SIRMIONE (BRESCIA) – Per i tedeschi, ipnotizzati dal caldo, il Gardasee è un paradiso sufficientemente meridionale. Per gli italiani, il Lago di Garda – mare nostrum lombardo-veneto (con punta a nord trentina) – è un simbolo di divertimento di massa (lato veronese: Gardaland e affini) e di lusso (grandi barche e bel turismo; soprattutto sulla sponda bresciana). Un lago di giochi di memoria dannunziani, di ampi orizzonti dove si finge mare (anche riuscendoci), e di belle macchine che trascinano belle imbarcazioni destinate al varo estivo per appagare il sogno crocieristico del bavarese medio e dell’italiano settentrionale a posto con il portafogli.
Ma anche i ricchi piangono, a quanto pare. E pure il turismo d’alta gamma, sempre in bilico tra classe sopraffina e schiaffo alla miseria, sarebbe arrivato alla definitiva resa dei conti con la crisi. La penisola dei famosi di Sirmione parte da Maria Callas (amava soggiornare nella villa del marito, Giovan Battista Meneghini, industriale veneto del laterizio, prima di mollarlo per l’armatore greco Aristotele Onassis. Proprio altri tempi: italiani e greci potevano fare eco con ricchezza smisurata) e arriva fino a Jerry Calà. Ma l’epica di allora deve lasciare il passo all’epoca nostra, difficiletta; quella dei “sacrifici per tutti” di Monti e del “rigore” della Merkel.
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«Questo 2012 è l’anno peggiore. Gli ultimi due anni erano già stati terribili, ma quest’anno è un crollo. Luglio si chiude per me con un -60% rispetto al 2011, e agosto non promette niente di buono». Roberta Bisoli ha un porto privato sull’istmo di Sirmione, a neanche 500 metri dal castello scaligero. Aprì l’azienda di famiglia il padre, nel 1945 (ingrandendosi nel 1958). Da allora fanno rimessaggio, assistenza tecnica, rifornimento di benzina, hanno spazi per l’ormeggio e un bar che dà sul lago. «È una tragedia. Un disastro», riprende. «Sono molto arrabbiata. Mai stata così arrabbiata in vita mia. Anzi, sono nauseata. Non andrò più a votare. Sono andata anche in Comune a firmare per il referendum che vuole tagliare gli stipendi ai politici. I partiti dovrebbero difendere i cittadini, non dargli il colpo di grazia. Non avevo mai odiato nessuno così tanto in vita mia. Ma questo Monti ci sta ammazzando. Capisco che l’Italia è una malata grave, ma anche a chi ha il cancro non puoi alzare troppo il dosaggio della chemio, o lo uccidi prima della malattia».
La Bisoli – capelli ossigenati, unghie evidenziate di rosa – veste alla marinara e nel suo ufficio ha un’intera collezione di tazze da birra tedesche. Il legame con la Germania è rafforzato anche dal suo essere rappresentante dell’Adac, la loro Aci. «È uno choc vedere come lavorano. L’Adac è organizzato in un modo che rasenta la perfezione, sotto ogni aspetto. Quasi niente burocrazia, tempi rapidi, una risposta per tutto… Ogni volta che vado nella loro sede di Monaco resto a bocca aperta. Avevo sempre sperato che si potessero sposare organizzazione tedesca e creatività italiana. Ora non ci credo più. E per noi la vedo male. L’Europa unita non ha senso, se non è unita davvero. L’unica cosa che abbiamo in comune è la moneta. E non ne valeva la pena. Lo scombussolamento del nostro mondo è iniziato proprio quando hanno messo l’euro. Poi il calo è stato continuo. Pazzesco negli ultimi cinque anni. Disastroso negli ultimi due, e specie adesso. È fine luglio e sono appena un paio di sere che lavoro un po’. Prima niente. Ora continuerà per quindici giorni e poi è tutto finito… Con me lavorano sei ragazzi dello Sri Lanka. Come andremo avanti? Quando sento le storie degli imprenditori che si suicidano, li capisco, da quando passo notti insonni perché gli affari non vanno. Una volta facevamo le dieci di sera, negli anni del boom tiravamo mezzanotte. Ora è così triste andarsene a casa alle sette, sette e mezzo, con il sole ancora alto… Con la benzina alle stelle, anche i turisti che vengono girano poco in barca, perché per fare il pieno per una gita ci vogliono quei 350-400 euro. E abbiamo avuto diverse disdette di rimessaggio. Quella era la nostra sicurezza. Gli affitti di chi lascia qui da noi la barca tutto l’anno erano una base sicura. Nel 2012 abbiamo già avuto oltre dieci disdette. Tener qua la barca costa sui 4mila euro l’anno. Capirete che per il bilancio è un bel buco. Ed è diventato più difficile anche essere pagati… E sì che io ho deciso di non aumentare il posto barca nonostante siano aumentate le tasse. Ma niente; le portano via. Qualcuno in Croazia, qualcuno non so… la metteranno in giardino. Colpa anche di questa caccia all’evasore. La Finanza va porto per porto. Ha diffuso il panico, e di italiani non ne viene più neanche uno… Lo capisco che non andava bene prima, quando quelli con la Porsche e lo yacht dichiaravano un reddito di 30mila euro all’anno, però così ci faranno chiudere…».
Roberta Bisoli con i suoi sei dipendenti dello Sri Lanka
A metà luglio le Fiamme Gialle hanno controllato a tappeto gli ormeggi della costa bresciana del Garda, partendo da Salò e Toscolano Maderno, ufficialmente per verificare eventuali casi di occupazione arbitraria delle aree demaniali e per controllare la regolarità delle autorizzazioni di ormeggio. In 33 casi sono state riscontrate violazioni amministrative. In cinque casi sono stati scoperti ormeggi abusivi, con barche attraccate su specchi d’acqua pubblici in assenza totale di concessione. Per tre natanti è scattato il sequestro. Ma il risultato psicologico è stato più incisivo, per tutti quelli che la Guardia di Finanza preferiscono tenerla a distanza di sicurezza.
«Capisce», riprende la Bisoli (che al muro ha appesa una frase un po’ storpiata di Giacomo Leopardi: “chi sa ridere è padrone del mondo”), «la nostra è un’attività difficile. Il nostro è un target alto, non di massa. Ora, proprio mentre i nostri clienti già risentono della crisi perché le cose nelle loro aziende vanno male, ci si mette anche l’effetto panico. A noi ci hanno rovinato con gli studi di settore, ora ci finiscono con i supercontrolli. La gente si sta spaventando; anche chi se la può permettere, la barca piuttosto la prende in affitto dai rent a boat. E l’economia così non gira. Questi del governo saranno anche professori, ma non hanno capito niente di come funziona la vita. Almeno in Italia».
La Bisoli, 54 anni, di passione politica ne ha avuta sempre in vita sua. Prima per la Dc, attivista fin dai 16 anni, poi per «il grande Silvio, l’unico che è riuscito a farmi prendere la tessera di partito: Forza Italia e Pdl». «Il mio amato Silvio», come lo chiama, forse lo rivoterebbe pure, se davvero si ricandidasse, «anche se dovrebbe far pulizia della gente sbagliata di cui si era circondato e mettere a tacere per sempre tutti quegli schifosi pettegolezzi sulla sua vita privata». Ammette che abbia fatto errori e lo attacca su un punto: «Neanche lui, nonostante la bella testa imprenditoriale, ha mai fatto nulla per il turismo. È incomprensibile. In Italia col turismo potremmo vivere alla grande, e invece ci salviamo in corner solo perché siamo un Paese bellissimo, e la gente continua a venire anche se tutto rema contro: tasse alte, burocrazia, disorganizzazione cronica… E livelli qualitativi spesso troppo bassi per i prezzi esosi richiesti. Ci sono alberghi indegni delle stelle che portano, veramente improvvisati, e con prezzi assurdi. E in posti come Sirmione tutti se ne approfittano. Anche il pane costa il triplo rispetto a Pozzolengo, che è a dieci chilometri dal lago. Furbate per il guadagno facile. Ma alla fine lo straniero si stufa e non torna più».
Curzio Moretti (a destra) con il figlio all’interno del salone nautico di famiglia
In effetti di posti vuoti nei parcheggi di Sirmione (un’ora: due euro e venti) ce ne sono parecchi. Così come non mancano i cartelli frei. Le targhe tedesche sono in netta minoranza rispetto a quelle gialloblù dei Paesi Bassi. E gli olandesi sono turisti differenti. Spendono meno, restano meno. Alimentano il turismo cosiddetto “mordi e fuggi”, più che l’alta gamma. Magari si prendono la barchetta a nolo, di quelle sotto i 40 cavalli per le quali neanche serve la patente nautica, e se ne stanno un’ora a trecento metri da riva. Poco di più.
«Sono scoraggiato», dice Curzio Moretti, «sono qui ad aspettare non so che cosa». La Nautica Moretti di Colombare di Sirmione è un’altra storica azienda del settore, attiva fin dagli anni Cinquanta. Moretti, 63 anni, lunghi capelli bianchi, se ne sta seduto al centro della sua grande concessionaria di barche. Tutto è in stile, e anche i guanciali delle sedie sono ornati di nodi marinareschi. «Sto qua, ma non entra nessuno. E se qualcuno entra, è per vendere, non per comprare. Non è bello da dire. È anche allontananante. Ma è la verità. La discesa negli affari è continua. Gli ultimi quattro cinque anni sono stati veramente negativi, ma questo 2012 non ha paragoni. Siamo arrivati ad agosto senza aver venduto neppure una barca. Zero spaccato. Per rendere l’idea, negli anni buoni ne vendevamo, d’estate, anche tre in un solo fine settimana. Gli italiani non comprano più. Un po’ per la crisi, un po’ perché il fisco si accanisce subito. Se vedono che hai la barca, vengono a controllarti. Anche di tedeschi non se ne vedono. Ormai i cantieri proliferano da loro. Una volta era bello. Non sapevamo una parola di tedesco, ma quanto vendevamo… Anzi, una parola la conoscevamo, rabatt, “sconto” e, tirando le somme su un bigliettino, contrattavamo il prezzo finale. Eravamo un po’ i loro marocchini. La nautica è l’apice della piramide dei beni di lusso, ed è abbastanza ovvio che si tagli lì, nei momenti di crisi. Ma la cosa preoccupante è lo spirito: sta dilagando il pessimismo. Per me il termometro è quello delle patenti nautiche. Va bene non avere i soldi per comprare la barca, ma la puoi affittare. Puoi quanto meno imparare a guidarla. Invece siamo scesi dai 400 aspiranti neopatentati all’anno a meno di cento. Prendere la patente costa sui 650 euro (noi adesso prepariamo solo per quelle entro le 12 miglia, sia a motore che a vela). Non credo che sia la spesa. È che il clima non è più quello giusto per divertirsi; per gli hobby… C’è una cappa di negatività. Quanto a noi, credo che la nautica sia finita come business. Qua siamo in quattro: io, mio figlio, il ragioniere Enea Ragnoli e un altro collaboratore. Ma non so che futuro avremo. Non acquistiamo più. Adesso esponiamo in conto vendita. Sento sempre più cantieri che diserteranno il Salone nautico di Genova, perché non possono nemmeno permettersi le spese per partecipare. E sui 60 operatori che lavorano sul Garda, credo che non ci sia nessuno che se la passa bene».
Moretti ha fatto prendere la patente a 16mila persone. Su un muro ci sono le foto di quelle famose («ma molte altre», precisa, «non hanno voluto apparire per motivi di privacy»). Li indica col dito e li elenca, un po’ alla rinfusa: «Ecco qua Diego Abatantuono, simpaticissimo. Il tennista Panatta, i calciatori Dossena, Altobelli, Gentile… Qui c’è Claudio Lippi, e Umberto Smaila, e Linus e Jerry Calà…». Sono almeno duecento foto autografate, appese sopra a un acquario senz’acqua. «Pensi che ora viene gente a chiedere se l’orale lo può fare da privatista, per risparmiare sui 600-650 euro del corso completo. Che tempi… Che crisi. E anche la Germania, secondo me, non ce la conta giusta. La Merkel straparla come se fosse a capo del mondo, ma io ne vedo sempre meno di tedeschi in giro, e si fermano meno. Stanno iniziando a diventare più guardinghi. Devono cominciare ad aver paura che la crisi possa aggredire anche loro».
La marina privata più grande di Sirmione, Sirmione 2, con circa 260 posti barca
«No, secondo me la crisi i tedeschi non la sentono. Continuano a girarsi intorno e a chiedere: “Ma perché quest’anno c’è così poca gente? Perché non è come gli altri anni?” Non si capacitano ancora di com’è ormai la situazione in Italia». A parlare è Carmine, pugliese di Vieste, da 24 anni in acque lombarde; una delle cinque persone che lavorano a Sirmione 2: “Ihr hafen am Gardasee; il Vostro porto sul Lago di Garda”, 260 posti barca (la seconda marina privata dopo West Garda a Padenghe), attivo dal 1973. «Ah così ora volete scrivere della crisi del turismo nautico sul Garda? Non c’è più niente da scoprire. Voi giornalisti siete come avvoltoi. Sentite l’odore del sangue… Anzi, non è del sangue che sentite l’odore, ma d’altro. Come diciamo noi al Sud: la merda più la tocchi e più puzza. E questa è la situazione della crisi: puzza. E tutti continuano solo a rimestare. Ci stiamo piangendo troppo addosso, invece di cercare qualche soluzione. E non si esce dalle secche con la paura. Anche noi abbiamo avuto diverse disdette: il fisco ora è sempre a caccia, e possedere una barca significa dimostrare di avere una certa possibilità contributiva. E poi il superfluo si elimina per primo, quando le cose non vanno bene. Noi avevamo tanta clientela dalle zone produttive del Nord: Veneto e Lombardia. Imprenditori, artigiani… Sono spariti. Vengono gli stranieri, i tedeschi, e ora anche qualche belga e olandese. I Comuni stanno iniziando a fare dei piccoli pontili di attracco o a piazzare delle boe a pagamento. Dieci euro all’ora, un po’ come se fossero, in acqua, le strisce blu del parcheggio. Ha iniziato Peschiera, sulla sponda veronese. Fanno cassa, ma non è con più tasse che si esce da questa situazione. Né con questa benzina a prezzi stellari. Li vedo, quelli che fanno rifornimento. Vanno due chilometri fuori dal porto e buttano l’ancora, per non spendere troppo. E stanno lì, a prendere il sole. A fare il bagno. Del resto è quella la logica della barca. Crearsi la propria isola. Starsene lontani da tutti. Alla larga dai problemi».