AmleticaPerché pensiamo sempre di esserci sbagliati?

“Ciò che rende la speranza un piacere così intenso” - scriveva Henri-Louis Bergson - “è che il futuro, di cui disponiamo, ci appare in una moltitudine di forme, tutte realizzabili e tutte possibili...

“Ciò che rende la speranza un piacere così intenso” – scriveva Henri-Louis Bergson – “è che il futuro, di cui disponiamo, ci appare in una moltitudine di forme, tutte realizzabili e tutte possibili”. Ci divertiamo a fantasticare sull’avvenire perché è pregno di infinite possibilità. Il futuro racchiude in sé tutto un meraviglioso insieme di proiezioni che potremmo realizzare – a cui ci è concesso limare ogni dettaglio – senza dover, in fin dei conti, sceglierne nessuna. Possiamo essere proprietari di un fantastico resort alle Maldive e il secondo dopo possiamo essere dall’altra parte del pianeta a scalare il Monte Everest. Il futuro ci permette, insomma, di fantasticare. Il presente, no. L’unica vita che abbiamo a disposizione ci impone, invece, di scegliere ogni volta, dal mondo delle possibilità, l’unica strada che vogliamo realizzare rinunciando, necessariamente, a tutte le altre.

Questo vi sembrerà ovvio. Eppure non è, e comporta delle conseguenze interessanti che hanno a che fare con i rimpianti. Con cui si sa, bene o male, ognuno di noi ha avuto a che fare.

L’impalpabile e fluttuante pienezza di possibilità con cui il futuro si configura ai nostri occhi, in cui tutto è realizzabile, non può essere comparabile con la rigida finitezza in cui si cristallizza la possibilità che abbiamo scelto fra le tante, perché divenisse la nostra realtà.

Anche la più ponderata e riuscita delle scelte, nella loro finita versatilità dovuta alla concretizzazione nel mondo reale, farà fatica a competere con la caleidoscopica dimensione cui il futuro era caratterizzato. “C’è più fascino nella speranza che nel possesso, nel sogno che nella realtà”. L’impalpabilità della possibilità senza difetti difficilmente può risultare meno attraente della rigidità in cui necessariamente si è plasmata la realtà. Insomma, una battaglia persa in partenza.

In questo contesto, anche se la scelta compiuta dovesse essere la migliore, avremo sempre la sensazione che, dal dorato ventaglio delle possibilità che avevamo a disposizione, ecco, forse avremmo potuto pescare meglio. E una volta che abbiamo compiuto la nostra scelta, questo meglio, in cui tutto era possibile, senza doversi scontrare con la finitezza della realtà, ci sembra perduto una volta per sempre.

Ma attenzione, questo non è vero. E’ il non-realizzato che, proprio in quanto tale, ci illude di essere migliore. Perché può essere plasmato infinite volte per aderire ai nostri continui mutamenti. E quando ci scontriamo con le difficoltà della vita reale non possiamo fare a meno di pensare quanto questa o quella possibilità perduta sarebbe stata più facile e più confacente alle nostre esigenze. La maggior parte delle volte sbagliamo: il non-realizzato non sarebbe stato più bello. Ci sembra tale proprio perché non è reale.

E allora basta con infinite serie di rimpianti per ciò che sarebbe potuto succedere se avessimo pescato un’altra carta dal mazzo. Smettiamo di pensare che al momento di scegliere, abbiamo preso la strada sbagliata. Nella scelta, fermiamoci un momento per valutare le nostre possibilità. Togliamo il rumore di sottofondo. Ciò che avremmo dovuto, ciò che potremmo, ciò che gli altri si aspettano da noi. Scegliamo dal ventaglio dorato delle possibilità ciò che pensiamo sia meglio, è tutto ciò che possiamo fare. E una volta scelta la nostra strada, impegniamoci a realizzarla in tutta la bellezza con cui ci appariva quando, dentro di noi, era ancora una possibilità.

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