Chris Froome è stato analizzato 3 volte dai funzionari dell’antidoping nelle 24 ore seguenti la sua vittoria nella tappa di ieri, domenica 14 luglio, del Tour de France. Il modo da dominatore in cui ha vinto e il tempo brevissimo che ha impiegato per effettuare la salita finale al Mont Ventoux (20,8 km di lunghezza al 7,5% di pendenza media) hanno lasciato moltissimi dubbi. Era dal 1994 che nessuno andava così veloce sul Ventoux in una tappa del Tour – all’epoca ci riuscì Marco Pantani. Nel 2004 ci fu chi andò più veloce: Iban Mayo. Ma era una cronoscalata di 21,6 km del Giro del Delfinato.
Froome ha impiegato, per portare a termine la salita, 57’50”, al termine dei 242 km della tappa più lunga del Tour 2013. Pantani nel ’94 ci impiegò 57’34”, al termine di una tappa di 231 km. Mayo, nella cronoscalata, impiegò 55’51”.
Tutti gli altri che ci hanno provato, nella storia, ci hanno messo più tempo. Pantani è morto nel 2004 inseguito dai sospetti di essersi dopato. Per Mayo il sospetto che si dopasse è diventato certezza nel 2007, quando prese parte al suo ultimo Tour (qui la pagina della Wikipedia che ne parla).
Per la proprietà transitiva del sospetto, adesso si pensa che Froome si possa dopare. E quindi lo si controlla. Quasi ossessivamente, più volte al giorno.
C’è anche il sospetto opposto, ovvero che Froome sia un fenomeno e che il fatto che abbatta i record sia quindi del tutto naturale. D’altra parte se c’è una cosa nota è che i record sportivi sono fatti per essere battuti – finora non ce n’è stato uno che abbia resistito per più di pochi anni.
Inoltre le prestazioni dei ciclisti dipendono da tanti fattori che non rimangono fissi tra una corsa e l’altra, come il tempo atmosferico, la lunghezza delle tappe, l’importanza psicologica, lo stato delle strade, ecc.
Ma per difendersi, Froome ha rilasciato una dichiarazione in conferenza stampa (riportata tra gli altri Ciro Scognamiglio sulla Gazzetta dello Sport online del 15 luglio): «Io non sono come Armstrong, che ha ingannato. Io non baro. Punto».
Sono le parole che ci si aspetta da una persona onesta. Ma sono anche parole molto simili a quelle che il medesimo Armstrong ha utilizzato per anni, prima durante e dopo il suo settennato di dominio sul Tour. E che poi lui stesso ha sbugiardato confessando di essersi dopato.
La fiducia, nei ciclisti professionisti, è sempre meno. Addirittura potrebbe essere che Froome venga trovato negativo, dopo le analisi effettuate su di lui in questo Tour. Ma risultarono negativi, nel 1998, anche 60 controlli effettuati sui partecipanti al Tour di quell’anno. Nel 2004, però, analisi migliori rivelarono che tutti erano invece positivi.
Nel 2028, tra 15 anni, si potrà pensare ancora che Froome era pulito?