Viva la FifaUcraina, gli oligarchi salvano l’Europeo di calcio

Ucraina, gli oligarchi salvano l'Europeo di calcio

Dopo aver ottenuto, nell’aprile del 2007, l’organizzazione dei Campionati Europei di calcio del 2012 in compartecipazione con la Polonia, per l’Ucraina sono iniziati i problemi. La crisi economica che si è abbattuta come un uragano sui mercati mondiali nel 2008 non ha risparmiato nemmeno l’ex Paese dell’Unione Sovietica, che si è ritrovato così in ritardo nella preparazione della competizione. Tanto che la Uefa, il Governo del calcio europeo, aveva persino pensato di revocargli l’organizzazione, per dirottarla verso Paesi già pronti a livello di stadi e infrastrutture, come la Germania fresca organizzatrice dei Mondiali di calcio del 2006.

L’allarme fu lanciato nel 2008 da Boris Voskresensky, vice-presidente della Federcalcio ucraina. Kiev ed altre tre città avrebbero perso gli Europei e la Uefa la possibilità di allargare il mercato del calcio a nuove realtà fuori dal suo circuito tradizionale (Europa Centrale e Sudamerica), come avvenuto già per i Mondiali di calcio di Usa 94, Corea-Giappone 2002 e Sudafrica 2010. Il crollo dell’economia ucraina del 30% registrato nel 2009, e il -15% segnato nella crescita del Pil reale, sono sembrati il segnale che questo Europeo non s’aveva da fare. Ci hanno pensato quindi gli oligarchi ucraini a dare la spinta economica necessaria a smuovere progetti e lavori. Due in particolare gli imprenditori protagonisti, da tempo coinvolti nella realtà calcistica locale.

Dopo la gloriosa squadra della Dinamo Kiev, in Ucraina negli ultimi anni è salito gli onori della cronaca lo Shakhtar Donetsk. La “squadra dei minatori” ha vinto nel 2009 la Coppa Uefa anche grazie agli investimenti fatti dal 1996 dal proprietario del club, Rinat Akhmetov. Figlio di un minatore, Akhmetov ha fondato a metà anni Novanta la Metinvest, società impegnata nel settore metallurgico. Si è creato amicizie importanti nella politica e nelle elezioni presidenziali del 2004, supportando il concittadino Viktor Janukovic, poi diventato presidente. Ha investito anche 1 miliardo di dollari in miniere di carbone negli Stati Uniti. Quindi ha fondato nel 2000 la System Capital Management Group, holding con 90 ramificazioni in vari settori, dall’energetico all’immobiliare, portandola nel giro di pochi anni ad incrementare il proprio fatturato: dai 6 miliardi di dollari del 2006 ai 9 attuali. Di recente ha vinto una causa contro il quotidiano francese Le Figaro, che lo aveva definito uno «scandaloso oligarca ucraino», dopo che nell’aprile di quest’anno ha speso 156 milioni di euro per un lussuoso appartamento a Londra, zona Hyde Park. Secondo la rivista statunitense Forbes, il suo patrimonio attuale ammonta a 115 miliardi di euro.

La squadra gioca nell’avveniristico Donbass Arena finanziato da Akhmetov. Uno stadio da 43mila già pronto per gli Europei, a differenza del più “glorioso” Stadio Olimpico di Kiev, che ospitò anche alcune gare calcistiche dei Giochi Olimpici di Mosca 1980 e con una ristrutturazione che ancora non vede la propria conclusione. Il cantiere della Donbass Arena fu aperto nel 2006, un anno prima che l’Ucraina ottenesse l’assegnazione della competizione. Akhmetov ci vide bene, ma non fu solo preveggenza. La Donbass Arena ricalca il modello del recente stadio della Juventus, inaugurato lo scorso settembre. Un impianto di proprietà del club calcistico, capace quindi di generare profitti. Il modello di business è lo stesso del torinese Juventus Stadium: i ricavi provengono non solo dai biglietti venduti per assistere alle partite, ma anche dall’affitto delle aree commerciali integrate nello stadio.

Ma anche altre infrastrutture avevano bisogno di una mano. Dopo aver comprato la squadra di calcio del Metalist ed averla dotata di uno stadio simile per modello e dimensioni alla Donbass Arena, con l’obiettivo di farne la terza grande realtà calcistica del Paese, Olexandr Yaroslavskiy ha collaborato all’apertura del nuovo terminal dell’aeroporto internazionale di Kharkiv. Già deputato del Governo ucraino tra il 2002 e il 2004, Yaroslavskiy nel 1998 è stato co-fondatore e co-proprietario della UkrSibbank, terzo istituto di credito del Paese e che dal 2006 fa parte dell’orbita Pnb Paribas Group. Non solo. Ricopre tuttora anche la carica di presidente della Development Constructions Holding, società che opera nel ramo delle infrastrutture e che si è occupata della costruzione del nuovo terminal aeroportuale, tramite un investimento – stando alle cifre riportate dal Daily Telegraph – di 300 milioni di euro.

Poca cosa, per un imprenditore che gestisce una rete d’affari di 5 miliardi di dollari, circa 3,5 miliardi di euro. Secondo il quotidiano ucraino Korrespondent, Yaroslavskiy è solo 15° nella classifica dei 30 uomini più ricchi d’Ucraina, ma il magnate nel 2007 è diventato partner di Oleg Deripaska, l’uomo più ricco di Russia. La partnership con Deripaska rientra nel progetto di Yaroslavskiy di espandere i propri investimenti al di fuori di Kharkiv. Kiev e Odessa sono i suoi prossimi obiettivi. La sola costruzione di un business center nel distretto della capitale ammonta, secondo il sito ucraino Kyiv Post, a 729 milioni di euro.

«L’apertura di un nuovo terminal a Kharkiv apre una nuova rotta aerea nell’est dell’Ucraina. È stato un bell’esempio di collaborazione tra governo e industria privata», ha spiegato il giorno dell’inaugurazione il presidente dell’Ucraina Victor Yanukovych. «Siamo al passo con il programma per agli Europei, anche se abbiamo ancora molto lavoro da fare», ha poi aggiunto. Non ci sarà però tempo per completare tutti i lavori. Il progetto della metropolitana di Leopoli resterà solo un progetto, e i tifosi dovranno arrangiarsi con gli autobus.
 

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