Secondo le previsioni del Centro di ricerche politiche dell’università Sciences Po (Cevipof), il tasso di astensione al primo turno delle elezioni presidenziali del prossimo 23 aprile potrebbe superare il 30%. Un record assoluto, superiore perfino a quel 28% registrato nel 2002, l’annus horribilis che vide l’ex leader del FN Jean-Marie Le Pen liquidare il socialista Lionel Jospin al primo turno e approdare al ballottaggio contro Jacques Chirac.
Con l’astensione a questi livelli, ovviamente, non ha più senso associare il non voto alle classi popolari o, più genericamente, ai meno istruiti, così come non si tratta di semplice disinteresse per la vita politica nazionale. Questa volta c’è veramente un problema di “qualità” nell’offerta dei candidati e, di conseguenza, ci si ritrova di fronte ad un’ampia porzione di potenziali elettori che vorrebbero esprimere la loro preferenza, ma che non si sentono rappresentati. Nel suo libro Voter, c’est abdiquer (Votare è abdicare), Antoine Peillon ha rivelato, infatti, che nel 2017 la percentuale di astensionisti non varia tra laureati e non laureati. Una sostanziale novità che giustifica la comparsa di un partito dedicato a chi quest’anno non andrà a votare: il Parti des abstentionnistes et des sans-voix (Partito degli astensionisti e dei senza-voce).
C’era da aspettarselo. Dopo il quinquennato disastroso del socialista François Hollande e con l’ipotesi della cosiddetta alternance con la destra minata dagli scandali che hanno coinvolto il leader dei Républicains François Fillon, gli elettori francesi si sono ritrovati in un vero e proprio vicolo cieco, costretti a votare per il parvenu Emmanuel Macron – pure lui ministro del Governo uscente, tra l’altro – per non gettare il Paese nella mani dell’estrema destra di Marine Le Pen.
Ma c’è chi non ha nessuna intenzione di abbandonare il partito dell’astensione per votare il meno peggio, ignorando espressamente chi agita lo spauracchio del Front national e richiama il cittadino ad un atto di responsabilità per portare acqua al proprio mulino. E non si tratta dei primi venuti. Michel Houellebecq, ad esempio, in un’intervista pubblicata ieri sul Corriere della Sera, ha detto che “si asterrà con particolare entusiasmo” e pure Michel Onfray – uno degli intellettuali più famosi in Francia – ha dichiarato più volte che considera l’astensione come un vero e proprio atto politico, firmando per giunta la prefazione al pamphlet No vote! di Antoine Buéno.
Ma l’arte delle “previsioni” non è così semplice. Come spiega a France Info Bruno Cautrès, ricercatore al Cevipof, di questo 32% solo il 2% rappresenta gli astensionisti certi. Il 10% del totale sono solo quelli probabili e il 20% quelli potenziali. Saranno queste ultime due categorie, quindi, ad avere il peso decisivo sull’esito delle elezioni.
Anche quello degli astensionisti, insomma, è un partito come tutti gli altri.