Altro Che SportIl paradosso italiano della maratona: tanti corridori, nessun campione

    Nella giornata di oggi, domenica 6 aprile, la città di Milano sarà sottoposta a una gioiosa invasione di podisti. È in programma la Milano Marathon, e ci si aspetta che non meno di 14˙000 atlet...

Nella giornata di oggi, domenica 6 aprile, la città di Milano sarà sottoposta a una gioiosa invasione di podisti. È in programma la Milano Marathon, e ci si aspetta che non meno di 14˙000 atleti occuperanno per le ore della mattina e del primo pomeriggio le vie della città (qualche informazione si può trovare nel web sul sito dell’organizzazione, a questo link). Alcuni dei partecipanti saranno stranieri, ma la gran maggioranza sarà italiana.

E questa dovrebbe essere una notizia positiva, perché dimostra che in un Paese come il nostro ad altissimo tasso di sportivi da divano, ci sono moltissime persone che invece lo sport lo praticano.

Ma c’è chi ignora completamente questo aspetto, e si concentra su un altro punto: nessuno degli azzurri in gara sarà in grado di vincerla, o di arrivare almeno nelle prime posizioni dell’ordine d’arrivo.

Su questa chiave di lettura si è concentrato, tra gli altri, Pierangelo Molinaro su la Gazzetta dello Sport del 4 aprile. Molinaro ha fatto una ricerca nelle liste delle migliori prestazioni nella maratona relative all’anno 2013, per scoprire che i primi 50 posti sono tutti occupati da corridori di sole 2 nazioni: Kenya ed Etiopia. Il 51° è un giapponese, Kazuhiro Maeda. Il primo europeo è 75°, Abraham Kiprotich, ma solo per ragioni burocratiche: il suo passaporto è francese, ma lui è nato in Kenya. Il primo europeo nato in Europa è un ucraino, Oleksandr Sitkovsky, e nelle liste è 108°. Il primo italiano, Daniele Meucci, è 283°.

Molinaro ha domandato le ragioni di questa scarsità di risultati a Stefano Baldini, che di maratone se ne intende: ha vinto tra le altre quella Olimpica di Atene 2004 e adesso è viceallenatore della Nazionale, con delega per l’attività giovanile.

Baldini ha risposto sconfortato: «Ho tanti ragazzi da scegliere per 800 e 1˙500 metri e nessuno per 5˙000 e 10˙000. Il problema è più culturale che tecnico, la fatica non è più di moda e certe distanze spaventano».

Ma in questa risposta c’è qualcosa che non quadra. I dati di partecipazione alle maratone testimoniano di decine di migliaia di persone che partono e riescono ad arrivare in fondo ai 42,195 km di una corsa di questo genere.

Sia in Italia, quando lo scorso 23 marzo, alla maratona di Roma, è stato stabilito il record italiano di arrivati, 14˙608 (ne ha parlato il sito web MaratoneItaliane, qui). Sia in Europa sia nel mondo. Negli Usa, per esempio, si valuta che non meno di 500˙000 persone abbiano terminato una maratona nel 2013 (dati del sito web Runner’sWorld, qui il link).

Pare un esempio da manuale della differenza di valori tra lo sport professionistico, dove viene data importanza soltanto a chi vince (e già chi arriva 4° viene commiserato per la «medaglia di legno») e lo sport amatoriale, che dà gioia e salute a migliaia di persone senza tanto dar retta agli ordini d’arrivo.

Ed è anche l’ennesimo esempio del paradosso italiano, dove tanti sport con pochissimi praticanti hanno medaglieri ricchissimi alle Olimpiadi e ai Campionati Mondiali, mentre quelli di massa vincono poco o niente.

Strane cose.

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