In questi giorni le più grandi testate del mondo stanno tirando le somme di quello che si è rivelato l’incontro più seguito nella storia degli sport da combattimento. Ho seguito molto da vicino questo evento – che ha generato un business complessivo di circa 700 milioni di dollari – in quanto presidente di Venator Fighting Championship, la più importante organizzazione professionistica di MMA (Mixed Martial Arts) in Italia.
Non voglio addentrarmi nella disamina tecnica dell’incontro, mi limiterò a constatare un fatto: l’esito del match tra Conor McGregor e Floyd Mayweather era scontato fin dall’inizio.
Un esordiente, seppur campione proveniente da una disciplina “multipla”, messo a combattere contro quello che è probabilmente il più grande di sempre nella sua disciplina specialistica, non ha molto senso a livello sportivo, ma ha perfettamente senso dal punto di vista dello show business.
In questo articolo quindi cercherò di unire la mia passione per le arti marziali alla nozione di “estensione di linea”, un concetto di business poco conosciuto o mal interpretato dalla maggior parte degli imprenditori italiani, nonostante sia all’origine di molti crolli vertiginosi di fatturato.
L’estensione di linea consiste nell’utilizzare il proprio brand su prodotti che appartengono ad un’altra categoria.
Un esempio: l’azienda TomTom, che da qualche anno ha iniziato a produrre orologi digitali per sportivi. Questo è un esempio lampante di estensione del brand in una categoria di prodotto completamente diversa dall’originale. TomTom è diventata brand leader nella categoria della “navigazione satellitare” e il nome dell’azienda non dovrebbe mai uscire dal seminato.
È tanto sbagliato per la società olandese iniziare a vendere orologi digitali con lo stesso brand name, quanto lo sarebbe per McGregor cercare di avviare una carriera longeva nel mondo pugilistico dopo che il suo è diventato il primo nome nella categoria delle “arti marziali miste”.
Sto forse dicendo che McGregor abbia sbagliato a sfidare Mayweather, dopo che ha pubblicamente dichiarato che con questo incontro avrebbe quadruplicato il suo patrimonio personale? Assolutamente no, Conor McGregor non corre il rischio che il suo nome perda di significato dopo questo singolo incontro, ma non si può dire la stessa cosa della tua azienda.
Le estensioni di linea sono una trappola: nel breve periodo ti permettono di arricchirti anche in modo considerevole, mentre i danni sul fatturato iniziano a divenire evidenti solo col tempo.
L’effetto immediato dell’estensione di linea è quasi sempre un aumento delle vendite. Sfruttare una struttura aziendale già esistente per aprire una nuova categoria di mercato con nuovi prodotti, porta logicamente ad acquisire più clienti e a fatturare di più – ma allo stesso tempo è una pratica che mina le fondamenta del brand aziendale, il più grande asset che un imprenditore possa costruire durante la sua carriera.
Il problema di entrare in una categoria di prodotto nuova con un nome che il mercato associa ad un altro tipo di prodotto e una struttura aziendale non organizzata ad hoc, si riflette in modo chiaro nella dichiarazione del CEO di TomTom, Harold Godijn, che ha recentemente detto agli investitori: “il mercato dei dispositivi indossabili non ha soddisfatto le aspettative, per questo motivo stiamo rivedendo le nostre opzioni strategiche per il settore sportivo […] non possiamo continuare in questo modo”.
L’incremento delle vendite dovuto alla realizzazione di un nuovo prodotto “fuori tema” incrementa le vendite in modo artificiale e solo per un breve periodo, poi condanna l’azienda ad un crollo verticale del fatturato. Questa condanna ovviamente può essere assorbita dalle grandi aziende, talmente capitalizzate da potersi permettere di fare errori, mentre segna la fine di una PMI italiana.
Eppure, per chi non è consapevole dei problemi legati all’estensione di linea, la scelta di Godijn di lanciarsi nel mercato degli wereables è difficile da criticare: dopo la batosta che l’azienda ha subito nel 2008 con l’avvento della navigazione gratuita offerta da Google Maps, aprire un’altra categoria di mercato sfruttando il potere che il marchio aveva acquisito negli anni poteva sembrare una mossa astuta. In realtà non è così.
Continuando il parallelismo con l’incontro McGregor vs. Mayweather, a livello intuitivo è semplice capire che un lottatore di MMA non può avere alcuna chance contro un pugile, nell’ambito delle regole del pugilato. È altrettanto semplice capire che, al di là di questo spettacolo durato una sola notte, abbandonare l’MMA e cercare di avviare una carriera duratura nella boxe sarebbe un suicidio per il combattente irlandese, perché McGregor non significa “pugile” nella mente dei suoi fans.
La stessa cosa vale nel business. Per il mercato, TomTom non significa “orologi da corsa indossabili” e, su una scala diversa, una PMI italiana che anno dopo anno aumenta le dimensioni del proprio catalogo prodotti oppure si lancia in mercati diversi, sta commettendo lo stesso errore.
È come uno sportivo di alto livello che cerca di perseguire carriere parallele in più sport o cerca di cambiare disciplina in corsa. Immagina cosa sarebbe successo in Italia se un’icona del calcio come Totti avesse improvvisamente deciso di giocare ad un altro “sport con la palla”, come la palla a mano. Ovviamente una prima partita, se intelligentemente organizzata e pubblicizzata, avrebbe catturato l’attenzione di tutto il paese – come è successo con McGregor – ma è lampante che una doppia carriera in entrambi gli sport, sarebbe stata inconcepibile. Ad uno sportivo di alto livello è richiesta la massima concentrazione, dedizione e focalizzazione su una singola disciplina. Questo ci pare ovvio, perché tutti sappiamo che altrimenti non avrebbe alcuna chance di vincere.
Però, quando si tratta di applicare lo stesso concetto al business, gli imprenditori non applicano più lo stesso modello di pensiero e si illudono stupidamente di poter competere in nuove categorie di prodotto – contro concorrenti molto più focalizzati ed “allenati” – e avere la benché minima chance di vittoria.
L’Italia è piena di imprenditori in crisi che continuano a buttare sul mercato nuovi prodotti senza avere i soldi necessari per spingerli tutti a livello di marketing, senza avere delle risorse umane con una comprensione approfondita dei settori in cui vorrebbero entrare e senza avere un’organizzazione produttiva e logistica che gli permetta di contenere i costi.
Dopo il settimo round, Conor ha iniziato a mostrare evidenti segni di stanchezza, mentre Floyd sembrava fresco come una rosa. Questo nonostante la preparazione atletica di entrambi fosse al top. Il motivo è semplice: Conor era un esordiente e come tale ha bruciato le sue energie al doppio della velocità del suo avversario a causa di movimenti molto meno rifiniti e non perfettamente adattati al contesto in ambito di economia energetica, senza considerare una condizione mentale di disagio normale per uno che si muove in un terreno nuovo.
Allo stesso modo, se entri in una categoria nuova facendo estensione di linea, sarai sempre meno performante di un’azienda nata e strutturata per operare in quella nicchia e brucerai soldi al doppio della velocità. Un brand focalizzato ha tutta la struttura aziendale allineata su pochi prodotti e può permettersi di adottare accorgimenti produttivi e logistici tali da contenere i costi, potendosi così permettere di fare molti più investimenti in marketing rispetto a te, lasciandoti solo le briciole.
Tornando al match, la realtà è che Conor ha combattuto finché il suo avversario gli ha concesso di combattere. Cerco di fare chiarezza: oltre all’illusione di competitività fra i due atleti, non ci si poteva aspettare di vedere molto altro su quel ring.
Conor ha fatto tutto quello che poteva umanamente fare: ha tenuto dignitosamente il ring per dieci riprese contro il più grande pugile in attività, in un contesto a lui estraneo e rispettando regole completamente diverse a quelle a cui lui era abituato – senza le quali l’esito dell’incontro sarebbe stato totalmente diverso.
Floyd, dal suo lato, ha pazientemente aspettato che l’avversario si stancasse, dando l’illusione della competitività, in modo molto intelligente per dare soddisfazione ai milioni di spettatori che stavano assistendo all’evento. Da grande uomo d’affari quale è, ha dato dignità al suo avversario, alla disciplina e alla manifestazione che avevano organizzato.
Tu non puoi aspettarti lo stesso livello di collaborazione dai tuoi concorrenti o in senso più generale dal mercato. Conor non è finito a terra solo perché l’arbitro ha intelligentemente fermato l’incontro per KO tecnico, ma non esiste un arbitro che possa intervenire per salvare una PMI dal fallimento.
Una PMI italiana che fa estensione di linea, e cerca costantemente di ampliare il proprio catalogo prodotti, vendendoli sotto lo stesso nome, pensando che: “più prodotti ho a catalogo, più vendite farò” si sta mettendo nella stessa posizione di McGregor, ma senza la rete di sicurezza che aveva lui, creata dal fatto che si stava semplicemente prestando ad uno spettacolo organizzato ad hoc per intrattenere il pubblico, sapendo che poi sarebbe tornato a fare quello che ha sempre fatto.
La realtà è che se sei un imprenditore e non stai focalizzando la tua azienda su una singola categoria di prodotto, così come un atleta professionista dedica la sua vita ad una singola disciplina, stai condannando la tua impresa ad essere mandata al tappeto dal mercato – cioè dai tuoi concorrenti che seguono la regola del marketing: “un brand, un prodotto”.
La sicurezza che aveva McGregor, oltre all’astronomico compenso pattuito, era dovuta al fatto che l’evento era strutturato per permettere a Floyd, alla fine della sua carriera da pugile e promoter, di “portare a scuola” un esordiente, valorizzandolo senza umiliarlo né mancando di rispetto al pubblico. Conor ha perso con onore in un ambiente protetto. Io mi sono divertito. Ho apprezzato molto entrambi all’interno del contesto specifico e forse ora li apprezzo entrambi anche più di prima.
Tu, se sei un imprenditore italiano, non hai alcuna rete di protezione, e spero che questo parallelismo possa aiutarti a comprendere, anche se in modo iper-semplificato, il concetto di estensione di linea e come evitare che la sua applicazione errata annienti le prospettive di crescita della tua azienda sul medio-lungo periodo.
Frank