ha famiglia qui, ha generalmente anche un lavoro e il visto è sempre legato allo status lavorativo.
I visti possono essere più o meno lunghi, generalmente di un anno, e se sei fortunato e lavori per una grande azienda che ha un capitale sociale superiore ai 3 milioni di USD, allora potrai chiedere il visto biennale o triennale, ma sempre dopo una lunga trafila.
Per il visto lavorativo, si dovrà sottoporci anche a una visita medica, per il nostro interesse e salute, dicono. Ma in realtà è uno screening per verificare se si hanno o meno malattie trasmesse sessualmente, tutto il resto è fumo.
E’ una strategia cinese: se sei interessato ad una cosa specifica, non la chiedi direttamente, ma la metti assieme a tante altre a cui non si è interessati per avere quello che si vuole (alla polizia cinese non interessa la tua glicemia o il colesterolo ma solo se si è sieropositivi o meno. Se lo si è, sei espulso dal paese).
D’altro canto è certamente più facile entrare in Cina che in Italia se si ha un business o si voglia anche solo esplorare il mercato.
Il visto F è uno strumento sorprendentemente flessibile per permettere agli imprenditori e investitori di venire in Cina e fare business, ma con limiti di 30 gg per soggiorno, anche per visti multipli. Siamo sempre degli ospiti, possiamo fare incontri di business, ma se vuoi decidere di stare qui perché ti piace starci e basta, questo è impossibile.
Ci sono anche altri limiti. Se vuoi stabilirti qui per lavoro, devi essere professionalmente qualificato, e se arrivi a 60 anni è game over…. Finito.
Se si raggiunge il limite di età, o cerchi di trovare lavoro qui dopo, non ti potrà mai essere rilasciato in visto lavorativo, al massimo quello turistico di pochi giorni, a parte le eccezioni dove è dimostrato che il tuo apporto di conoscenze e/o di danaro è di interesse al paese.
Se ci si macchia di reati, anche solamente per aver guidato in stato di ebbrezza, si va in carcere e si rischia l’espulsione dal paese. Se il reato è più grave, ti danno il foglio di via e per anni no si potrà mai più tornare in Cina.
Ora torniamo all’Italia, e parlo da padre di un ragazzo nato dal mio primo matrimonio con una cittadina cinese, quindi so quello che dico.
E’ certamente giusto dare la possibilità di stare stabilmente nel nostro paese a chi vi è nato ma da coppia che sia residente in Italia, con un lavoro.
Sono nel favorire al massimo l’ingresso di stranieri che portino del valore al paese, e quindi con cultura accademica, imprenditori, professionisti, investitori come fanno anche altri paesi come l’Australia, gli Stati Uniti, il Canada che attraggono talenti. Se dimostri di valere, ti danno la possibilità di avere la carta verde per stare, lavorare, tirar su famiglia, ma solo dopo molti anni, e non solo chi è nato nel paese ma anche gli stessi genitori, potranno ottenere la cittadinanza.
Da noi invece, in pratica paradossalmente entra chi vuole: il contadino dello Zheijiang (con i ricongiungimenti familiari), al pescatore nigeriano, ed è più complicato entrare in Italia per chi cerca di farlo legalmente rispetto a chi entra in maniera illegale o in barca a remi.
Dobbiamo certamente accogliere i profughi, ma solo chi è evidentemente scappato da guerre o persecuzioni. Gli altri devono essere rimandati indietro subito, entro pochi giorni dall’ingresso, invece di lasciarli marcire nei campi di concentramento che ci devono far vergognare di fronte all’Europa.
Essere selettivi, rigidi ma allo stesso tempo generosi, potrà solo ridurre il fenomeno degli sbarchi e migliorare la qualità della nostra immigrazione, riducendo così anche i fenomeni criminali ad essa legata.
Sono sicuro che se passasse il concetto che venire in Italia a partorire facilita la permamenza nel paese, questo porterà un grave danno all’Italia: una fuga dalla povertà, che non risolve i problemi a casa loro ma certamente aggraveremo solo i nostri.
L’immigrazione è una risorsa importante dobbiamo coltivarla e selezionare gli ingressi, lo fanno tutti i paesi civili, e non dobbiamo vergognarcene. La nostra cultura prevalente cattolica ci porta invece a scelte che vorrebbero essere caritatevoli, ma alla fine crea più danni che benefici.
Quindi mi sento di dare ragione a Sartori quando si parla di approssimazione nelle scelte del ministro Kyenge e credo che questa sia un’opinione come lo sono altre, e non per questo si deve essere accusati di razzismo. Non è certamente una priorità, ma se si rivede tutta la legge Bossi-Fini in termini di favorire la qualità dell’immigrazione contro una quantità che non possiamo gestire, allora ben venga. Dobbiamo attirare investitori! Paesi come la Spagna hanno già ricevuto centinaia di milioni di Euro in investimenti immobiliari grazie alla legge che favorisce il rilascio di visti molto lunghi a chi investe nell’edilizia spagnola. E da noi? solo una vaga promessa, non ben definita.
Io parto dall’analisi sulle politiche di paesi che noi tutti reputiamo civili, a partire dagli Stati Uniti, e non possiamo quindi agire sul sentimento e sul pietismo.
Diamo il diritto a stare in maniera definitiva in Italia a chi vi è nato ma solo a condizioni particolari ma non subito, ma solo dopo un percorso che potrà durare anni, come in Francia.
Dobbiamo evitare l’abbordaggio dell’Italia da parte di migliaia di disperati a cui non potremo mai assicurare un futuro dignitoso.