Primarie aperte o primarie chiuse?
Il tormentone appassiona chi sotto l’ ombrellone ha finito la Settimana Enigmistica, sfogliato Visto e Chi della vicina, letto il sermone domenicale di monsignor Eugenio Scalfari.
Non sono iscritto al PD e, come una lettrice di Repubblica, mi chiedo perché lei che paga la tessera dovrebbe condividere con me il diritto di scegliere il segretario del partito. È come se concedessimo il diritto di voto, nelle nostre elezioni politiche, ai turisti che si trovano a passare per lo Stivale, un’ interpretazione così lasca dello ius soli che nemmeno il Ministro Kyenge la sosterrebbe.
La risposta è che, con le primarie chiuse, vincerebbe ancora un apparatcik e perderebbe ancora Renzi.
Non sono convinto che Renzi sia un Ataturk o un Blair, ma è innegabile che, rispetto alle cariatidi come D’ Alema, sarebbe più che una rivoluzione. Tuttavia le primarie aperte sono un porcellum di partito.
Ammettiamolo, il problema è il Partito Democratico in sé, dove le cariatidi godono ancora di una solida maggioranza fra gli iscritti, incuranti dell’ incapacità di vincere le elezioni tirando un rigore a porta vuota.
Se le prossime elezioni politiche sono previste nel 2018, Renzi provi a formare un nuovo partito, che prenderebbe voti anche da chi non riuscirebbe a votare PD nemmeno turandosi il naso.