Per gli organizzatori sono stati 430mila, per la polizia e stampa filo-cinese poco meno di 70mila. Anche a Hong Kong si è ripetuto il balletto di cifre sulla partecipazione alle manifestazioni. Nonostante pioggia e vento, ieri decine di migliaia di hongkonghesi hanno partecipato alla tradizionale marcia per la democrazia che dal 1998 segna l’anniversario del ritorno dell’ex colonia britannica alla Cina, avvenuto l’anno prima.
Proteste contro il chief executive Leung Chung-ying ad Hong Kong; foto credit: nytimes.com
Per strada le istanze dei dimostranti erano diverse. Un tratto comune è stato il malcontento verso l’amministrazione del primo ministro Leung Chung-ying. O meglio verso il chief executive Leung, come è chiamato il più alto rappresentante del governo locale con una terminologia che rimanda alla vocazione economica e finanziaria della città. Un amministratore delegato nominato da un comitato di 1.200 componenti espressione dei gruppi economici e di potere della città.
I cittadini che sono sfilati per le vie della città hanno chiesto le dimissioni di Leung e il suffragio universale. I politici locali si sono impegnati a garantirlo entro il 2017. Gli hongkonghesi non vedono tuttavia progressi in questa direzione e al contrario denunciano l’appiattimento sulle posizioni di Pechino di quella che è oggi è una regione amministrativa speciale della Cina, sebbene sotto la formula “un Paese, due sistemi” che garantisce autonomia alla città fatta eccezione per la difesa, la politica estera e la sicurezza.
Tra i cartelli e gli striscioni spuntano slogan contro il “colonialismo cinese”. I rapporti con il continente e soprattutto con i cinesi del continente sono complicati. Torna in mente la campagna contro le “cavallette”, come furono definiti i cinesi che arrivano nell’ex colonia per turismo, per fare acquisti, per sfruttare i servizi offerti dalla città.
Tra i manifestanti, scrive Pepe Escobar sull’Asia Times Online, sono state sventolate bandiere di Taiwan, qualche bandiera tibetana, poi scomparsa, l’Unione Jack britannica. E ci sono state infine le richieste affinché il governo locale si muova per contenere l’aumento del costo della vita e in particolare la speculazione edilizia.
I prezzi delle case sono i più alti al mondo, secondo uno studio di Savills Plc. Da marzo, quando toccarono il massimo storico, sono scesi del 2 per cento, ricorda BusinessWeek. Il governo è tuttavia accusato di fare troppo poco, tanto che il tasso di gradimento per Leung era a metà giugno del 46,2 per cento in calo rispeto al 52 di metà gennaio e leggermente sopra il 46 per cento dello scorso settembre, quando fu investito dalle critiche per il progetto di introdurre della cosiddetta educazione patriottica nei programmi scolastici, così da legare i giovani hongkongesi al continente.