PD: quelli che era meglio il partito di una volta

Il 4 luglio si riunisce nella sede del Pd la corrente di Fassina, D’Attorre e Martina, l’ultimo mix di bersaniani e giovani turchi che offre il suo contributo al dibattito interno del Pd sulla base...

Il 4 luglio si riunisce nella sede del Pd la corrente di Fassina, D’Attorre e Martina, l’ultimo mix di bersaniani e giovani turchi che offre il suo contributo al dibattito interno del Pd sulla base di un documento che circola da alcune settimane.

Con il progetto Voleteilmiovoto abbiamo analizzato i contenuti del documento alla luce delle scelte linguistiche, rappresentate nella cloud che pubblichiamo qui.

I due termini più ricorrenti sono “Pd” (con 30 presenze) e “partito” (con 28). Qualcuno osserverà che è normale che sia così. In fondo, parliamo di un documento che ha l’obiettivo di analizzare lo stato di salute presente del partito e, soprattutto, ne vuole suggerire uno sviluppo.

Possiamo aggiungere che le parole “politica” (normalmente usata nel senso di politics), “politico” (usata come attributo di sostantivi diversi), “politiche” (quasi mai utilizzato per indicare le policies) e “partiti” ricorrono nel testo, rispettivamente, 21, 17, 9 e 11 volte.

Da questo apparentemente banale dato – visivo e numerico – presente nella nostra ‘nuvola’ emerge l’estrema vaghezza e autoreferenzialità dei contenuti. Nonostante l’obiettivo dichiarato (e polemico) del documento sia la “convinzione che il confronto sui contenuti politici debba essere prioritario rispetto a quello sulle candidature”, Il testo appare impostato classicamente, ripiegato sulla riflessione interna, tarato su un linguaggio tradizionale e politicistico. Un documento di ‘sistema’ (sia esso politico, istituzionale, economico o sociale): e non a caso il termine “sistema” ricorre 11 volte. Il mondo reale, la società civile, i cittadini (il “paese reale”, se vogliamo usare lo stesso linguaggio) sono assai poco presenti.

D’altra parte, la soluzione finale, indicata al quarto paragrafo, è individuata nella costruzione di un soggetto politico collettivo: soluzione sventolata come bandiera contro la presunta deriva personalistica della leadership, ma che in realtà dice abbastanza poco, al di là della polemica diretta contro una presunta berlusconizzazione del partito (e contro l’avversario conclamato: il sindaco di Firenze).

Molto invasivo, viceversa, il discorso sulla “crisi” (termine che ricorre ben 17 volte), agitato in varie parti del testo per descrivere il contesto sociale ed economico dal quale discenderebbe la sconfitta del Pd e la sua incapacità di dare risposte. Un modo per riportare in un ‘altrove’ – purché esterno al partito – le cause del ritardo. Ancora una volta parliamo di meccanismi linguistici consolidati nel ‘discorso’ politico (e, in particolare, in quello della sinistra classica): individuato un fenomeno generale avverso (magari di natura internazionale o globale), lo si issa a feticcio da combattere e, soprattutto, a giustificazione dei propri errori storici.

In tal caso, la crisi diventa un tutt’uno con le politiche di “austerità” dell’area dell’euro. E il frutto degenerato di questo nemico strutturale diventa il “populismo”, sovrastruttura ideologica che in Italia assume le sembianze di Berlusconi e Grillo. Il documento di Fassina, D’Attorre e Martina, si fonda su questo schema semplice. Ma, proprio come spesso avviene, lo schema interpretativo sembra prevalere sulla realtà.

Ovviamente, non si tace del nemico interno. Il nemico sono le “primarie” (termine che ritorna 11 volte) e tutto ciò che nel partito o nelle istituzioni possa condurre la democrazia verso la selezione di leadership troppo forti (compreso il semipresidenzialismo). La soluzione è quella di riconnettere la “partecipazione” (10 citazioni) alla “decisione” (9 citazioni) a partire dal ripensamento dei modelli organizzativi tradizionali, senza significative precisazioni. Ancora una volta, la ricetta proposta – ripartire da un partito capace di recuperare l’antica rappresentatività e rafforzare la democrazia parlamentare concepita nella Costituzione – appare un po’ vaga, mentre dai fumi del discorso emerge con forza la preclusione nei confronti di ogni soluzione che tenga insieme guida del partito e guida del governo.

Ancora una volta, in ogni caso, l’insieme delle parole chiave può aiutare a discernere nelle pieghe dei discorsi pubblici.

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