Chi di porcellum ferisce di oranghi perisce?

"Sono razzista, non l'ho mai negato. Ve la tenete voi, il ministro italiano di colore. Dovrebbe tornare in Congo". No, non è la pietra dello scandalo, non è il prologo del discorso con cui Caldero...

“Sono razzista, non l’ho mai negato. Ve la tenete voi, il ministro italiano di colore. Dovrebbe tornare in Congo”. No, non è la pietra dello scandalo, non è il prologo del discorso con cui Calderoli è riuscito a paragonare il ministro delle pari opportunità Celile Kyenge ad un orango, facendo invocare le sue dimissioni da svariati membri del governo. No, era una dichiarazione pubblica dell’ex senatore e deputato della Lega Nord Erminio Boso. Perché la perla del Senatore Calderoli non è la sparata di un singolo, ma il frutto di una cultura dell’intolleranza e della discriminazione largamente condivisa dai membri del partito ed applicata con mirabile coerenza.

Verona, la città in cui sono nata e cresciuta, dalle elezioni amministrative dello scorso Marzo è la più grande città italiana in cui il potere sia detenuto dalla destra e l’unica ancora amministrata dalla Leganord. Lo dico fuori dai denti: al netto delle dovute eccezioni, è una città di provincia ricca e ignorante, con un tessuto sociale che si compenetra divertito con la tifoseria calcistica più violenta d’Italia e che storicamente molto più di altre ha strizzato l’occhio alle istanze neonaziste di Forza Nuova, pur ricordandosi di dare un voto utile all’azienda del papi una volta dentro la cabina elettorale.

Ma Verona? La seconda città al mondo dopo Roma per concentrazione di resti romani? La città dell’Arena? L’eccellenza lirica? Il patrimonio dell’umanità Unesco? La città dell’amore? Signori, per inciso, Romeo e Giulietta erano una leggenda mantovana trasposta da Shakespeare per licenza poetica, tutto il resto è marketing. Comunque si, precisamente, quella Verona. E tornando all’uscita di Calderoli, capirete che se persino in questa roccaforte leghista gli sguardi rivolti al quotidiano l’Arena sono bassi e contriti, se bevendo uno Spritz con i colleghi sull’accaduto si glissa e se i discorsi da bar con gli amici si fanno sferzanti contro l’episodio, qualcosa si muove.

Mi viene in mente la parabola discendente di Mediaset. Non parlo di tribunali e processi, ma di audience. Mediaset ha rincorso per un decennio l’allargamento del pubblico, dello share televisivo. Per farlo, è chiaro al mondo, ha sempre rivisitato al ribasso la qualità dei contenuti dei programmi, sempre meno elitari sempre più popolari. La storia ci insegna poi, che non ponendo un argine a questa discesa verticale della qualità del palinsesto, ha finito per perdere il suo stesso pubblico, che si riteneva più intelligente dei programmi che gli venivano proposti.
Ora, io interpreto l’espressione imbarazzata del piccolo imprenditore veneto nello stesso senso: quelle persone si dicono che no, loro che il ministro Kyenge somigli a un orango non l’avrebbero mai detto. Nemmeno in un comizio.

#toccareilfondo #leganord #ildioPovifulmini

Marta Fogliacco

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