Mercato del lavoro
L’analisi dell’Istat
Dopo un biennio di discesa, nel 2011 l’occupazione ha registrato un leggero aumento (+0,4%, +95.000 unità in più rispetto all’anno precedente). Alla crescita dell’occupazione straniera (+170.000 unità) si è accompagnata una diminuzione di quella italiana (-75.000 unità), concentrata nella sola componente maschile. Le donne, soprattutto straniere nel corso dell’intero 2011 e italiane nella seconda parte dell’anno, hanno alimentato la ripresa dell’occupazione, riportandosi sul livello raggiunto nel 2008. Nel 2011, alla forte riduzione dell’occupazione nella fascia d’età 15-34 anni (-233.000 unità) si è associato un moderato recupero di quella dei 35-54enni (+36.000 unità) ed un aumento degli occupati con almeno 55 anni di età (+122.000 unità), sostenuto dalla crescente permanenza sul posto di lavoro dovuta alla modifica dei criteri anagrafici e contributivi per l’accesso alla pensione.
È proseguito nel 2011 il deterioramento dell’occupazione giovanile: nella classe 18-29 anni si contano 87.000 occupati in meno (-2,7% su base tendenziale). Dal 2008 la caduta dell’occupazione dei giovani è stata pari a 569.000 unità ed il tasso di occupazione è sceso dal 47,7% del 2008 al 41% del 2011, una riduzione quasi quattro volte superiore a quella media.
Sebbene a ritmi più contenuti, nel 2011 si è confermata la tendenza alla discesa dell’occupazione a tempo pieno (-0,1%, pari a -19.000 unità nell’anno precedente). Per converso, è continuato l’aumento del lavoro part time (+3,3%, pari a +114.000 unità), ma ancora una volta si tratta esclusivamente di part time involontario, ossia di un impiego accettato in mancanza di un lavoro a tempo pieno. D’altra parte, in un generale contesto di incertezza, le imprese continuano a privilegiare l’occupazione a tempo determinato che, nella media del 2011, rappresenta il 13,4% di quella alle dipendenze (era il 12,8% nel 2010).
Nel 2011 l’industria in senso stretto ha manifestato un contenuto recupero (+1,4%, +63.000 unità), concentrato nel lavoro dipendente del Nord e nelle imprese con oltre 50 dipendenti, ed il numero degli occupati dei servizi è tornato a crescere in misura relativamente sostenuta. Nei mesi finali del 2011, però, il recupero dell’occupazione si è arrestato: al netto dei fattori stagionali, il numero di occupati ha avuto nel quarto trimestre del 2011 un calo congiunturale dello 0,1%. La tendenza negativa è proseguita nel primo bimestre 2012, quando è tornato a crescere anche il numero della ore autorizzate di Cassa integrazione.
Nel 2011 l’area della disoccupazione è rimasta sostanzialmente stabile (8,4%), con una discesa nella prima parte dell’anno ed una successiva risalita: nel febbraio di quest’anno il tasso si posiziona al 9,3%, il livello più elevato da gennaio 2004, inizio delle serie storiche mensili. In questo contesto, il tasso di disoccupazione femminile resta più elevato in confronto a quello degli uomini (a febbraio 2012, 10,3% a fronte dell’8,6%). Continua anche ad allungarsi la durata media della disoccupazione, con più di una persona su due in cerca di lavoro da almeno 12 mesi.
Nella seconda parte del 2011 l’aumento della disoccupazione è andato di pari passo con la contrazione dell’inattività. Nel quarto trimestre il numero di inattivi segnala un forte calo su base annua (-1,2%, pari a 183.000 unità), concentrato nella componente italiana. Tra gli inattivi aumenta il numero di quanti non cercano un impiego ma sono disponibili a lavorare e di quanti cercano non attivamente. Nel confronto europeo, si trova in Italia 1/3 dei circa 8,6 milioni di individui che nel 2011 hanno dichiarato di non cercare lavoro ma di essere disponibili a lavorare: nel nostro Paese gli inattivi che non cercano un impiego (2.897.000 unità) rappresentano addirittura un aggregato più ampio di quello dei disoccupati (2.108.000 unità). D’altra parte, questo gruppo di inattivi è fortemente caratterizzato dal fenomeno dello scoraggiamento: il 43% di loro (circa 1,2 milioni di unità) dichiara di non cercare un impiego perché convinto di non riuscire a trovarlo.
Altre tre infografiche per capire la congiuntura: