FailcaffèL’obbedienza non è più una virtù

L’Europa ci chiede nuovamente di tenere d’occhio l’applicazione di una norma: in Italia circa il 70% dei medici rifiuta di praticare l’aborto, e si definisce obiettore di coscienza. Il problema, in...

L’Europa ci chiede nuovamente di tenere d’occhio l’applicazione di una norma: in Italia circa il 70% dei medici rifiuta di praticare l’aborto, e si definisce obiettore di coscienza. Il problema, invece che essere in calo, è in continua crescita.

di Camilla Cupelli

Personalmente, ho sentito per la prima volta parlare di obiezione di coscienza quando ero molto piccola, parlando della leva militare. Mio padre raccontava di non aver fatto il servizio militare obbligatorio a causa di un problema al ginocchio che lo rendeva inadatto alla leva, e mentre parlava è emerso il fatto che si potesse rinunciare alla leva anche per obiezione di coscienza. Al momento ho capito soltanto vagamente di cosa stessimo parlando, ma crescendo ricordo che quella conversazione fu il punto d’inizio di un percorso di coscientizzazione sul problema. Quando raggiunsi la maggiore età le norme erano già state modificate da tempo e l’obiezione di coscienza non aveva più ragione di esistere allo stesso modo, ma il significato di quel gesto assumeva un valore sempre maggiore.

Qualche anno più tardi, scoprii la possibilità per un medico di prescrivere o meno la pillola anticoncezionale: un’amica era finita in ospedale dove le venne prescritta la pillola del giorno dopo, ma nonostante questo il suo ginecologo convinse sua madre a non farle assumere un anticoncezionale, pillola o anello che fosse. Così, le diedi il numero della mia ginecologa, ed iniziai a pormi il problema: realmente un medico avrebbe preferito far rischiare una ragazza pur di non darle un anticoncezionale ormai sdoganato da tempo? Eppure, sembrava proprio così. Ma in questo caso l’obiezione di coscienza mi sembrava avere un segno opposto rispetto a quella mossa dagli obiettori alla leva: non si sceglieva una libertà per sé, ma, si potrebbe dire, la si negava ad altri.

Nello stesso periodo, le mie convinzioni sull’obiezione di coscienza si consolidarono, grazie al libro regalatomi da un amico, L’obbedienza non è più una virtù, del 1965. La storia di Don Milani è spesso usata come emblema per diversi progressi, da quelli in campo educativo in avanti, ma non avevo mai letto le sue parole. Quel libro mi cambiò un poco la visione delle cose, e mi fece promettere fede eterna al concetto di obiezione di coscienza in esso contenuto.

E poi, si arriva ai giorni nostri: come accennavo prima, in Italia il problema degli obiettori di coscienza è in netta crescita, e si aggira su cifre allarmanti. Numerose testate, anche internazionali, hanno preso come emblema dello scandalo la città di Bari: in tutta l’area è attivo un solo medico non obiettore che pratica l’aborto nei termini della legge, il che significa che quando questo medico si trova in vacanza o in malattia, nella città non c’è nessuno a praticarlo. A Napoli dopo il pensionamento dell’ultimo medico non obiettore ha chiuso anche l’ultimo centro per l’aborto.

Insomma, potremmo dire che in Italia l’aborto non è un diritto; secondo una normativa europea se esiste più del 50% dei medici obiettori, non si può considerare rispettata la normativa. Nel nostro caso, con l’approvazione della legge 94 nel 1978, con il famoso referendum pro aborto, si considerava risolto il problema, o perlomeno in via di miglioramento. Ma i dati dimostrano che non è così. Non solo alcune parti della Chiesa, ma anche molti medici, infatti, promuovono iniziative e petizioni per difendere il diritto alla vita. Ma anche dalla parte avversa non ci si fa attendere: la campagna “il buon medico non obietta” ha riscosso un discreto successo e continua a sensibilizzare sul tema.

Il dato fondamentale, però, resta uno: quello di cui si parla è la facoltà di decisione della donna sul proprio corpo, in questo caso affidato al medico di turno. Se un giorno una donna napoletana dovesse scegliere di abortire, non dovrebbe sopportare soltanto l’infamia dell’opinione pubblica, ma anche un lungo viaggio e spese sostenute. Come tutti sappiamo da tempo, questi meccanismi favoriscono spesso gli aborti clandestini, o i viaggi all’estero ai fini di trovare medici disposti a fornire trattamenti medici non ammessi in Italia.

E allora, mi auguro che la prossima volta che ci sarà una svolta nella mia vita a causa di avvenimenti che hanno a che fare con l’obiezione di coscienza, sia quando finalmente potremo dire che la 194 è fatta rispettare in tutto e per tutto, e che nessuno dovrà più vergognarsi di una scelta già sancita come legale per legge.

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