Prendo spunto da questo pezzo di Claudio Cerasa su “Il Foglio” di oggi http://www.ilfoglio.it/soloqui/18805 – che descrive il nuovo programma economico di Matteo Renzi, meno liberista e più laburista rispetto a quello delle primarie dell’Ottobre 2012 – per una breve riflessione.
Secondo il teorema dell’elettore mediano per vincere le elezioni occorre conquistare il voto di quell’elettore che divide in due parti uguali la distribuzione degli elettori su un immaginario asse destra-sinistra. E’ infatti evidente che, nel caso di due sole forze politiche, l’una di destra e l’altra di sinistra, quella che, oltre ad ottenere il voto della propria metà, conquista quello dell’elettore mediano (che nella realtà non è uno, ovviamente, ma sono milioni) vince le elezioni. Se l’elettore mediano si colloca al centro dello schieramento ideologico, allora la partita tra destra e sinistra si gioca “ad armi pari”, in quanto entrambe dovranno allo stesso modo cercare di rendersi appetibili per quell’elettore. Se invece, come spesso accade nella realtà delle democrazie, l’elettore mediano si colloca più a destra (o più a sinistra) lungo lo schieramento ideologico, perché la distribuzione dell’elettorato è sbilanciata verso destra (o verso sinistra), allora sarà più difficile per la sinistra (o per la destra) conquistare il voto di quell’elettore, in quanto dovrà andare a riprenderselo, se così si può dire, in territorio nemico. E questo al prezzo, naturalmente, di una convergenza verso il centro nei termini di una proposta che rassomigli maggiormente a quella dell’avversario da battere.
Vi sono stati esempi concreti di una strategia di questo tipo, primo tra tutti quello di Tony Blair e del suo New Labour. In Italia però abbiamo un problema in più, io credo. Ovvero il nostro non è un sistema bipartitico. Con la non trascurabile conseguenza che chi osa spingersi alla conquista del voto dell’elettore mediano avvicinandosi al centro dello schieramento ideologico rischia di perdere i voti della propria parte a vantaggio di altre formazioni più estremiste. Questo in Italia, dato il vantaggio strutturale di cui gode la destra, diventa un problema per la sinistra.
Una svolta maggioritaria intesa alla conquista del voto dei delusi del centrodestra è stata tentata da Veltroni col progetto PD, ma sappiamo come è andata a finire. Negli ultimi tempi le speranze di una sinistra vincente si sono concentrate su Matteo Renzi. L’elettore mediano di cui Renzi vorrebbe il voto non si trova al centro dello schieramento ideologico, ma più spostato a destra, e per questo il sindaco di Firenze ha portato avanti una strategia mirata a convincere l’elettore con quel profilo lì. Sembra che ci sia riuscito, ma, come si diceva, l’inconveniente è stato quello di perdere l’appoggio di parte del proprio schieramento, quella più identitaria, fedele alla propria storia e alle proprie tradizioni e bandiere.
In un certo senso Renzi sembra aver quasi consolidato l’appoggio di molti dei “delusi del centrodestra”, grazie soprattutto alla campagna per le primarie del 2012 contro Bersani. Ora però deve concentrarsi sul proprio schieramento politico, riuscire a convincere tutti gli elettori di sinistra. Il tipo di competizione che gli si presenta davanti, quella per la segreteria del PD, si presta a questo scopo, dal momento che in gioco c’è la leadership del principale partito del centrosinistra, e non del paese tutto.
Se Renzi sarà capace di fare questo così come lo scorso anno è stato in grado di fare con l’elettore mediano e coi delusi del centrodestra, allora riuscirà a prendersi il PD, a farne una creatura più simile all’idea originaria veltroniana del 2007 e poi…