Stando alle indiscrezioni rilanciate ieri dall’agenzia Bloomberg, il consiglio di amministrazione di Telecom Italia, convocato per domani, non riserverà sorprese eclatanti sul dossier H3G. I negoziati sono in stallo. Tanta, troppa carne al fuoco per il monopolista: lo scorporo della rete, la battaglia con l’Agcom sulle tariffe wholesale, il cantiere della governance dopo l’uscita annunciata di Generali e Mediobanca dal patto di sindacato di Telco, la scatola che detiene il 22,5% della società.
Per molti operatori di Borsa l’interessamento di Li Ka Shing assomiglia fin troppo a quello, poi respinto, del magnate Naguib Sawiris, patron di Wind. «È un po’ più concreto di Sawiris», dice un analista, ma le valutazioni dei due big su 3 Italia sono troppo distanti per organizzare il matrimonio, soprattutto sul gustoso tesoretto fiscale derivante dalle perdite pregresse della società guidata da Vincenzo Novari.
Franco Bassanini, presidente della Cdp con cui Telecom sta negoziando, a metà giugno aveva detto senza mezzi termini che la newco con in pancia la rete sarà attrattiva «se avremo la garanzia che non sarà gestita per spremere il massimo di redditività a breve per i suoi azionisti, ma per fare gli investimenti necessari in una logica di lungo termine». Proprio quella che darebbe invece una spinta al titolo, che come si evince dal grafico (clicca sulla foto per ingrandirlo): negli ultimi 8 mesi ha ceduto il 25%, con un andamento più volatile e legato alle indiscrezioni (a inizio novembre Sawiris, ad aprile Li Ka Shing) sia rispetto ai competitor Deutsche Telekom e Vodafone, sia dell’indice europeo di settore Eurostoxx Telecommunications, che nello stesso lasso di tempo ha lasciato sul terreno “soltanto” l’8,9 per cento.
Bernabé da tempo non ha la minima intenzione di mollare il controllo operativo della nascitura società derivante dallo spin off. L’amministratore delegato, Marco Patuano, continua a ribadirlo. Eppure, comunque vada a finire l’eterno negoziato tra Telecom e l’ente di via Goito, la storia di British Telecom insegna che la separazione funzionale dà i suoi frutti, in termini di utili, dopo 6 anni. Un tempo infinito tanto per le esigenze dei soci forti di Telco quanto per l’orizzonte della politica nazionale. Peccato che a pagare l’assenza di un disegno condiviso siano sempre i soliti piccoli azionisti.