Rinegoziare il debito greco sarebbe un fallimento

I primi mesi di questo 2015 già infuocatissimo, dopo l'attentato di matrice islamica a Parigi, saranno particolarmente caldi dal punto di vista economico-finanziario in Europa. Fari puntati sulla G...

I primi mesi di questo 2015 già infuocatissimo, dopo l’attentato di matrice islamica a Parigi, saranno particolarmente caldi dal punto di vista economico-finanziario in Europa. Fari puntati sulla Grecia, che il 25 gennaio va alle urne per scegliere il nuovo premier, dal momento che il conservatore Antonis Samaras non è riuscito qualche giorno prima di Capodanno a trovare i voti necessari in Parlamento per formare un nuovo esecutivo. La campagna elettorale è caldissima, i sondaggi danno al primo posto la lista di sinistra radicale Syriza, guidata da Alexis Tsipras. Questa situazione preoccupa non poco i mercati: in caso di vittoria, il quarantenne leader dell’estrema sinistra, intende rinegoziare gli accordi con la Troika, contrattaccando l’austerity imposto dall’Europa. Syriza, in concreto, vuole un forte sconto del 70%-80% del debito pubblico greco, che ammonta a circa 330 miliardi di euro, ovvero il 175% del Pil ellenico. Il 60% di questo debito è in mano all’Unione Europea, il 12% al Fondo Monetario Internazionale e l’8% alla Bce. Creditori internazionali di una certa importanza. Tsipras sostiene quindi una cancellazione nominale della maggior parte del valore nominale del debito, con la conseguente introduzione di una moratoria sul piano di rientro e una clausola di crescita per ripagare la quota di debito restante. Dal punto di vista della politica interna, il programma di Syriza contiene l’aumento delle pensioni, il ritorno della tredicesima per i pensionati, un aumento dello stipendio minimo, e un piano massiccio di investimenti pubblici per ristimolare l’economia. Il tutto da finanziare con le risorse liberate dalla rinegoziazione sul debito, provocando così un forte aumento della spesa pubblica. Ma se è vero che la Grecia ha un forte bisogno di tornare a crescere, in primis per ridurre una disoccupazione, arrivata ora al 25,5%, la soluzione non è certamente un aumento incontrollato della spesa pubblica, per giunta finanziata da uno forte sconto sul rientro nel debito. Tutto questo sarebbe come un ritorno al passato, a cinque-sei anni fa, quando scoppiò in Europa il bubbone del debito greco, e tutti i sacrifici fatti finora dai greci non servirebbero più a nulla. Lo sconto sul debito porterebbe solo a una fuga di capitali e uno forte stop degli investimenti esteri in Grecia, senza poi contare i gravi sacrifici che i greci dovrebbero sopportare in caso di un uscita dall’Unione, e quindi anche dalla moneta unica. Tsipras ha affermato che “vuole fare tutto il possibile per salvare l’euro, ma che il debito greco è problema comune, non solo della Grecia”. Questa è forse la battuta più bella. Non è certamente colpa della Troika o della Merkel se il debito greco è andato fuori controllo e se buona parte dei governi greci precedenti abbia falsificato i conti per entrare nell’unione monetaria. E’ colpa della vecchia classe politica greca, che ha distrutto le finanze pubbliche del paese a suon di investimenti pubblici totalmente fallimentari e di assunzioni nell’impiego pubblico solo per l’acquisto di consenso politico. In pratica, Tsipras propone una cura che è stata la causa del dissesto delle finanze greche. Non è una situazione facile, a prescindere dalle intenzioni di Tsipras se dovesse risultare vittorioso il prossimo 25 gennaio. E’ già sceso in campo l’ex premier socialista George Papandreou, che vorrebbe guidare una nuova fase con un governo di unità nazionale. Ma anche qui il cammino sarebbe tutt’altro che semplice. Il programma pluriennale di aiuti targato Ue-Bce-Fmi in favore della Grecia doveva scadere a fine anno, ma è stato prorogato di due mesi per i contrasti con il governo Samaras sul bilancio 2015. Ora i creditori chiedono quasi 1,7 miliardi di ulteriori tagli di spesa, ma Atene non ne vuole sapere. Il futuro ellenico è quindi diviso fra la certezza di sottostare alla Troika, con conseguenze comunque non facili dal punto di vista economico, e un effettivo ritorno al passato, con una rinegoziazione del debito e un forte intervento dello Stato nell’economia, voluto da Tsipras. Ovvero l’assoluto contrario di ciò che serve alla Grecia ora.

Lorenzo Pelliconi

@LorenzPellico

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