A volte ci sono giorni, che scivolano addosso lenti. E poi, ci sono anche gli altri, dove succede di tutto. Quelli in cui capita che magari arriva anche una buona occasione. Poco male se non la si riconosce a prima vista. Tutto finisce per intrecciarsi in strane coincidenze. E pian piano ecco che una piccola trama da cui è difficile sottrarsi viene a galla. Per diventare realtà, scadenzata dalle decisioni che prendiamo o lasciamo prendere agli altri.
Quando decisi di trasferirmi a New York tre anni fu “grazie” all’intervista con un’analista finanziario. Certo faceva parte del mestiere, in quei giorni contattarne tanti per leggere attraverso le loro analisi quello che poteva accadere oltre la notizia. Ma la sua esperienza era diversa dai ragazzi con cui avevo parlato fino ad allora. Giuseppe aveva vissuto nella Grande Mela gran parte dei suoi anni migliori. Ne parlava entusiasto. Mi raccontò pochi dettagli, neanche della sua esperienza professionale, ma di quello che trasmetteva la città che mi convinsi che sarei andata lì. Anche se, lavorativamente parlando, stavo vivendo una delle mie più belle estati, ancora non mi bastava. Desideravo svincolarmi da Milano e andare via.
Felice come solo un’incosciente può esserlo, non ci dormii due notti quando rifiutai l’offerta di lavoro per il giornale che era diventato la mia seconda casa. Presi il biglietto per New York e 48 ore prima di ritrovarmi catapultata Oltreoceano trovai attraverso la moglie del proprietario della trattoria dove andavo a pranzo qualche volta quello che sarebbe diventato il mio appartamento nell’Upper east. Quando rientrai in Italia, nell’arco di due mesi per Natale mi arrivò il visto per tornare in America. Ero convinta che sarei andata lì, per restarci.
Invece la vita decise di scompaginarmi i piani. Mi dovetti operare al ginocchio a causa di una brutta caduta. Ancora una volta sembravo destinata a dover restare a Milano. Appena finito il periodo di fisioterapia presi le mie cose e partii per Londra. Zoppicavo ancora e non ero troppo convinta. Qualche anno prima avevo preso un caffè con un ex corrispondente di un quotidiano finanziario: mi aveva messo in guardia sulle difficoltà di trovare reali opportunità come giornalista lì, Oltre Manica. Le cose andarono diversamente. Ma se nei prossimi giorni farò la valigia, questa volta destinazione Sud America, un fondo di verità nelle sue parole c’era.
La scelta di tentare la strada in Brasile con la sua rivoluzione dell’aceto e quella voglia di riscatto che in Italia è sbandierata solo a parole non è casuale. Anche questa volta il destino mi ha messo sulla strada qualche sassolino. Sotto il cielo di Uluwatu due mesi fa ho finalmente deciso che lì sarebbe stata la mia prossima tappa. Non so cosa succederà. Non so dove finirò. Non ci sono mai stata. Ma di certo sarà una avventura da raccontare. Di quelle che forse, questa volta, potrebbero non avere un ritorno.
Twitter: @Micaela Osella