Ormai è chiaro a tutti. Questa è l’era del Big Data. E la Cina ne è protagonista. Mentre l’attenzione generale è ancora puntata allo scandalo Nsa e alla “talpa” Edward Snowden, la Cina mette a segno un altro colpo vincente ai danni degli Usa. Una corsa alla tecnologia in cui però ingombrante è lo zampino del comparto militare.
Il supercomputer più veloce del mondo è realtà. Si chiama Tianhe e la lista semestrale che classifica i grandi elaboratori di tutto il mondo, Top500, scrive il South China Morning Post di Hong Kong, lo ha messo al vertice di tutti i macchinari della sua specie. Sviluppato dall’Università Nazionale di Tecnologia della Difesa di Changsha, nella Cina centrale, è in grado di effettuare oltre 33mila trilioni di calcoli. Quasi il doppio di quello che fino a ieri era considerato il supercomputer più potente sulla faccia della Terra, il Titan del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti.
Appena cinque anni fa, scrive Quentin Hardy sul blog Bits del New York Times, una macchina in grado di eseguire un migliaio di operazioni era considerata da record. Così, da qualche anno è in corso una vera e propria corsa al supercomputer tra le principali potenze mondiali dell’hi-tech: Cina, Usa e Giappone.
L’acronimo Hpc (high-performance computing) è sempre più legato a doppio filo con tutto quanto riguarda elaborazioni informatiche complesse come modelli meteorologici, simulazioni di esplosioni nucleari e progettazione di aerei. E Pechino si conferma in testa alla gara. Già tre anni fa infatti la Cina era riuscita ad assemblare il Tianhe-1A, diretto predecessore del Tianhe-2.
Ma per gli sviluppatori la classifica non conta. “Produciamo supercomputer con l’intento fondamentale di promuovere una forza trainante verso la costruzione di un Paese orientato all’innovazione e soluzioni per le scienze che riguardano lo sviluppo futuro degli esseri umani”, ha spiegato Li Nan, portavoce del progetto Tianhe-2 all’agenzia di stampa cinese Xinhua.
Molto del Tianhe-2 è made in China. Ma i processori sono Intel, quindi americani e tecnologicamente appetibili non solo da chi si occupa di sviluppo e progettazione o previsioni del tempo. Tuttavia gli stessi esperti di supercomputer minimizzano. “I processori Intel sono come il motore di un’auto da corsa”. Merito allora all’equipe dell’Università di Changsha.
Grazie alle tecnologie Hpc avanzate, quelle di macchine come il Tianhe-2, sarà infatti possibile studiare non solo problemi e fenomeni, ma anche i loro effetti, in una visione che è possibile definire di “ecosistema”. Ma, soprattutto, è alle aziende che raccolgono e analizzano metadati degli internauti globali che fanno gola i supercomputer. “È un insaziabile bisogno di calcolo a spingere questa evoluzione”, ha spiegato Raj Hazra, responsabile Hpc della azienda californiana. La stessa evoluzione che ha prodotto il personaggio delle ultime settimane: Edward Snowden.
Negli ultimi giorni, Snowden ha confessato che la National Security Agency, l’agenzia governativa Usa per cui il 29enne esperto informatico lavorava, avrebbe attaccato computer della città dal 2009. Ad oggi però le autorità di Hong Kong non avrebbero ricevuto alcuna segnalazione. La Cina avrebbe comunque già chiesto spiegazione alle autorità Usa. Nel frattempo su Snowden è partita un’indagine criminale da parte del Dipartimento di Giustizia americano. L’uomo, secondo gli ultimi resoconti, ha informalmente richiesto asilo politico presso l’ambasciata islandese.
E mentre colui che ormai è già l’uomo dell’anno affida il proprio destino “ai tribunali e alla gente di Hong Kong”, Pechino si prepara a non concedere l’estradizione, per non portare ulteriori problemi alla Cina e all’ex colonia britannica. Ma adesso ci si chiede se non sarà proprio la corsa forsennata al supercomputer definitivo ad accentuare la frattura tra Pechino e Washington. E Snowden potrebbe essere solo un perfetto casus belli.