Il grido di Mantova: Non siamo terremotati di serie B

Il grido di Mantova: Non siamo terremotati di serie B

BONDENO DI GONZAGA (MANTOVA) – Sul suo elicottero bianco il Papa è ripartito per Roma. Prima ha pregato e ha confortato i terremotati a Rovereto di Novi, nel modenese. E agli emiliani ha detto: «Rimanete fedeli alla vostra vocazione di gente fraterna e solidale, e affronterete ogni cosa con pazienza e determinazione. Voi siete gente che tutti gli italiani stimano per la vostra umanità e socievolezza, per la laboriosità unita alla giovialità». Pochi chilometri più a Nord, nelle cittadine lombarde devastate dal sisma, Benedetto XVI lo si guardava in televisione, nei pochi bar aperti ai bordi delle zone rosse invalicabili.

«Ecco il vescovo Busti!», «Ecco don Righettini!». A Bondeno (Mantova) la visita del Papa la si guarda alla tv cercando di riconoscere i mantovani presenti
Bondeno è una frazione del Comune mantovano di Gonzaga. Con la scossa delle 13 del 29 maggio la chiesa è crollata e da allora il centro è diventato off limits. È uno dei posti più dimenticati dai media, nel racconto di questo terremoto. E ha una grossa sfortuna: l’omonimia. Un luogo simbolo della tragedia, con tanto di prime vittime riportate dalle cronache nella notte del 20 maggio, è la Bondeno – più grande – in provincia di Ferrara. L’unica Bondeno che ricorda qualcosa alle orecchie degli italiani…

A un fornaio è stato dato il permesso di riaprire. Tutti gli altri negozi sono chiusi. Un minaccioso cartello giallo segnala il limite invalicabile della zona rossa. Anche al bar Lety è stata concessa una parziale riapertura. Può servire da bere, ma non può lavorare come trattoria, per evitare pericolosi assembramenti di gente all’interno. Noemi Crema, 73 anni (madre di Maria Letizia Zangelmi; la titolare) era al bancone il 29 maggio, e si è vista crollare davanti la chiesa. «Col terremoto del 20 aveva avuto alcune lesioni», racconta. «Avevano tolto la croce dal tetto. E dato l’agibilità. Il 29, con la scossa delle 13, è venuto giù tutto l’arco gigante. L’ho visto precipitare in un pezzo unico». La signora Noemi brandisce un volantino. Sopra c’è scritto, con tanto di desolante panorama della piazza: «Questa oramai è una vecchia foto! Queste macerie non danno speranza di ripresa! I bondenesi hanno bisogno di segni che ci sarà continuità! Quando potranno riaprire le attività commerciali? Di chi è la responsabilità di questo immobilismo? I cittadini di Bondeno vogliono delle risposte!!!».
A un mese dal sisma la pazienza dei lombardi nei confronti dell’«immobilismo» delle istituzioni inizia a scarseggiare. Il manifesto di protesta che chiede risposte
«Fa piacere se parlate di noi e dei nostri problemi», dice la barista, «alla tv fanno sempre vedere solo l’Emilia». Stesse parole di un avventore, Alberto Missora, 41 anni, che recrimina per la Lombardia dimenticata. Stava per aprire un minimarket proprio di fronte al bar Lety. Aveva lasciato il lavoro di carpentiere per darsi al commercio, nel paese della moglie (lui è della non lontana Suzzara). L’inaugurazione era prevista per il 17 giugno. Niente da fare. Tra lui e la sua avventura imprenditoriale si è messo di mezzo il terremoto. Ora prova a ripartire in un container, ma non sarà facile: «Avrò meno della metà dello spazio. E poi sono cari questi container! Io ho trovato un prezzo di favore: 300 euro al mese (ne avrei pagati 350 di affitto per il negozio), ma poi ci sono state le spese di trasporto (circa 1200 euro ). So che per 16 metri quadri chiedono in media 420 euro al mese. E c’è chi fa prezzi sui 700/800 euro. Qualcuno se ne approfitta». Sulla chiesa ha le idee piuttosto chiare: «Io non voglio parlare perché sono qui da poco e non sarebbe giusto, ma in paese tanti dicono che sarebbe meglio buttare giù chiesa e campanile, per ripartire più in fretta. Purtroppo si intromettono Curia e Belle arti. Solo che poi i soldi non ce li mettono loro. I sismologi anno misurato questo terremoto sotto i 6 di magnitudo, così non è nemmeno calamità naturale e lo Stato non deve pagare i danni. La fine che faremo? Resterà tutto imbragato e impacchettato come all’Aquila». 

«L’attenzione è eccessivamente sbilanciata sull’Emilia e c’è troppa distrazione nei confronti della Lombardia. Non vorremmo che la nostra situazione venisse sottovalutata». A parlare è Nicola Dal Dosso, direttore di Confcommercio Mantova. «Abbiamo avuto la fortuna di non avere vittime, ma non per questo possono esistere zone di serie A e zone di serie B al momento della ricostruzione. La provincia di Mantova ha il maggior numero di comuni coinvolti dal sisma, ben 34. E il maggior numero di zone rosse: otto, mentre Bologna ne ha due, Reggio una, Modena e Ferrara sei a testa». Ecco i dati raccolti da Confcommercio:

«Abbiamo 200 imprese commerciali totalmente ferme nel mantovano», prosegue Dal Dosso, «per un totale di circa 300 dipendenti. Ci sono due ordini di problemi. Alcuni negozi hanno danni strutturali, soprattutto a Moglia e a Quistello. Ma più spesso i danni sono indiretti. Dovuti a chiese ed edifici storici danneggiati che hanno obbligato alla creazione di zone rosse, e quindi al fermo di ogni attività in interi isolati. Chiediamo tempi certi per la risoluzione delle zone rosse e anche più chiarezza sulle procedure per riottenere l’agibilità. Bisogna esplicitare il prima possibile la differenza tra capannoni industriali ed esercizi commerciali. La Lombardia ha reagito con più lentezza in questo. L’Emilia Romagna ha tempestivamente emanato linee interpretrative che, per il commercio (che ha, per quanto riguarda il tipo di edilizia dei negozi, caratteristiche costruttive più simili al residenziale che all’industriale) esonera da molti adempimenti antisismici».

«Altro problema è quello dei container. Il Comune di Quistello ha fatto da intermediario e centro di costo. Altri comuni no, e sono stati i singoli commercianti a doversi cercare una ditta fornitrice. I prezzi sono lievitati in maniera indecente. E sottolineo indecente. I primi giorni addirittura si era arrivati al record di 89/100 euro al giorno. Oggi il costo si è attestato attorno ai 180/200 euro al mese per 16 metri quadri. Spese di trasporto e allestimento aria condizionata escluse. Dobbiamo fare di tutto per evitare la delocalizzazione dei negozi dai centri storici. Purtroppo, alcuni segnali sono negativi. A Moglia, per esempio, dove il 60% degli edifici è da ricostruire, la proprietà immobiliare sta dando segnali negativi. Il rischio è che il danno sia cronico. Molti proprietari non vogliono affrontare le spese della ricostruzione perché gli affitti sono bassi e non sarebbe per loro conveniente»

«Ci dobbiamo inventare di tutto, per non far morire questa zona. Adesso, per esempio, per salvare i tanti ristoranti rimasti nelle zone rosse faremo degli scambi enogastronomico-culturali. Due tre giorni a settimana i nostri ristoratori andranno a Milano, Verona e in altre città, ospiti di ristoranti locali. Porteremo là la cucina mantovana. Ma non si va lontano se la Regione Lombardia e lo Stato non ci vengono incontro. Intanto abbiamo chiesto un prolungamento del periodo di sospensione fiscale. Se infatti l’emergenza da decreto finisce il 31 maggio 2013, per il ministero delle Finanze termina il 30 settembre prossimo. Davvero troppo presto».

La zona rossa di Gonzaga (Mantova), con la Torre civica danneggiata e il  municipio trasferito nei container. Il limite è invalicabile e, in caso di accesso, «si declina ogni responsabilità»

Sindaco di Gonzaga (9.000 abitanti) è, dal 2009, l’avvocato Claudio Terzi.«Abbiamo fatto qualche pressione e, per fortuna, da qualche giorno, nelle pubblicità della Rai e negli spot degli sms solidali, non si parla più di “terremoto dell’Emilia”, ma di “terremoto di Emilia, Lombardia e Veneto” (è colpita anche la provincia di Rovigo, ndr). Il rischio è essere un po’ dimenticati. Nel mio Comune i danni sono stati molto gravi. Nella frazione Bondeno, oltre alla chiesa anche la corte Matilde ha ceduto. In città i danni sono gravi alla chiesa matildea e ad altre vestigia della famiglia di Canossa. Il Comune ora è nei container. La torre civica è danneggiata. Le scuole elementarti sono inagibili, dopo il sisma del 29. I bambini si sono riparati sotto i banchi. Con il terremoto del 20 c’era stata qualche lesione, ma l’agibilità era stata confermata».

«Ora il grosso problema è che lo Stato si fa carico solo delle opere provvisionali. La sovrintendenza pensa alle chiese e ai monumenti storici e crea zone rosse. Sacrosanto, ma il contemperamento con il benessere dei cittadini a volte fatichiamo a vederlo. Ora il nostro nemico è la burocrazia. I tempi lunghi. A Bondeno, per esempio, non credo che le cose cambieranno prima dell’autunno. Abbiamo avuto 400 sfollati. Almeno 60 li abbiamo ancora nel campo di Moglia, in gran parte stranieri. Il problema è che prima vivevano negli edifici di campagna, con affitti molto bassi, e ora quasi tutti crollati. Spesso pagavano non più di 150 euro al mese. In certi casi erano dentro addirittura a titolo gratuito, magari solo con l’obbligo di mantenere in uso gli stabili, o l’alloggio era compreso nel loro stipendio. Per quei prezzi ora non troviamo niente. Case più di pregio e non lesionate, i proprietari non ce le danno nemmeno per 400 euro».

«Abbiamo fatto un consiglio comunale aperto e spiegato i diritti a norma di legge. Per chi ha perso la casa: 100 euro al mese a testa per ogni componente del nucleo familiare. Non tanto, insomma. A chi ha perso la casa si sta già dicendo: scordatevi l’80% per cento delle spese rimborsate dallo Stato, come successe in Friuli. Massimo massimo avrete il 50%. Ci sono molte meno risorse rispetto al passato. Quanto è stato stanziato finora copre a malapena un decimo di quanto serve. Ma se si vuole che ci sia senso dello Stato – pur evitando gli abusi e gli sprechi del passato – lo Stato dovrebbe esserci in questi casi, secondo me. La normativa antisismica del 2008 è pesantissima. Siamo preoccupati. Molti proprietari avevano immobili in centro, magari ereditati, che affittavano a basso costo, accontentandosi della rendita. Ora non vogliono farsi carico delle spese. Alcuni hanno già detto che preferiscono regalarli. Ma con la crisi che c’è, anche nel settore immobiliare, non c’è nessuno che li voglia, nemmeno per regalo. Il rischio è che i nostri paesi muoiano. Chi mette 500 mila euro per restaurare dei palazzi i cui appartamenti possono essere affittati a 250 euro al mese? Anche per le Chiese non è troppo diverso. Lo Stato fa le opere provvisionali. Elimina il pericolo crolli con demolizioni e impacchettamento. Ma poi, quando si tratterà di trovare i milioni per il restauro, chi se ne farà carico? I soldi, si sa, non ci sono…».

A Suzzara (20mila abitanti), dove il terremoto ha colpito soprattutto il patrimonio artistico (torre civica e campanile) sindaco è Wainer Melli. «Noi mantovani, in questo terremoto, scontiamo indubbiamente una marginalità, anche se c’è l’interessamento dell’assessore regionale Carlo Maccari. In Emilia, però, è il governatore Vasco Errani che si è speso in prima persona. Qua da noi abbiamo avuto una guida meno decisa, e meno unitaria. A volte ci chiedono la stessa cosa in tre: Regione, vigili del fuoco e protezione civile. Il grosso difetto è che ci siamo trovati a dover combattere con una burocrazia del tutto normale in circostanze del tutto straordinarie».
«Altra cosa che non ha senso è che i vigili del fuoco – preparatissimi e che non ringrazieremo mai abbastanza – facciano dei turni di una settimana. Poi arriva una squadra nuova, che non c’entra niente con la precedente, e che non conosce né il territorio né le nostre problematiche, e spesso neppure a che punto sono arrivati coi lavori i colleghi della settimana prima. Non voglio dire che lo Stato ci ha lasciati soli, perché mi sembrerebbe di lamentarmi, e non mi piace. Diciamo che però ci ha fatto capire che ci dovevamo arrangiare da soli. E noi lo abbiamo fatto. La marginalità, noi terremotati di Mantova, la paghiamo. Però non ne farei una questione di Lombardia. Anche in Emilia ci sono paesi del tutto disastrati, come Reggello, di cui non parla nessuno. I media si sono concentrati su dei luoghi simbolo. Il resto è rimasto, purtroppo, in ombra. Per l’informazione il fenomeno lo capisco. Per lo Stato no».

Il centro del Comune di Moglia, quello più danneggiato in assoluto nel Mantovano, con il cartello con l’iban per donare soldi a favore dei terremotati

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