Studenti universitari in un particolare dell’Arca di Giovanni da Legnano realizzata da Pierpaolo dalle Masegne nel 1383.
L’opera è conservata nel Museo medievale di Bologna.
C’è qualcosa che si muove nell’università italiana in questo inizio estate e, per fortuna, non è la solita cantilena sui test di ingresso. Accade infatti che alcuni rettori stiano cominciando a fare i conti con la crisi. Non con la penuria di risorse alla quale, ormai da un lustro, hanno fatto il callo, ma con lo stato di difficoltà che si sta abbattendo su tante famiglie.
Prima Flavio Corradini, “magnifico” della piccola ma gloriosa università di Camerino e poi Giuliano Volpe, rettore a Foggia, in uno degli ultimi atenei nati, quasi 15 anni fa, hanno deciso di esonerare dal pagamento dei contributi gli studenti i cui genitori siano in cassa integrazione, mobilità o che abbiano perso il lavoro nell’ultimo anno.
“Basta tasse ai figli della crisi”, è stato il loro messaggio. Sono i primi rettori a prendere consapevolezza del disastro sociale che l’Italia rischia come effetto collaterale della congiuntura economica: una generazione perduta alla formazione superiore, un esercito di giovani che non possono istruirsi a un livello che ormai in Europa è uno standard.
Il calo delle immatricolazioni era già stato denunciato, ma ora la morsa si fa più stretta, e, seppure nella difficoltà di bilancio, alcuni provano soluzioni d’emergenza. Altri, come il rettore della Sapienza, Luigi Frati, che deve fare i conti con numeri 10 volte superiori a quelli dei colleghi, hanno offerto a tutte le famiglie l’immatricolazione gratuita del secondo figlio. “Ci sono famiglie in difficoltà”, ha detto a uno di noi, che lo intervistava recentemente per Panorama, “magari del Mezzogiorno, in cui due fratelli s’arrangiano, con lavori di fortuna, per mandarne un terzo a laurearsi. Un ritorno strisciante ai secoli passati, in cui il secondo genito andava in armi, la terza in convento”.
Sta in qualche modo sulla stessa linea, a Teramo, il rettore Luciano D’Amico che, come ricorderà chi segue questo blog, s’è inventato un piccolo welfare accademico, spostando oltre 2 milioni di euro in lavori esterni sulle collaborazioni degli studenti, dalle pulizie alle biblioteche.
L’università – a volte lo si dimentica – è nata mille anni fa per formare persone migliori.
Che dei rettori si occupino di non perdere nessuno per strada, anziché di nuove sedi e nuovi corsi di laurea, come accadeva un tempo, è anche un po’ tornare alle origini.
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