L’italiano si sente invaso, occupato da quello che sempre più va delineandosi come “il gigante Cina”.
L’italiano manca però di attenzione nel momento in cui non nota che non si tratta soltanto di un’immensa invasione, bensì anche di un colossale insediamento.
Dal punto di vista socio-culturale, i termini –invasione- e –insediamento- hanno accezione e significato sostanzialmente differenti, differenza che in questo caso si rende necessario sottolineare.
E’ fondamentale, nella società odierna, analizzare l’insediamento cinese dal punto di vista linguistico, sociale e culturale, tralasciando per un attimo l’aspetto politico-economico e portando la massima attenzione sul concetto di uomo, ed insiti appunto nella definizione di uomo, vi sono, da non trascurare, valori fondamentali quali la parità dei diritti, la fratellanza e la libertà.
Considero dunque i cinesi come uomini, migranti, ma mai invasori.
Desidero spiegare chi sono questi cinesi, andando contro al giudizio facile, scontato, spesso negativo cui si porge quotidianamente l’orecchio.
Questo gigante che oggi sembra sopraffare il mondo ha il diritto di spiegare la sua cultura, così diversa da quella occidentale, dalla quale non vogliamo staccarci perché l’abitudine non è poi un così grande dispiacere, se mai, è una comodità, che restringe lo spazio del nostro pensiero sino a far chiudere le nostre menti al diverso, che però, attenzione, non deve essere ad ogni costo sinonimo di negativo.
Il diverso ha il suo perché, merita rispetto.
Ai tempi dell’antica Roma si pensava alla Cina come fosse soltanto leggenda, troppo lontana, mai realmente accertata la sua presenza sul globo, questo fino a quando alcuni mercanti romani non hanno osato spingersi oltre i cosiddetti –confini del mondo-, allora hanno conosciuto la Cina, si sono detti “esiste!”
Il paese dei mercanti, della seta, dell’ignoto, esiste.
I cinesi erano e sono tutt’ora mercanti, come noi. In entrambe le culture, orientale ed occidentale, la figura del mercante, predomina da secoli, bisogna però fare un accenno alle differenze politiche che intercorrono tra oriente ed occidente, tra un’Europa, si può dire, prevalentemente democratica, e un oriente tipicamente comunista. La libertà imprenditoriale assume sfumature sostanzialmente differenti in contesti politici tanto distanti tra loro.
Le fortune accumulate dai mercanti cinesi non erano e non sono poche, ma sovente controllate in modo eccessivo dallo stato e dai suoi funzionari, ciò impedisce alla Cina lo sviluppo di un’economia di mercato, importante restrizione questa, che ha portato alla grande migrazione alla volta dell’occidente, cui stiamo assistendo da qualche decennio. Stiamo assistendo, prima ancora che ad una ricerca di libertà in termini economici, ad una ricerca di libertà in sé, per l’individuo.
A detta dei cinesi, la Cina dovrebbe, per essere democratica, per avvicinarsi al modello europeo, avere maggiore libertà, maggiore informazione sul resto del mondo e sulla condizione dell’Europa.
Si rende importante ricordare, in merito all’informazione, quale sorta di restrizione è da sempre imposta ai cittadini cinesi, restrizione che costa cara all’individuo, poiché lo confina dal resto del mondo, lo rende diverso agli occhi dell’occidente, una sorta di minaccia.
I cinesi migrati in occidente sono alla ricerca di un riscatto personale, di una migliore condizione sociale, avidi di cultura, ligi al dovere, caratteristiche proprie dell’ambiente in cu sono nati.
La scala sociale è per loro fondamentale, porta all’acquisizione di prestigio, non solo a livello economico, ma soprattutto a livello culturale.
La Cina deve dunque avvicinarsi al modello europeo, specialmente per quanto concerne la democrazia, i valori sociali e i diritti umani, non però per quanto riguarda la competizione sociale, di cui l’Europa è carente poiché ancor prima è carente di meritocrazia.
Sia questo un assaggio di cultura, una breve spiegazione utile a far comprendere quelli che con ignoranza definiamo -invasori-.
Come ultimo spunto di ragionamento vorrei portare l’attenzione e la curiosità sul bambù; per quanto possa risultare strano, trovo che sia un ottimo modo di comprendere l’inevitabile legame che si è creato tra noi e la Cina.
Il cammino che porta all’incontro tra civiltà rimane una sfida per l’umanità del terzo millennio, nel quale si confrontano grandi tradizioni, come quella europea, e i diversi volti di chi è un passo indietro.
Una grande speranza è posta nelle nuove generazioni, tra le quali possano fiorire pionieri capaci di intuizioni, progetti e realizzazioni di strumenti adatti ad affrontare queste sfide complesse.
L’idea di un ponte di bambù può forse farci sognare, ma in realtà dimostra aspetti concreti e utili per comprendere ed orientare i rapporti tra l’Italia e la Cina nel XXI secolo.
E’ fondamentale nel contesto socio-economico odierno, soffermarsi sulla questione italo-cinese.
Chi sono questi nuovi mercanti che frappongono i loro prodotti ai nostri? Come vivono, cosa pensano e come esprimono il loro più intimo sentire? Che cosa conservano nella civiltà dei loro luoghi e cosa lasciano nello scambio con la nostra?
Accanto alle cifre della conquista economica cinese, si rende ora necessario fornire le coordinate culturali e più sentitamente umane che la motivano e che a noi spesso mancano nel momento dell’incontro.
Le coordinate che ci servono per costruire ponti, ponti di bambù, appunto, sospesi, flessibili, ma durevoli nel tempo.